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Italy Reputation Day 2021, l’influenza della pandemia sulle aziende italiane

The RepTrak company presenta "Italy Reputation Day 2021": una nuova veste per adeguarsi agli sviluppi pandemici

Quali sono stati gli effetti della pandemia sulla corporate reputation? Cosa è cambiato per i diversi settori produttivi, ma anche per i dipendenti delle aziende? Se ne è discusso questa mattina all’Italy Reputation Day 2021, l’evento organizzato da The RepTrak company, società leader nella misurazione della reputazione aziendale. Una decima edizione, seconda in modalità virtuale, interamente focalizzata sulla pandemia, che ha modificato anche il modo di calcolare la reputazione aziendale. Come ha spiegato Michele Tesoro-Tess, EVP Account Management EMEA & APAC, il passaggio da “Reptrak Awards” a “Italy Reputation Day” è stato determinato dalla scelta di non assegnare premi né stilare una classifica per questa edizione, poiché si è notato che guardare ai dati puntuali non restituiva una fotografia veritiera della corporate reputation. 

Dopo il benvenuto di Raffaele Jerusalmi, CEO di Borsa Italiana, che ha ricordato l’importanza della reputazione per chi guarda alle aziende come investimento, si è passati all’analisi di quattro grandi aree tematiche: Michele Tesoro- Tess ha analizzato gli impatti della pandemia sul mondo del business e la reazione delle aziende; Dino Borello, Vice President Client Services EMEA, ha condotto un focus sui settori aziendali italiani; Sara Fargion, Vice President Client Services EMEA, ha invece parlato l’importanza dei dipendenti nella reputation aziendale. Alessandro Detto, Senior Vice President Sales EMEA, ha infine chiuso l'evento illustrando gli strumenti fondamentali per "usare" la reputazione come leva di business.

A seguire Katia Riva, Chief Sustainability Officer di Atlantia, e Raffaele Jerusalmi hanno illustrato i loro punti di vista rispettivamente sul tema della sostenibilità e della reputazione come creazione di valore per le aziende quotate.

Italy Reputation Day 2021: l'intervento di Katia Riva, Chief Sustainability Officer di Atlantia 

Interrogata sugli aspetti di sostenibilità e investimenti in ESG, Katia Riva ha dichiarato: "I mercati finanziari hanno ben presente sia i rischi sia le opportunità derivanti dagli impatti sociali e ambientali dei business nei quali investono. Questo è vero in particolare per quanto attiene a rischi e opportunità connessi con il cambiamento climatico. In questo senso un portafoglio di investimento sostenibile nei suoi aspetti sociali e ambientali è più resiliente e quindi più capace di generare ritorni nel medio e lungo termine per gli azionisti. Faccio un esempio su tutti: il cambiamento climatico è un rischio finanziario nella misura in cui avere un portafoglio di business in cui si è investito, che ha maggiori capacità di adattamento verso la transizione a un’economia a basse emissioni, ha maggiori probabilità di continuare a generare ritorni positivi per gli azionisti. Per le aziende, che sono poi i soggetti economici in cui il mercato finanziario investe, c’è dunque un interesse a far sì che i loro modelli di business incorporino i fattori sociali, ambientali, i rischi e le opportunità connesse a una giusta transizione, nell’interesse di tutti gli stakeholder della catena del valore, compresi gli investitori che mettono a  disposizione i capitali. La sfida per le aziende è dunque ripensare il modello di creazione di valore in una logica di capitalismo degli stakeholder e non solo degli shareholder”.

Sulla reputazione come indicatore nei sistemi di remunerazione del top management Riva ha aggiunto: “Il trend di collegare la remunerazione del management alle performance sociali e ambientali, tra le quali la reputazione nei confronti degli stakeholder, è sull’agenda dei consigli di amministrazione e degli amministratori delegati e ,a mio avviso, è un tema di sostanza e non di mera comunicazione o di marketing. Questo perché se stiamo andando, come stiamo facendo, verso un modello economico di creazione di valore per tutti gli stakeholder, la reputazione e quindi la fiducia che questi stakeholder mettono nelle aziende è un fattore intangibile molto importante per la creazione di valore. In questo senso è opportuno collegare una quota della remunerazione del management anche alle performance di questo genere. Su questo posso portare un esempio molto concreto e recente: l’assemblea degli azionisti di Atlantia del 28 aprile era chiamata anche a votare sull’adozione di un piano di incentivazione manageriale di medio-lungo periodo che fra le sue metriche ha anche quelle di valore sostenibile tra cui la reputazione; il piano è stata approvato con il 99% di voti favorevoli, a dimostrazione del fatto che si sta parlando di un tema rilevante”.

Italy Reputation Day 2021: il punto di vista di Raffaele Jerusalmi, CEO di Borsa Italiana 

Raffeale Jerusalmi, CEO di Borsa Italiana, ha espresso il suo parere riguardo al ruolo della reputazione aziendale oggi: “Oggi la maggior parte delle aziende quotate ha una valutazione che dipende per il 70-75% da quello che è il suo intangible value. Questo è un riferimento che fa molto riflettere, perché solo 30 anni il valore dipendeva per il 95% dai physical asset. Oggi con l'avvento dei social media siamo arrivata a una situazione in cui questa valutazione è fondamentale per determinare il valore di un’azienda, cioè la reputation intesa come l’insieme di tutta una serie di fattori che concorrono a formarla: capacità finanziaria dell’azienda, bontà dei suoi prodotti, capacità di innovare, qualità del management, capacità di attrarre talenti, sono tutti fattori che vanno a determinare la reputation di un'azienda e anche a valutare il suo brand. Credo che oggi questa sia la realtà delle cose e che abbia un impatto devastante sul valore di un’attività o di un’azienda”.

Quello che servirebbe oggi - ha continuato Jerusalmi - è definire delle metriche più precise per ognuna di quegli aspetti che servono a creare la percezione della reputation, perché la reputation in gran parte è una percezione. Questa percezione è fatta però da elementi molti chiari e tangibili che possono essere misurati con molta più precisione. Forse bisognerebbe cominciare a introdurre delle metriche che consentono di misurare questi aspetti, in modo da rendere più semplice anche la capacità di analisti e investitori di cogliere le migliori opportunità per quelle aziende che dimostrano la capacità di andare a migliorare in maniera sensibile l’aspetto della reputation”.

Il CEO di Borsa Italiana ha poi concluso: “Il mestiere degli analisti finanziari è cambiato in modo radicale perché prima la valutazione degli asset fisici era predominante e molto semplice. Pensiamo solo alle aziende che 40 anni fa operavano prevalentemente in un mondo fatto di hardware, di macchine e manifattura. Oggi siamo in un mondo totalmente opposto dove tutto è fatto molto di più sulla base del brand, della popolarità del marchio e dei servizi, che sono una delle aree che si è sviluppata maggiormente negli ultimi tempi. Credo che da questo punto di vista il lavoro dell’analista finanziario sia cambiato radicalmente, sebbene sia tutt’ora difficile in alcuni casi avere la capacità di valutare in modo adeguato il valore del brand, che è parte della reputation, forse la componente più visibile. Da questo punto di vista la capacità dell’analista finanziario è andare oltre i numeri e cercare di incorporare nelle sue valutazione anche quello che è il sentimento del pubblico rispetto a quello che è il valore di un brand, della reputation aziendale, del suo management o dei suoi dipendenti, perché sicuramente il tema della reputation sarà sempre di più centrale nella vita delle aziende ma soprattutto per chi dovrà fare le valutazioni”.

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