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Economia
Intesa Sanpaolo: Indagine sul Risparmio e scelte finanziarie degli italiani

Intesa SanPaolo, i risparmiatori e la pandemia: preferenza per la liquidità e le iniziative dell’Europa

La pandemia fa esplodere il risparmio precauzionale. I depositi bancari crescono di     26 miliardi nei 12 mesi terminanti in settembre, nonostante una riduzione del PIL che dovrebbe essere valutata in circa 168 miliardi (122 dei quali già accertati nei primi nove mesi dell’anno). La propensione al risparmio si impenna dall’11,8 al 20% del reddito.

Per il 3,1% degli intervistati la crisi sanitaria è diventata una crisi economica profonda: sono 600 mila le famiglie potenzialmente in difficoltà.

Una famiglia su due (47%) è costretta a ricorrere ai risparmi per far fronte alle difficoltà, ma solo il 10,2% vi attinge in misura significativa; il 15,3% vede le entrate ridursi significativamente o addirittura azzerarsi (3,1%); il 19,4% ha chiesto e ottenuto aiuti economici.

La crisi sanitaria peggiora anche le aspettative. Il saldo tra chi prevede un miglioramento e chi attende invece un peggioramento delle prospettive di reddito nei prossimi 12-18 mesi è negativo e pari al 20%.

Nel 2020 si interrompe il miglioramento dei giudizi di sufficienza del reddito. Dopo la prima ondata pandemica il saldo tra ottimisti e pessimisti scende ulteriormente dal 66,1 al 63,8%.

Il primo obiettivo degli investimenti resta la sicurezza (59,2%); la liquidità è stabile al secondo posto (36,7%); segue il rendimento di lungo termine.

Case e patrimonio: record di proprietari (77,6%). Il 58% dei patrimoni è rappresentato da case. 1,6 milioni di potenziali acquisti in vista nei prossimi 24 mesi.

I risparmiatori (55% del campione) superano i non risparmiatori (45%). Aumentano le ragioni per risparmiare: non solo più casa e vecchiaia, ma anche salute e sostegno dei figli.

Lieve assestamento verso il basso delle aspettative pensionistiche. La pensione media attesa scende a 1.182 euro. Flette dal 42,4 al 39,9% il saldo netto positivo sulla sufficienza del reddito all’epoca delle pensioni. Stabili i fondi pensione (12,7%). In crescita dal 10 al 14% i possessori di polizze LTC.

Scendono gli obbligazionisti (21,6%), ormai avvicinati dai possessori di risparmio gestito (dal 15,3 al 17,3%).

Il 67% degli intervistati si dichiara favorevole all’Europa e all’euro: era il 65% nel 2002.

Il rendimento totale (cedola e aumento di capitale) dei titoli di Stato italiani è positivo e pari a 9 punti percentuali tra gennaio e ottobre, proteggendo i portafogli. L’Unione Monetaria ha evitato che la pandemia avesse effetti negativi anche sul finanziamento dei conti pubblici.

La politica ultra-espansiva della BCE favorisce la crescita dei prestiti all’economia: il flusso è di 143 miliardi.

L’Indagine 2020: un anno eccezionale. La ricerca del 2020 abbraccia un arco temporale di analisi che si estende eccezionalmente dal gennaio 2019 fino all’autunno del 2020. Si è avvalsa di tre strumenti di indagine sul campo: il questionario standard sul risparmio e le scelte finanziarie delle famiglie, distribuito a cadenza annuale e che nel 2020 ha raggiunto 1.516 intervistati, le cui risposte sono state raccolte tra gennaio e febbraio 2020; una batteria di domande specifiche, introdotte nel 2020, sull’utilizzo delle opportunità offerte dall’euro, che nel 2020 ha compiuto 18 anni dall’introduzione come moneta unica; un questionario ad hoc distribuito al termine del lockdown di marzo-maggio a 936 intervistati, omogenei con il campione generale, per raccogliere le reazioni all’impatto della crisi dovuta al nuovo coronavirus sui bilanci delle famiglie e sulle aspettative a 12-18 mesi e per indagare sulla necessità di sostegni e sull’effettiva ricezione di aiuti. Questo ha comportato la necessità di rinviare all’autunno la tradizionale scadenza annuale di presentazione dell’Indagine, offrendo peraltro, già nel corso dello stesso 2020, un quadro del cambiamento economico che ha impattato sui redditi, sui consumi, sul risparmio e sulle aspettative delle famiglie italiane.

Crisi sanitaria: 936 interviste sono state realizzate dopo la conclusione del primo lockdown per valutare l’impatto della pandemia. Per il 3,1%, ossia per 600 mila famiglie, la crisi sanitaria ha prodotto una concreta difficoltà economica. Il 15,3% degli intervistati ha dichiarato di aver subito perdite significative di entrate (o del tutto perdute, o in forte diminuzione). Il saldo di intervistati che dichiara che le entrate correnti sono sufficienti a sostenere il tenore di vita corrente è sceso, con la pandemia, dal 66,1 al 63,8% del campione, mentre la quota campionaria che dichiara di aver perduto completamente le entrate normali è del 3,1%. In definitiva, considerando i 25,8 milioni di famiglie italiane, stimiamo tra 600 mila e 700 mila le famiglie che sono entrate in concreta difficoltà economica. Se si guarda alle fasce di età del campione, le difficoltà hanno aggredito in particolare le famiglie degli ultra-55enni (25,4%) non ancora in pensione. Inoltre, l’impatto ha afflitto il 28% di coloro che sono collocati nella classe di reddito inferiore del campione (fino a 1.600 euro mensili), mentre ha appena lambito (5,7%) la categoria di chi ha un reddito superiore a 1.600 euro. Per effetto della pandemia, le differenze di reddito, già emerse dopo la crisi del 2009 e che da qualche anno sembravano in diminuzione, sono tornate a farsi vedere.

Crisi sanitaria e risparmi: una famiglia su due fa ricorso al risparmio accumulato, ma solo 2 su 10 vi attingono molto. Le famiglie mettono da parte i risparmi per far fronte agli imprevisti. Nel 2020 il 47,1 per cento degli intervistati è stato costretto ad attingere ai risparmi familiari; ciò nonostante, almeno fino all’inizio del secondo lockdown, in quattro casi su cinque il patrimonio è risultato poco intaccato dai prelievi di emergenza. Del resto, proprio nei mesi del lockdown si è verificato un accumulo sui conti correnti di nuovo risparmio a scopi precauzionali, che è andato a rigonfiare i salvadanai. Nel complesso, la quota di intervistati che ha utilizzato molto i risparmi è pari al 10,2% del campione, e cresce ai due estremi delle categorie professionali (15,3% tra gli imprenditori e liberi professionisti e 16,7% tra i lavoratori manuali).

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