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Economia
Ex Ilva, ecco l' Uovo di Colombo che salverà Taranto. Il piano

Ora che si è capito che il consorzio delle eccellenze italiane sull’”acciaio verde a zero emissioni” formato da Danieli, Saipem e Leonardo pensa in grande puntando allo scacchiere mondiale della riconversione dei vecchi altoforni inquinanti, fra cui c’è anche quello dell’ex Ilva, a Roma sono partiti i contatti per risolvere la situazione di Taranto. Situazione che è tornata esplosiva dopo lo stop dell’area a caldo imposto dal Tar di Lecce. A quanto risulta, il progetto è sul tavolo del ministro per lo Sviluppo Giancarlo Giorgetti che ci sta lavorando da una settimana, quindi da subito dopo l'insediamento. 

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Come rivelato ieri da Affaritaliani.it, i tre gruppi, che hanno unito le forze sulla siderurgia green con tanto di accordo quadro, hanno ora intenzione di esporre il proprio progetto ai tre Ministeri centrali per il rilancio del settore dell’acciao (Mise, Infrastrutture e Lavoro), coordinati dal neo-Ministero “tecnico” per la Transizione ecologica di Stefano Cingolani. Il tutto, mentre si attende il via all’operazione di coinvestimento di Invitalia con gli indiani di AmInvestco e gli enti locali a Taranto si dicono disposti, dopo la chiusura dell’area a caldo, a discutere un nuovo accordo di programma sullo stabilimento.

Nella partnership, Danieli, che già serve come grandi clienti gli Emirati, gli Stati Uniti, la Russia, l’Egitto e il Giappone, curerà la tecnologia della riduzione diretta e dei forni elettrici digitali. Saipem e Leonardo, invece, si occuperanno della parte di generazione di energia rinnovabile e di idrogeno e della gestione eventuale di altri gas per alimentare l’impianto. In sostanza, dell’approvvigionamento energetico ed eventualmente anche del recupero della CO2 a Taranto durante le fasi di sviluppo del progetto per azzerare le emissioni inquinanti. Tutti impianti gestiti in automazione. Un pacchetto molto più ampio del semplice rifacimento dell’altoforno 5 e della costruzione del forno elettrico previsti dal piano Invitalia-ArcelorMittalItalia.

Ma chi c’è dietro a questo progetto dell’Ilva Green e come ci si è arrivati? L’idea nasce da lontano, dagli studi di Antonello Mordeglia, presidente di Danieli Automation, una controllata del colosso siderurgico friulano dove l’ingegnere ligure ha preso servizio nel 2000 come direttore vendite di Danieli Asia, al termine di una lunga carriera dall’altra parte del globo, dove ha mosso i primi passi fresco di studi in ingegneria elettronica all'interno del gruppo Ansaldo. 

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Mordeglia, cavaliere della Repubblica, nel 2017 ha ricevuto dall’Università di Trieste la laurea honoris causa in Ingegneria dell’energia elettrica e dei sistemi per, si legge nella motivazione, “le eccezionali qualità ingegneristiche e per la visione strategica nel realizzare e commercializzare i sistemi e impianti industriali di nuova generazione”. C'è lui infatti dietro i successi di Danieli, ad esempio, in Giappone con Tokyo Steel, quell'estero dove il colosso di Buttrio genera il 96% del proprio fatturato. 

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E in effetti nell’ascoltare l’esposizione della sua tesi che Affaritaliani.it pubblica nei due video qui sotto, si colgono i fondamenti teorici e la visione che hanno portato ora Mordeglia a spingere per la creazione di un team di eccellenze della manifattura made in Italy, come Saipem e Leonardo, e collaborare per un progetto che può fruttare miliardi di fatturato e, allo stesso tempo, fare bingo nel dossier Ilva: risolvere cioè il problema ambientale di Taranto e consentire anche all’Italia di non perdere la produzione strategica dell’acciaio. Vitale per l’industria. 

Partendo dall’analisi dell’utilizzo delle fonti energetiche che dal 1980 ha visto l’inversione della curva dell’utilizzo di quelle fossili a vantaggio di una progressiva crescita invece delle rinnovabili per limiti naturali, Mordeglia disegna i tratti dell’industria siderurgica nel 2060, una “metallurgia che dovrà autoprodurre il 70% dell’energia che utilizzerà", quantum "che dovrà anche essere in grado di accumulare in modo tale da rendere le proprie attività indipendenti. Avremo dei micro power storage (aree di immagazzinamento, ndr) che ci serviranno anche per alimentare gli umanoidi e i robot che hanno bisogno di tanta energia”. Quei robot che, ad esempio, l’industria siderurgica già usa e che fanno prelievi di temperatura nei forni elettrici a basso impatto.

“E poi ancora - spiegava Mordeglia nel 2017 - ci saranno le isole energetiche che andranno da fonti rinnovabili ad alimentare il nostro global network” per approvvigionare un’industria, i cui costi dipendono per un terzo proprio dall’energia. Danieli produce già i forni digitali ad alimentazione elettrica ibrida integrati a impianti di riduzione diretta del minerale di ferro per mezzo di una miscela di metano e idrogeno. Dunque impianti meno inquinanti dei tradizionali altoforni.

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Saipem e Leonardo faranno il resto per assicurare l'arrivo dell'energia da fonti rinnovabili (nei pressi di Taranto), eliminando le restanti emissioni di CO2 e automatizzando tutto il processo produttivo. Ora non resta che spiegarlo a Cingolani, che il premier Mario Draghi ha incaricato proprio per accompagnare la transizione energetica nell'industria. Quel Cingolani che Mordeglia, che si divide fra la natia Genova e Buttrio, già conosce perché il gruppo friulano ha fornito alcuni robot in uso all'Istituto Italiano di Tecnologia

@andreadeugeni

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