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Pfizer, il vaccino Abrysvo abbatte i ricoveri da VRS nei neonati: i dati real world dall’Argentina
L’OMS raccomanda la vaccinazione in gravidanza contro il virus respiratorio: nessun decesso tra i neonati di madri vaccinate nello studio argentino pubblicato su The Lancet Infectious Diseases

Pfizer, vaccino RSV: da studio real world argentino evidenze positive per Abrysvo e l’OMS lo raccomanda
Il 30 maggio 2025, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato un position paper nel quale raccomanda l’impiego del vaccino materno RSVpreF (commercializzato come Abrysvo da Pfizer) per proteggere i neonati dalle forme gravi di infezione da virus respiratorio sinciziale (VRS). Il vaccino, somministrato alle donne incinte tra la 24ª e la 36ª settimana di gestazione, ha mostrato un’efficacia fino all’82% nella prevenzione della malattia nei lattanti.
Una conferma importante dell’utilità di questa strategia arriva dallo studio condotto in Argentina nel 2024, il primo al mondo a valutare su larga scala, in un contesto reale, l’impatto della vaccinazione materna contro il VRS. I risultati, pubblicati il 5 maggio 2025 su The Lancet Infectious Diseases, indicano un’efficacia del 78,6% nel prevenire le forme gravi di infezione respiratoria nei primi tre mesi di vita del neonato, percentuale che si mantiene al 71,3% fino al sesto mese. Lo studio ha anche mostrato una protezione del 76,9% contro le forme più severe, caratterizzate da necessità di terapia intensiva, somministrazione di ossigeno ad alto flusso, ventilazione meccanica o da una saturazione di ossigeno inferiore al 90%.
Il VRS è riconosciuto come la principale causa mondiale di polmonite nei bambini sotto i cinque anni, con oltre 100.000 morti l’anno, la maggior parte delle quali avviene nei Paesi a basso e medio reddito. In questo scenario, l’OMS considera la vaccinazione materna una priorità nei contesti in cui il virus presenta una stagionalità ben definita. Tale strategia può essere adottata da sola o combinata con anticorpi monoclonali a lunga durata d’azione. Il profilo di sicurezza di Abrysvo è stato giudicato favorevole, con benefici che superano ampiamente i possibili rischi associati.
Lo studio argentino, denominato BERNI, si è svolto tra aprile e settembre 2024 e ha coinvolto 505 bambini ricoverati durante la stagione RSV. Tra questi, 286 sono risultati positivi al virus e 219 negativi, tutti diagnosticati tramite PCR o immunofluorescenza. Il programma vaccinale nazionale, avviato il 1° marzo 2024, ha raggiunto in breve tempo il 60% di copertura tra le donne in gravidanza, somministrando il vaccino tra la 32ª e la 36ª settimana di gestazione, almeno due settimane prima del parto. Il vaccino è stato proposto insieme ad altri raccomandati in gravidanza, come quelli contro influenza, pertosse e Covid-19.
Un dato particolarmente significativo emerso dal BERNI riguarda la mortalità: nessun decesso correlato al VRS è stato registrato tra i neonati nati da madri vaccinate. I tre decessi osservati hanno riguardato esclusivamente bambini le cui madri non avevano ricevuto il vaccino. Oltre alla riduzione dei ricoveri, lo studio ha evidenziato una diminuzione nei giorni di ospedalizzazione e nell’utilizzo di antibiotici nei bambini protetti da Abrysvo.
I risultati dello studio argentino, condotto in un sistema sanitario misto (pubblico, privato e previdenziale), non solo confermano, ma in alcuni aspetti migliorano i dati emersi dal trial clinico di fase III MATISSE. Quest’ultimo, realizzato tra il 2020 e il 2022 in 18 Paesi su 7.400 donne, aveva rilevato un’efficacia dell’82% nei primi tre mesi di vita e del 69% entro sei mesi. A differenza del trial controllato, però, BERNI riflette le condizioni reali di implementazione in un sistema pubblico e ad alta incidenza stagionale.
“L’esperienza argentina mostra che una strategia di immunizzazione materna ben pianificata è fattibile anche in sistemi con risorse limitate, e può avere un impatto immediato e misurabile sulla salute neonatale”, sottolineano gli autori della ricerca. Il progetto proseguirà per altre due stagioni, fino al 2026, con l’obiettivo di raccogliere ulteriori evidenze sulla durata della protezione, sull’eventuale necessità di richiami e sull’efficacia nelle coorti a maggior rischio.