Economia
Fmi, il Pil dell'Italia si salva: confermate le stime a +0,5% nel 2025. Ma i dazi pesano sulla crescita globale
Il Pil italiano cresce dello 0,5% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026, in linea con le previsioni. Intanto, il Fondo Monetario Internazionale richiama l’attenzione sull’impatto persistente dei dazi americani e sulle incertezze che frenano l’economia mondiale

Fmi conferma crescita italiana ma avverte sui dazi Usa e le incertezze globali
Il Fondo Monetario Internazionale ribadisce le stime di crescita per l'Italia nel 2025 e nel 2026. Per il 2025, il PIL italiano è previsto aumentare dello 0,5%, mentre nel 2026 si stima una crescita dello 0,8%, in linea con le stime pubblicate dal Fondo Monetario Internazionale a luglio, dopo il +0,7% registrato nel 2024. Per Germania e Francia si segnalano invece leggere revisioni.
L’economia tedesca quest’anno avanzerà a un ritmo inferiore rispetto all’Italia, con un PIL in salita dello 0,2%, ovvero 0,1 punti percentuali in più rispetto alle previsioni estive. La crescita per la Germania resta stabile al +0,9% nel 2026. Quanto alla Francia, il FMI rivede al rialzo di 0,1 punti la previsione di crescita per il 2025, portandola a +0,7%, mentre per il 2026 corregge leggermente al ribasso, sempre di 0,1 punti, attestando la crescita al +0,9%.
Il Fondo Monetario Internazionale ha alzato le previsioni di crescita dell’economia mondiale per il 2025, portandole al 3,2% (0,2 punti in più rispetto a luglio). Tuttavia, avverte che le prospettive restano deboli sia nel breve che nel lungo periodo. Per il 2026, la crescita rimane al 3,1%. "Le previsioni di crescita sono rimaste pressoché invariate rispetto all'aggiornamento di luglio 2025, riflettendo un graduale adattamento alle tensioni commerciali, ma sono decisamente inferiori alla media pre-pandemica del 3,7%", spiega il Fmi, sottolineando che i rischi per l’economia restano orientati al ribasso.
Il Fondo Monetario Internazionale richiama l’attenzione sulle "aspettative di crescita eccessivamente ottimistiche sull'intelligenza artificiale": un eventuale crollo del boom dell'IA potrebbe rivelarsi grave come lo scoppio della bolla dot-com del 2001-2001. "I mercati potrebbero subire un brusco ribasso se l'intelligenza artificiale non riuscisse a giustificare le elevate aspettative di profitto. Questo - spiega il Fondo - frenerebbe i consumi, con effetti negativi che potrebbero riverberarsi sul sistema finanziario".
"I dazi sono ben lontani dal tornare ai livelli del 2024. L'incertezza sulla politica commerciale rimane elevata in assenza di accordi chiari, trasparenti e duraturi tra i partner commerciali, e con l'attenzione che inizia a spostarsi dal livello finale dei dazi al loro impatto su prezzi, investimenti e consumi", afferma il Fondo Monetario Internazionale nel World Economic Outlook, ribadendo che ci sono "crescenti segnali che gli effetti negativi delle misure protezionistiche stanno iniziando a farsi sentire".
Dire infatti che l'incremento dei dazi non ha avuto un impatto sull'economia globale è "prematuro" e "scorretto". È "prematuro" perché il livello dei dazi americani rimane alto come alte anche le tensioni commerciali, spiega il Fmi. "Scorretto" perché ci sono anche altri attori in gioco, come la stretta americana sulle politiche per l'immigrazione.
"Le valutazioni elevate nei settori tecnologici e collegati all'IA sono state alimentate dalle aspettative di incrementi di produttività significativi. Se questi guadagni non si concretizzassero, la conseguente delusione sul fronte degli utili potrebbe portare a una rivalutazione della sostenibilità delle valutazioni basate sull'IA e a un calo dei prezzi delle azioni tecnologiche, con implicazioni sistemiche", sottolinea il Fmi.
