Web tax, gli italiani la vogliono. Ogni anno 5 miliardi sottratti al Fisco
Secondo il Diario dell'Innovazione, una ricerca Agi-Censis presentata all'#internetday più della metà della popolazione (55%) vorrebbe la web tax
Più della metà degli italiani vuole la web tax. Il Diario dell'Innovazione Agi-Censis "Uomini, robot e tasse: il dilemma digitale", una ricerca presentata oggi al Maxxi di Roma in occasione dell'#internetday, appuntamento a cui Affaritaliani.it era presente tra i protagonisti, dà indirettamente una risposta al dibattito sul mancato prelievo fiscale ai danni dei colossi a stelle e strisce del web come Google, Facebook, E.Bay, Amazon, AirBnB, che ha fatto capolino anche nelle Primarie del Pd. Un dibattito che ha visto d'accordo Matteo Renzi e Andrea Orlando nel cercare di risolvere la questione in sede europea, mentre Michele Emiliano andare controcorrente. Il governatore della Puglia ha ripreso la posizione, recentemente anche espressa dal compagno di partito Francesco Boccia, d'intervenire invece, in sede nazionale. D'imperio, dunque: l'Italia dovrebbe così muoversi come un cane sciolto nel Vecchio Continente, senza attendere le lungaggini Ue.
Il tema è molto sentito. Non soltanto in sede politica. Il motivo? In ballo, secondo alcune stime, ci sono un'erosione della base imponibile nazionale superiore ai 30 miliardi di euro e un mancato gettito per le casse dello Stato che va dai 4 ai 5 miliardi l'anno. Circa 50-70 miliardi l’anno di tasse non pagate, invece, in tutta Europa.
Il meccanismo elusivo, come ha ipotizzato oggi la Procura di Milano procedendo nei confronti di Amazon, il gigante dell'e-commerce fondato da Jeff Bezos, è quello di portare la sede europea, da parte della varie Apple, Facebook, Amazon, Twitter, ecc... in Paesi a fiscalità vantaggiosa (dove la corporate tax, come l'Irlanda, è di molto inferiore alla media Ue) evitando così di pagare le tasse in ogni singolo stato membro dell'Unione (dove comunque viene realizzato il fatturato).
Al momento, però, in sede comunitaria non c’è identità di vedute e un accordo sul regime fiscale da adottare che potrebbe anche obbligare i colossi del web a pagare le tasse per le loro attività in Italia. Ebbene, secondo la ricerca Agi-Censis, più della metà della popolazione (55%) vorrebbe la web tax. Gettito, oltretutto, che potrebbe andare a risolvere il problema cronico dei nostri conti pubblici in cerca di preziose risorse economiche per evitare le clausole di salvaguardia che pendono come una mannaia sull'Iva o finanziare il taglio dell'Irpef. Tanto caro in questo momento a Matteo Renzi.
Nel report, si legge che in un contesto in cui i grandi operatori della web economy (quelli che mettono in contatto domanda e offerta di beni e servizi basati su internet) sono sempre più dematerializzati e delocalizzati, "da più parti si sostiene che non sia accettabile che si dematerializzino e delocalizzino (nei paradisi fiscali) anche i ricavi generati. Più della metà della popolazione italiana, quindi, concorda nel ritenere opportuna una legge in grado di tassare i profitti generati in Italia dai più grandi soggetti web con sede legale in Paesi a fiscalità privilegiata".
Nel complesso, sembra dunque che la volontà del governo italiano di proporre un simile provvedimento agli altri Paesi dell'Ue durante il prossimo G7 delle Finanze in programma a Bari dall'11 al 13 maggio 2017 "goda dei consensi della maggior parte degli italiani".
Si avverte anche (tema sentito soprattutto tra i giovani) di fare attenzione a eventuali ricadute finali sugli utenti. "Bisogna però considerare - spiega infatti il Diario dell'Innovazione - che il 27,6% degli intervistati ritiene che la questione non possa o non vada affrontata a livello nazionale ma che vada demandata a un livello sovranazionale come l'Unione Europea. Inoltre, bisogna registrare anche la posizione - minoritaria nel Paese ma maggiormente sentita dalle giovani generazioni (27,5%) - di chi pensa che una legge del genere possa rivelarsi dannosa riverberandosi sui costi dei servizi web per l'utente finale". Se ne riparla fra due settimane, in sede G7.