Ocse, il rigore fiscale non paga: Italia bloccata, crescita inchiodata allo 0,6% nel 2026. Gli effetti dei dazi di Trump su Pil e inflazione - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 14:13

Ocse, il rigore fiscale non paga: Italia bloccata, crescita inchiodata allo 0,6% nel 2026. Gli effetti dei dazi di Trump su Pil e inflazione

Gli effetti dei dazi Usa iniziano a farsi sentire sui prezzi al consumatore. E' l'avvertimento lanciato dall'Ocse nell'Interim economic outlook.

di Elisa Mancini

Ocse, rallenta il Pil globale, +3,2% in 2025 e +2,9% in 2026

Il pil italiano dovrebbe segnare un incremento dello 0,6% nel 2025, confermando la precedente stima di giugno; +0,6% anche nel 2026 con una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali rispetto a giugno. Lo prevede l'Ocse nell'Interim economic outlook. La crescita del 2024 segna +0,7%.

La stima dell'inflazione indica un rallentamento a +1,9% nel 2025 ( -0,1 rispetto alla previsione di giugno); +1,8% (-0,1%) nel 2026. Il 2024 si chiude con +1,1%.

Si prevede inoltre che la crescita del pil globale diminuirà dal 3,3% del 2024 al 3,2% nel 2025 e al 2,9% nel 2026, sotto il peso dei dazi e dell'incertezza politica "ancora elevata" che "freneranno investimenti e scambi commerciali". Così l'Ocse nell'Interim economic outlook, sottolineando che la crescita globale è resiliente ma in rallentamento.

La crescita annua del pil Usa dovrebbe calare dal 2,8% nel 2024 all'1,8% nel 2025 e all'1,5% nel 2026. Il pil dell'area dell'euro sarà dell'1,2% nel 2025 e dell'1% nel 2026, "con l'aumento delle tensioni commerciali e l'incertezza geopolitica in parte compensati da condizioni di credito più favorevoli". La crescita della Germania è stata tagliata di un decimale sia nel 2025 che nel 2026 segnando +0,3% quest'anno e +1,1% il prossimo anno. La Francia crescerebbe dello 0,6% nel 2025 e dello +0,9% nel 2026. Si prevede che la crescita in Cina sarà del 4,9% nel 2025 e del 4,4% nel 2026, con l'entrata in vigore di dazi più elevati e il venir meno del sostegno fiscale.

Sul fronte dell'inflazione, diminuirà nella maggior parte delle economie del G20, con il rallentamento della crescita economica e l'attenuazione delle pressioni sul mercato del lavoro. Si prevede che l'inflazione complessiva scenderà dal 3,4% nel 2025 al 2,9% nel 2026 nelle economie del G20.

Pil, Ocse: il consolidamento dei conti smorza la crescita dell'Italia

Il consolidamento dei conti smorzerà la crescita in Italia. Lo rileva l'Ocse nell'Interim economic outlook."Nelle economie europee - si legge - l'aumento delle tensioni commerciali e l'incertezza geopolitica dovrebbero essere in parte compensati da condizioni di credito più favorevoli, con una crescita nell'area dell'euro prevista all'1,2% nel 2025 e all' 1% nel 2026. L'espansione fiscale dovrebbe stimolare l'attività economica in Germania, ma il previsto consolidamento sia in Francia che in Italia smorzerà la crescita". "La crescita dei consumi privati ha subito un rallentamento negli Stati Uniti, così come in alcuni paesi dell'area dell'euro come la Francia e l'Italia", si rileva.

Mentre il tasso di disoccupazione è aumentato in Sudafrica, India, Canada, Francia, Australia, Germania e Stati Uniti, è diminuito in altri paesi, in particolare Corea, Turchia, Brasile, Italia e Spagna ha raggiunto il minimo storico nell'area dell'euro, si rileva. Deboli però i salari reali in Italia. "La combinazione di un rallentamento della crescita dei salari nominali e di un'inflazione dei prezzi che rimane elevata ha causato un indebolimento della crescita dei salari reali dall'ultimo trimestre del 2024 in molte economie avanzate, tra cui Giappone, Italia, Canada, Spagna e Regno Unito", sottolinea l'Ocse.

