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Economia
Santambrogio (VéGé):"Lockdown? Pronti a nuove file. Acquisti irrazionali boom"

"Inutile girarci attorno: ci aspettiamo che davanti ai supermercati possano tornare a formarsi delle file, seppur non come a marzo-aprile. La gente sta iniziando a temere un nuovo lockdown e inizia a prepararsi. Dipenderà molto dalla 'saggezza' dei legislatori". Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del gruppo VéGé – uno dei più importanti player nel settore della grande distribuzione organizzata con un fatturato 2019 di 7,5 miliardi e oltre 3.500 punti vendita affiliati dagli ipermercati ai cosiddetti “specializzati” – non sembra nutrire molti dubbi sul fatto che, con la nuova ondata di Covid, stiano per tornare le corse agli acquisti irrazionali e le lunghe file davanti ai supermercati.

Santambrogio, la gente inizia ad avere paura di dover tornare a chiudersi in casa?
"Risposta secca: sì. Nel senso che c’è una diffusa sensazione che ci sarà a breve un nuovo lockdown o, per certi versi peggio ancora, non sapere che cosa aspetti l’Italia. E dunque la gente sta alzando il livello di spesa, soprattutto di beni 'irrazionali'”.

Irrazionali?
"Sì, per esempio quando si riempie il carrello di troppa farina o troppo lievito. Pensi che il Gruppo Lievito dell’Associazione Italiana dell’Industria Olearia ha appena dichiarato di aver lavorato a ritmi serrati per garantire il famigerato prodotto. E dunque sì, ci prepariamo a tornare a quel tipo di percezione e di acquisti".

Cambia anche lo scontrino medio? State registrando aumenti di fatturato?
"Le medie e le piccole superfici, nell’ultimo weekend, sono state soggette a incrementi fino al 12%, mentre le grandissime superfici hanno quasi penato, con decrementi anche del 3 e del 4%. C’è da dire che c’era un ponte in meno rispetto allo scorso anno, ma la tendenza è quella di una “mini-corsa” soprattutto nei punti vendita più piccoli a scapito di quelli più grandi".

Dunque è ufficialmente partito il countdown per le lunghe file davanti ai supermercati come a marzo? Attese di 70, 80 anche 100 minuti?
"Sinceramente mi aspetto qualche coda, ma non l’assalto 'manzoniano' ai forni. C’è maggiore consapevolezza nei cittadini e la filiera sta tenendo bene. Tutto dipende dai legislatori: se non saranno saggi, se, con il nobile intento di salvaguardare la salute di tutti, chiuderanno le strutture di vendita intra-comunali, bloccando la possibilità di muoversi all’interno delle regioni, allora si verificheranno code epocali. Siamo a rischio di quella che io chiamo una 'claustrofobia municipale' in cui i piccoli esercizi rischiano letteralmente di esplodere mentre i grandi ipermercati languono".

Si inizia a temere anche un aumento dei prezzi, la gente ha paura che, soprattutto alcuni prodotti, possano vedere incrementi esponenziali, un po’ come successo a marzo per guanti e mascherine…
"I fornitori stanno iniziando ad aumentare il listino, inutile negarlo. Stiamo lottando con forza per respingere al mittente degli aumenti non tecnici. Il petrolio è ancora sceso, alcune richieste di ritoccare verso l’alto i costi sono ingiustificate. Diverso il discorso per derrate agricole più difficili da coltivare a causa di eventi atmosferici. In generale, però non c’è un fenomeno inflattivo. Anzi, la concorrenza che fanno i discount costringe ad aumentare la pressione promozionale e la profondità degli sconti. Non accetterei dunque speculazioni da parte di chiunque venga a dire che stiamo alzando inopinatamente i prezzi. Siamo in una dinamica competitiva talmente serrata che non ci si può permettere di mancare un sotto costo, figuriamoci un incremento ingiustificato dei prezzi".

Però alla fine, tra tanti settori in crisi, la Gdo può addirittura avere guadagnato durante il Coronavirus. Conferma? L’obiettivo di superare i 10 miliardi di fatturato quest’anno è da rivedere al rialzo?
"No, rimane tutto invariato. È vero che i 2.300 punti vendita di prossimità hanno avuto performance eccellenti per quella dinamica comunale di cui parlavamo prima, ma al tempo stesso ci sono stati i grandi ipermercati che hanno reso meno dell’anno precedente. E non dimentichiamoci che Metro, che ha una clientela prettamente business, ha avuto un drastico calo di fatturato. Dunque direi che alla fine chiuderemo l’anno in linea con le attese pre-Covid, perché per compensare il mancato fatturato di un grande ipermercato servono fino a 50 piccoli punti vendita". 

Tornando al lockdown possibile, come vi siete preparati?
"Abbiamo rinforzato l’e-commerce e il click and collect, sia per quanto riguarda logistica e consegna, sia per quello che concerne l’infrastruttura di portale. Poi abbiamo fatto ulteriori scorte, c’è una maggiore disponibilità di prodotto rispetto alla normale necessità e abbiamo dei corsi di formazione al personale per la gestione dell’emergenza".

Durante la prima ondata il web è stato preso d’assalto. Alcuni supermercati hanno creato delle code virtuali che potevano durare anche 7-8 ore. Sarà ancora così?
"Non credo anche se iniziano a segnalarmi qualche rallentamento. La certezza da cui parto è che c’è più offerta di prima, tutti quelli che dovevano rinforzare l’attività virtuale l’hanno fatto. Un po’ mi spiace perché non vorrei che la gente si abituasse troppo all’e-commerce, continuo a preferire il punto vendita, anche se ovviamente non sono contrario alle vendite online". 

Dunque una seconda ondata più “soft” dal vostro punto di vista?
"Mah, non direi. Abbiamo un fenomeno diverso. A marzo aprile la divisione era netta: c’erano persone che stavano molto male e tutti gli altri che stavano benissimo. Non avevamo timori che potessero esserci defezioni di sorta nel nostro organico. In questa seconda ondata mi sembra che il virus sia molto più pervasivo rispetto a prima, e dovremo mettere in conto che potrebbero esserci defezioni lungo tutta la catena della grande distribuzione. In questo momento, quindi, siamo più interessati a eventuali contratti a termine o a somministrazione tramite cooperative". 

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