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Economia
Mps: Tesoro e Anima sono pronte, serve un assist di Draghi (e non di Meloni)

Mps pronta per l’aumento di capitale, ma c’è il nodo degli esuberi: ecco perché le carte le darà Mario Draghi e non Giorgia Meloni

 

Domani, giovedì 15 settembre, l’assemblea di Mps completerà le formalità in merito al tanto atteso aumento di capitale. Un’operazione da 2,5 miliardi di euro, che vedrà il contemporaneo impegno del Tesoro e dei soci privati tra cui Anima Holding. Un passaggio fondamentale per l’economia italiana nel suo complesso, vista l’importanza di Mps nel sistema-Paese, con tutte le implicazioni che nella sua storia hanno riguardato vari aspetti da quello occupazionale a quello politico.

Proprio su questo fronte, però, c’è un aspetto che affaritaliani.it può rivelare, in merito a chi sarà a tirare le fila del futuro della banca senese. Fratelli d’Italia, forte dei sondaggi che le permettono di “vedere” il trionfo elettorale, vorrebbe posticipare ogni decisione alla formazione del prossimo governo, del quale Giorgia Meloni ovviamente ambisce ad essere la Premier. Un’ambizione legittima, espressa anche dal responsabile economico Maurizio Leo, ma che cozza con un dato di fatto fondamentale.

Una parte determinante del piano per il rilancio di Mps sono i prepensionamenti, circa 3.500, che dopo il 30 novembre diventeranno più difficili. Questo perché andrà in scadenza la norma introdotta nel 2016 dal Governo Renzi, che consente di effettuare prepensionamenti per i bancari, con base volontaria e con un anticipo di sette anni sulla scadenza, invece dei canonici cinque.

Dopo la deadline del 30 novembre, si tornerà al regime precedente, ma questo ridurrà in maniera significativa la platea dei possibili prepensionamenti, complicando un progetto che – appunto – rappresenta un dossier fondamentale per il Paese. Come se ne può uscire? Ci sono solo due modi. Se si conferma l’intenzione di lasciare la palla in mano a chi vincerà le elezioni del 25 settembre, scatterà inevitabilmente una corsa contro il tempo che prevede l’insediamento del nuovo Parlamento, la formazione del nuovo governo (operazione sempre complessa) e un accordo della nuova maggioranza sul punto, che in tempo record dovrà sfornare una proroga. Molto rischioso.

Altrimenti, ed è questa l’ipotesi più probabile, sarà ancora una volta Mario Draghi a togliere le castagne del fuoco, approvando in questi ultimi giorni di governo la suddetta proroga… magari unitamente alla correzione dell’emendamento sul tetto agli stipendi dei manager che tanto ha fatto infuriare il Premier dimissionario (e milioni di italiani alle prese con il carobollette). 
 

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