Ocse, effetto dazi sui prezzi: tariffe ai massimi dal 1933

"La crescita globale è stata più resiliente del previsto nella prima metà del 2025, soprattutto in molte economie emergenti", si legge nel rapporto. I forti investimenti legati all'intelligenza artificiale hanno favorito i risultati negli Stati Uniti e il sostegno fiscale in Cina ha compensato l'impatto negativo delle difficoltà commerciali e della debolezza del mercato immobiliare", si aggiunge. I dazi statunitensi sono aumentati in quasi tutti i Paesi da maggio, "portando il livello complessivo effettivo a circa il 19,5% a fine agosto, il livello più alto dal 1933". Gli effetti degli aumenti tariffari non si sono ancora fatti sentire completamente, si osserva, rilevando che l'introduzione graduale nel tempo ha permesso alle aziende in un certo senso di assorbirne gli effetti ma, si avverte, l'impatto finale dei dazi sta "diventando sempre più visibili nelle scelte di spesa, nei mercati del lavoro e nei prezzi al consumo".

"Ci sono già alcuni segnali che indicano che i dazi hanno iniziato a ripercuotersi sui prezzi al consumo - si legge - in particolare sui beni durevoli". Recenti indagini condotte presso le imprese suggeriscono inoltre che "i continui aumenti dei prezzi della produzione manifatturiera negli Stati Uniti si stanno riflettendo sui prezzi dei prodotti finiti. I dati sui prezzi all'importazione indicano che poche imprese straniere hanno cercato di compensare l'aumento dei dazi statunitensi nei prezzi delle esportazioni verso gli Stati Uniti, con una sola eccezione degna di nota, ovvero il calo dei prezzi delle esportazioni di autovetture dal Giappone", si rileva.

Ocse, l'indipendenza delle banche centrali preserva la credibilità

"Il mantenimento dell'indipendenza delle banche centrali preserverà la credibilità delle politiche e ridurrà la volatilità e la persistenza dell'inflazione". Così l'Ocse nell'Interim economic outlook.

Le banche centrali, si legge ancora, "dovrebbero rimanere vigili e reagire tempestivamente ai cambiamenti nell'equilibrio dei rischi per la stabilità dei prezzi. A condizione che le aspettative di inflazione rimangano ben ancorate, le riduzioni dei tassi di interesse ufficiali dovrebbero proseguire nelle economie in cui si prevede che l'inflazione di fondo rallenti verso l'obiettivo". Inoltre, "un monitoraggio, una supervisione e politiche di regolamentazione robuste sono necessari per affrontare i rischi per la stabilità finanziaria".

Ocse, le criptovalute minacciano la stabilità finanziaria

"Permangono rischi significativi per le prospettive economiche". Così l'Ocse nell'Interim economic outlook, indicando che dazi, ripresa delle pressioni inflazionistiche e rischi legati ai mercati finanziari "potrebbero ridurre la crescita economica".

"Le valutazioni elevate e volatili delle criptovalute aumentano anche i rischi per la stabilità finanziaria, data la crescente interconnessione con il sistema finanziario tradizionale", si legge, osservando che IA e una riduzione dei dazi potrebbero però rafforzare le prospettive di crescita.

Per l'Ocse i paesi "devono trovare il modo di impegnarsi in modo cooperativo all'interno del sistema commerciale globale e di collaborare per rendere le politiche commerciali più trasparenti e prevedibili, affrontando al contempo le preoccupazioni relative alla sicurezza economica". Inoltre, si aggiunge, "è necessaria una disciplina fiscale per salvaguardare la sostenibilità del debito a lungo termine e mantenere un margine di manovra per reagire a shock futuri.

Percorsi di aggiustamento di bilancio credibili a medio termine, con maggiori sforzi per contenere e riallocare la spesa e aumentare le entrate, sono fondamentali per garantire la stabilizzazione del debito". Infine "sono necessari maggiori sforzi di riforma strutturale per migliorare durevolmente gli standard di vita e contribuire a realizzare i potenziali vantaggi derivanti da nuove tecnologie come l'intelligenza artificiale", si conclude.

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