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Economia
Ubi, CariCuneo non bada al rosso: 120 mln in fumo se fallisce l'Ops di Intesa

Nella battaglia su Ubi Banca, condotta a colpi (bassi) di carte bollate e ricorsi, pochi si chiedono chi ci guadagna e chi ci perde dall’eventuale fusione con Intesa-Sanpaolo. Il tema al di là dello scontro di potere riguarda gli azionisti, cioè tutti quelli a partire dai soci forti di Ubi, che hanno investito negli ultimi anni sui titoli della banca bergamasca-bresciana.  

I conti dovrebbe farli soprattutto Giandomenico Genta, il presidente della Fondazione della Cassa di risparmio di Cuneo, primo azionista del patto Car, tra i più fieri oppositori della fusione con Intesa. Se al di là della diatriba tutta di potere, si guardasse al ritorno economico che Ubi ha dato alla Fondazione (e a tutti  pattisti che oggi si oppongono alla presa di controllo da parte di Intesa) si scoprirebbe una realtà assai amara. 

La Fondazione di Cuneo forte del 5,91% di possesso del capitale di Ubi ha solo perso soldi come socio forte di Ubi. I titoli Ubi oggi sono in carico alla Fondazione a un valore di 3,76 euro. Quel 5,91% di quota della banca è a bilancio a 253,9 milioni di euro, la partecipazione più importante del portafoglio della Fondazione presieduta da Genta. 

Un valore ben lontano dal valore di mercato attuale della banca che pur è salito nelle ultime settimane. Al prezzo di oggi di 2,85 euro per azione, il pacchetto in mano alla fondazione vale solo 193 milioni con una minusvalenza potenziale di circa 60 milioni sui valori di carico. L’avventura in Ubi da parte della Fondazione ha solo distrutto valore negli anni. La Fondazione ha partecipato ai due aumenti di capitale della banca quello del 2011 e quello più recente del 2017. Ha sempre aperto il portafoglio sottoscrivendo i titoli e portando la quota di possesso da poco più del 2% al 5,91% attuale. Ha già svalutato una volta i titoli. L’ha fatto nel 2016 rettificando di 111 milioni il valore della sua partecipazione. 

Nonostante questo e pur partecipando a tutti gli aumenti di capitale, oggi la Fondazione ha una perdita potenziale sul suo principale investimento di 60 milioni. Non poco. E attenzione, questo se la fusione andrà in porto. Se al contrario l’Ops dovesse fallire allora la perdita teorica si aggraverebbe. Quel valore di 2,85 euro odierno incorpora già il premio del 28% offerto da Intesa. Se la fusione fallisse, come auspica Genta che ritiene l’offerta inaccettabile, allora il titolo Ubi precipiterebbe perdendo in un colpo solo quasi un terzo del valore. Il ritorno ai blocchi di partenza porterebbe il titolo a scendere a livelli intorno a 2 euro. 

E a questo punto la perdita raddoppierebbe da 60 milioni a 120 milioni. E i dividendi incassati in tutti questi anni, 25 milioni dal 2015 al 2019 e circa 60 milioni da quando la Fondazione è azionista di Ubi, non compenserebbero il valore bruciato negli anni dalla discesa delle quotazioni. 

Un cul de sac da cui è quasi impossibile uscire. Per recuperare le perdite il titolo dovrebbe nei prossimi anni salire a razzo. Cosa difficile con l’aria che tira sulle banche per la pandemia Covid e ancora più improbabile se Ubi rimanesse sola sul mercato.

Perdite milionarie anche per la Fondazione banca del Monte di Lombardia

Ma la Fondazione di Cuneo non è l’unica ad aver perso soldi su Ubi. Anche l’altro socio forte, la Fondazione banca del Monte che ha il 3,95% del capitale ha in carico i titoli a prezzi vicini ai 3,9 euro. Anche per la Fondazione pavese il “buco” teorico oggi è di almeno 50 milioni che salirebbero a 90 milioni in caso di fallimento dell’Ops.

I conti in tasca ai “pattisti” di Ubi

Il valore bruciato su Ubi vale per quasi tutti i cosiddetti pattisti della banca. Quei soggetti imprenditoriali da Bosatelli a Andreoletti, dai Radice ai Gussalli Beretta, LucchiniBombassei, fino ai Pilenga, solo per citare alcune famiglie che hanno “blindato” la banca con i tre patti di sindacato (Car; patto dei Mille, sindacato azionisti Ubi) che insieme raccolgono il 28% del capitale dell’istituto. 

La gran parte di loro ha in carico i titoli a valori vicini ai 4 euro, quando oggi la banca ne vale 2,85. Una perdita secca teorica del 30% che salirebbe vicino al 50% se fallisse l’operazione Intesa e il titolo Ubi perdesse il premio dell’Ops. Mentre ci si arrocca contro il nuovo padrone, qualche piccolo conto della serva andrebbe pur fatto sul valore perso in Ubi in tutti questi anni. 

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