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Economia
Privatizzazioni, l'idea del governo: vendere una quota di Ferrovie

Privatizzazioni, il governo pensa di vendere una quota di Ferrovie dello Stato

L'unico governo che si è avvicinato molto alla privatizzazione delle Ferrovie dello Stato è stato quello guidato da Matteo Renzi. Questo avvenne nel novembre del 2015, quando il Ministro Graziano Delrio approvò un decreto per avviare il processo di privatizzazione. Tuttavia, questo piano fu ostacolato dall'opposizione dei sindacati e, un anno dopo, dalla crisi della maggioranza di governo. Lo riporta La Stampa.

Ora è Giorgia Meloni a tentare di portare avanti la privatizzazione, motivata dalla necessità di inviare segnali positivi ai mercati finanziari riguardo alla riduzione del debito pubblico. Secondo due fonti attendibili citate da La Stampa, si sta considerando l'opzione di quotare le Ferrovie in Borsa seguendo il modello di Terna, la società che detiene il 40% della rete elettrica nazionale.

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Ieri, il Ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti ha fatto trapelare le intenzioni del governo durante un'audizione in Parlamento sul Documento di economia e finanza. Ha definito il processo di privatizzazione come un percorso ambizioso ma pieno di sfide. Quando i giornalisti lo hanno interrogato sulle possibili privatizzazioni, come autostrade, strade o ferrovie, ha risposto in modo enigmatico dicendo: "L'inversione dei fattori potrebbe aiutarvi a capire." Lo riporta La Stampa. 

La privatizzazione delle Ferrovie è una delle operazioni più complesse, ma allo stesso tempo è una delle preferite per almeno due motivi. In primo luogo, è l'ultima delle grandi società pubbliche che lo Stato possiede al 100%. In secondo luogo, il settore ferroviario attira l'interesse di numerosi investitori. Un esempio è l'acquisizione di Italo, che ha trovato due acquirenti di rilievo nel corso degli anni, l'ultimo dei quali è stato Gianluigi Aponte, armatore di Msc.

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Otto anni fa, il 40% delle Ferrovie era valutato a circa quattro miliardi di euro, una cifra simile al valore attuale dell'intera società Italo. Per acquisire il 50% di Italo, Aponte ha recentemente sborsato due miliardi di euro al fondo americano Global Infrastructure Partners. Sebbene non ci siano cifre ufficiali da Palazzo Chigi, è probabile che l'obiettivo sia tra i quattro e i cinque miliardi di euro, il che rappresenterebbe circa un quarto dell'obiettivo stabilito nella Nadef.

Una delle fonti consultate ha ammesso che per portare a termine un'operazione del genere ci vorrebbe almeno un anno. La complessità dell'operazione Ferrovie risiede principalmente nella riorganizzazione societaria che richiederebbe. La rete ferroviaria, su cui operano anche treni privati come Italo, non può essere venduta come un unico blocco insieme all'attività ferroviaria.

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Gli esperti da anni discutono due possibili soluzioni. La prima sarebbe separare in modo netto le due principali divisioni del gruppo, cioè Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana, mantenendo quest'ultima in mano allo Stato. Tuttavia, questa soluzione richiederebbe tempo e genererebbe entrate inferiori per un governo che ha bisogno di risorse finanziarie.

La seconda opzione è quella di rendere la rete ferroviaria "neutrale" in modo preventivo e allo stesso tempo remunerativa per alcuni investitori privati. In questo scenario, i fondi pensione potrebbero partecipare agli investimenti infrastrutturali sulla rete. Questa soluzione potrebbe evitare critiche da parte delle istituzioni europee.

Negli ultimi mesi, il dossier Ferrovie è tornato all'attenzione dei vertici aziendali, anche a causa della pressione dei mercati e degli investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il CEO del gruppo, Luigi Ferraris, è stato recentemente a New York per incontri con investitori e ha sottolineato l'importanza degli investimenti previsti per colmare il divario infrastrutturale tra Nord e Sud e migliorare le connessioni tra porti, aeroporti, stazioni ferroviarie e terminal merci.

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