Finanza parallela in crisi. Ecco perché - Affaritaliani.it

Economia

Finanza parallela in crisi. Ecco perché

La finanza parallela non riesce più a soddisfare le esigenze dei richiedenti. Occorrerebbe eliminare quei paletti che ostacolano, soprattutto a livello territoriale, le esigenze di liquidità da parte di soggetti svantaggiati ed imprese e realizzare una piattaforma finanziaria con strumenti di osservazione del fenomeno. Lo rileva uno studio di Srm, il Centro studi legato ad Intesa Sanpaolo, e della Fondazione Banco di Napoli. Secondo l’indagine in Italia sono stati erogati nell’ultimo anno oltre 147 milioni di euro di prestiti attraverso il microcredito: 121,3 milioni sono stati concessi a piccole imprese; 25,8 milioni sono stati appannaggio del sociale. Il ricorso al microcredito cresce ma non soddisfa le aumentate esigenze. Sia al Nord che al Sud. Lo studio rileva che oltre 103 milioni di euro sono stati erogati alle imprese del Centro Nord, mentre con 43 milioni di euro sono state finanziate aziende del Sud. Il 63,5% dei programmi di microprestiti sono stati assistiti da fondi di garanzia ad hoc per un ammontare complessivo di 118 milioni di euro. Grazie a questo strumento negli ultimi quattro anni sono stati comunque creati in Italia 34mila posti di lavoro. In gran parte nel settore del commercio (20%), dei servizi alle persone (17%), turistici (15%), alimentare, artigianato e servizi alle imprese (12%). Dallo studio emerge inoltre che ogni imprenditore che ha iniziato una nuova attività con il microcredito ha creato in media 2,43 occupati. E che il valore dei prestiti erogati in Italia è stato il più alto (12.800 euro) tra i Paesi dell’Ue per una media pari a 9.234 euro. Lo studio rileva inoltre che il microcredito è erogato a tassi inclusivi: quello medio applicato risulta pari al 3,1%; per i micro-crediti sociali è del 2,5%, per la micro-imprenditorialità del 3,3%. Oltre il 90% dei programmi finanziati prevede servizi ex ante di assistenza tecnica al primo accesso; nell’83% dei casi sono offerti anche servizi on going di assistenza e tutoraggio dei beneficiari; nel 38% vengono forniti servizi di formazione. Il microcredito assume quindi un suolo rilevante anche nell’ottica del rapporto con il territorio e la crescita. E questo per almeno tre motivi, secondo gli analisti di Srm e Fondazione Banco di Napoli: per l’effetto moltiplicativo che può avere sugli investimenti della microimpresa; per l’effetto di responsabilizzazione da parte del percettore di microcredito nell’utilizzo del prestito; per l’effetto di sottrazione di clienti al welfare assistenziale. Per quanto riguarda il primo punto, gli analisti osservano che il moltiplicatore dell’occupazione è calcolato al 2,43; vale a dire che ogni imprenditore che apre una nuova impresa con il microcredito in genere crea 2,43 occupati. Nelle tre macroaree del Paese, poi, l’offerta di microcredito è abbastanza differenziata: al Nord prevalgono le iniziative legate al sociale, al Centro quelle di tipo produttivo, così come al Sud, seppure in misura minore. Il 60% dei richiedenti il prestito lo chiedono per l’avvio di una nuova attività, il 37% per lo sviluppo dell’impresa, il 4% per rilevarne una. L’indagine evidenzia inoltre come In Italia la nuova normativa (con tutte le sue criticità) abbia creato un nuova “arena” su cui i diversi operatori devono adesso cimentarsi e rapportarsi per operare al meglio ed “efficientemente” su questo mercato. Il nuovo contesto di riferimento per favorire la nascita e la sostenibilità degli operatori di microcredito, necessita comunque dell’implementazione di una efficace piattaforma finanziaria e nuovi strumenti di sostegno. Soprattutto nel Mezzogiorno che, proprio per le sue condizioni di contesto, può beneficiare della maggiore struttura e regolamentazione del settore.

Eduardo Cagnazzi