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XXI Convegno ANRA, Risk Manager e sostenibilità come nuovi motori d’impresa
Foto di Stephen Dawson

Enterprise Risk Management e sostenibilità: il percorso per un futuro consapevole. Seconda giornata del XXI Convegno ANRA

Si sono svolti oggi i lavori della seconda giornata del Convegno ANRA “Enterprise Risk Management e sostenibilità: il percorso per un futuro consapevole”, giunta quest’anno alla sua XXI edizione. Come già riportato qui su affaritaliani.it, si è assistito al proseguimento del dialogo avviato nella giornata di apertura del Convegno, centrato sul tema della sostenibilità e della gestione del rischio. Non più elementi differenzianti, bensì di sopravvivenza per aziende e istituzioni.

Protagonisti della giornata i temi della circolarità e dell’impatto ambientale, l’integrazione dei criteri ESG nelle politiche assicurative e il ruolo dei Risk Manager in un nuovo mondo reso più attento e consapevole dalla pandemia. A parlarne sono stati gli esperti, i leader e i protagonisti di alcune delle realtà più rappresentative del sistema imprenditoriale italiano, chiamati a riportare la loro esperienza.

Indicatori ESG nel settore assicurativo. La parola a Enel, Zurich e Allianz

Come integrare gli indicatori ESG nelle coperture assicurative? Questo il tema della seconda tavola rotonda della giornata, che ha visto intervenire Alessandro Canta, a capo della divisione Finance and Insurance di Enel, Nicola Mancino di Allianz Global Corporate & Specialty SE e Massimiliano Roveda, a capo del Commercial Insurance di Zurich Italia, in dialogo con Andrea Cabrini, Managing Editor per ClassCnbc e Condirettore di MilanoFinanza.

Il settore assicurativo ha la capacità di promuovere uno sviluppo sostenibile delle medie e grandi imprese. E lo si sta dimostrando ai tavoli tecnici nazionali ed europei sugli strumenti di finanziamento alla sostenibilità, fondamentale sia per lo sviluppo di un’economia compatibile con i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU, sia per fronteggiare gli impatti di imprevedibili e future grandi crisi. Come si stanno muovendo dunque le grandi compagnie? Come stanno cambiando le politiche di underwriting? 

“Ogni anno realizziamo un report che analizza i rischi percepiti del momento da parte della comunità scientifica e accademica”, ha esordito Massimiliano Roveda, Head Commercial Insurance di Zurich Italia. “Sono circa 600 le persone che rispondono a questa survey, mostrandoci uno spaccato di quello che è il mondo. Il nostro ultimo report, molto più granulare rispetto ai precedenti, vedeva i rischi suddivisi in un breve, medio e lungo periodo. Nel medio e soprattutto nel breve periodo emergono i rischi legati alla società, dovuti agli effetti della pandemia. Parliamo quindi di tutti i temi legati alla disoccupazione, alla congiuntura economica, alla problematica generazionale, ovvero dei giovani che stanno soffrendo gli effetti della pandemia, ormai definiti come ‘pandemials’, che hanno visto seguirsi due crisi: quella del 2008 e quella del 2020. Si aggiunge poi il tema del veloce cambiamento digitale che di fatto sta lasciando indietro quella parte della società che non ha le capacità di stare al passo con i tempi”.

“A parte i rischi sociali, che interessano dunque il breve periodo, nel medio periodo incontriamo i rischi economici e nel lungo i rischi geopolitici”, continua Roveda. “C’è poi un rischio che interessa tutte e tre le fasce temporali, e si tratta del rischio ambientale. Questo fa ben capire come la società sia molto attenta e preoccupata da quello che noi definiamo ‘ESG’. La società ci chiede di fare qualcosa, agli operatori sia pubblici che privati. Non è più un acronimo scritto sui giornali visto come una moda, perché oggi si trova prepotentemente sulla scrivania di tutti, tocca i governi e tocca noi”.

“Come possiamo intervenire noi operatori assicurativi?”, conclude: “Noi abbiamo due anime, quella degli investimenti e quella delle assicurazioni, che è il core business. Con entrambe, noi di Zurich stiamo facendo tantissimo. Da anni investiamo sempre di più in imprese asset che hanno una forte rispondenza ai criteri ESG, e ci stiamo impegnando nel cercare di influenzare le varie componenti assicurate con nuovi prodotti e servizi”.

“In qualche modo con Enel abbiamo anticipato il trend”, ha dichiarato Alessandro Canta, Head Finance and Insurance di Enel. “Questo è un dato di fatto, dal 2014 abbiamo cambiato strategia, tanto che più del 90% dei nostri investimenti destinati alle attività sostenibili hanno preso un commitment molto forte, classificandoci come una delle prime aziende al mondo ad impegnarsi nel rispetto dei parametri ESG, che ci hanno guidato fino a oggi. I risultati sono evidenti”.

“Devo constatare che l’onda lunga si è spostata verso il mercato assicurativo, che è il nostro comune auspicio. L’investitore equity si è accorto della validità e dell’efficacia di queste strategie per primo. Il mercato del credito, invece, si è un po’ adagiato su questo. La sostenibilità è un valore, non è solo solidarietà”, aggiunge Canta, facendo riferimento al tema dei Sustainability bonds, emissioni obbligazionarie legate ai progetti di sostenibilità. “Il mercato non ne ha riconosciuto il valore e bisognava scuoterlo. L’ondata sta arrivando anche sul mercato assicurativo, dove abbiamo incontrato un po’ di fatica sulle coperture, ma si sono fatti passi avanti. Il nostro obiettivo come cliente e come società è quello di convincere le compagnie assicurative, anche attraverso l’attività dei brokers, a riconoscere che la sostenibilità è un valore e quindi capire insieme, al netto di tutte le valutazioni di carattere statistico che guidano questo mercato, quanto la sostenibilità possa migliorare il profilo di rischio di una società e quindi automaticamente in qualche modo influenzare il prezzo delle coperture”.

“Il Risk Manager è un grandissimo conoscitore della realtà aziendale, perché è il primo ad occuparsi della mappatura dei rischi per poterli poi rappresentare all’esterno, dove c’è una fucina di persone pronte a trovare soluzioni con nuovi prodotti”, continua Canta. “C’è poi il fronte strategico, perché il Risk Manager è ai tavoli delle aziende dove si studia la valutazione d’impatto, perché è il possesso di una grandissima quantità di dati in un mondo che va verso la predictive maintenance. I Risk Manager hanno fonti inesauribili sia all’interno dell’azienda sia al di fuori, grazie alle partnership con le compagnie assicurative che ne hanno dati e risorse in misura più grande. Perciò sono messi nella condizione di potere aiutare i colleghi che si occupano di strategia, mettendo nel bilancio una valutazione d’impatto e la misurazione dei rischi (nel nostro caso climatici) per garantire agli investitori assoluta trasparenza”.

“Il Risk Manager è la persona che conosce l’azienda in ogni angolo”, aggiunge Nicola Mancino di Allianz Global Corporate & Specialty SE: “Nel senso che per fronteggiare i rischi e poter proteggere l’azienda, il Risk Manager deve conoscerne ogni parte. Ecco perché molte volte si vedere una grande stabilità della funzione di questo ruolo all’interno dell’azienda, si tratta di una professione stabile per l’avvenire. Conoscenza, ricerca, approfondimento e condivisione sono alla base di questo mestiere. E ritorna poi il tema della grande partnership pubblico-privato, i rischi sistemici si possono affrontare solo con questo tipo di partnership. Il privato non può riuscirci da solo e lo stiamo vedendo con la pandemia e con il Climate Change. Il mercato assicurativo è focalizzato su questo e sta lavorando molto”.

Risk Manager: la professione del futuro. L’esperienza di Leonardo

Se fino a pochi anni fa i Risk Manager avevano un ruolo decentrato all’interno delle aziende, principalmente impiegati nel back-office e nella semplice gestione delle assicurazioni, la pandemia ha rapidamente capovolto questa prospettiva. In pochi mesi i Consigli di Amministrazione delle aziende si sono resi conto dell’importanza di avere al tavolo dei professionisti capaci di comprendere e prevedere i rischi, pianificandone la gestione. Ci troviamo inequivocabilmente di fronte a una nuova era per il Risk Management, la cui percezione sta cambiando rapidamente all’interno delle organizzazioni, stabilizzandosi in un primissimo piano.

Il dibattito della terza tavola rotonda del Convegno ANRA ha messo in luce tutto questo, portando ad un confronto diretto Salvatore Lampone, CRO di Leonardo, Valentina Paduano, CRO di Sogefi e Board Member FERMA e Stefano Scoccianti, ERM di Hera.

“Lancio una provocazione rispetto al Risk Management e alla figura del Risk Manager: oggi non è più il caso di speculare o interrogarsi sull’opportunità o meno di un processo che ormai è considerato a 360 gradi una necessità nella gestione delle grandi imprese. Parliamo dell’ovvio, è necessario ed è indispensabile”, esordisce Salvatore Lampone, Conversion Rate Optimization Specialist di Leonardo. “È vero che nell’ultimo ventennio abbiamo avuto delle importanti accelerazioni, che hanno portato sempre più a sottolineare la rilevanza di questo processo e di queste figure, in ragione di episodi che hanno determinato delle crisi sul piano economico e finanziario, e da ultimo anche le crisi dettate dalla pandemia. Nel momento in cui i mercati sono sempre più connessi e gli stakeholder, i cittadini, gli azionisti e gli analisti sono sempre più attenti alla gestione del rischio, il ruolo del Risk Manager ha assunto una rilevanza sempre maggiore. Non solo il ruolo, ma anche il processo”.

“Questo movimento è stato accompagnato da una sempre più attenta disciplina e regolamentazione, che contraddistingue sempre di più il sistema bancario e finanziario rispetto agli altri”, continua Lampone. “In questi ultimi anni la figura, il ruolo e il processo del Risk Manager nelle realtà bancarie ha avuto un’accelerazione enorme, e questo vale anche nel settore assicurativo, anche se in forma un po’ diversa. Questo ci porta a fare considerazioni laterali sul tema della responsabilità, la procedimentalizzazione di queste attività sono un tema di diligenza connessa agli incarichi e all’attenzione posta nelle risultanze del rischio. Fattore che ha la sua rilevanza nel momento in cui occorre dimostrare che si sono adottate tutte le misure necessarie per prendere decisioni consapevoli sulla base dei rischi identificati, gestiti, monitorati e, possibilmente, quantificati”.

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