Bring Her Back: orrore, lutto e paura cieca nel film nel nuovo film dei fratelli Philippou - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 13:52

Bring Her Back: orrore, lutto e paura cieca nel film nel nuovo film dei fratelli Philippou

Un incubo che scava nel lutto e lo trasforma in orrore puro. Il secondo film dei gemelli Philippou è un pugno nello stomaco e la consacrazione di una nuova era per il cinema horror

Un incubo che scava nel lutto e lo trasforma in orrore puro. Il secondo film dei gemelli Philippou è un pugno nello stomaco e la consacrazione di una nuova era per il cinema horror.

Un rituale, una casa isolata e il dolore che diventa follia: la trama

Dopo il successo clamoroso di Talk to Me, i gemelli australiani Danny e Michael Philippou tornano e fanno centro con Bring Her Back – Torna da me (dal 30 luglio al cinema). La loro è una favola nera dove il trauma e la perdita vengono esplorati fino all’estremo, senza nessuna pietà.

Andy (Billy Barratt), diciassettenne fragile e protettivo, perde il padre e si ritrova, con la sorellina ipovedente Piper (Sora Wong), affidato a Laura (Sally Hawkins), una ex assistente sociale che nasconde più ombre che consolazione. In questa casa isolata regna un’atmosfera inquietante: c’è anche Oliver, un altro ragazzino segnato dal silenzio del trauma. Tutto si complica quando Andy e Piper scoprono che dietro la gentilezza di Laura si nasconde un’ossessione disperata: riportare in vita la figlia morta, grazie a un rituale occulto custodito su una vecchia videocassetta VHS.

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Un horror che non si dimentica: perché Bring Her Back fa così male

Dimenticatevi i jump scare facili. Bring Her Back – Torna da me è un horror che lavora sulla pelle, sulle emozioni più primitive, sulla paura di perdere chi si ama. I Philippou non si accontentano di spaventare: vogliono ferire, coinvolgere, portare lo spettatore in un labirinto di dolore e follia.

La vera forza del film? Sta nella capacità di trasformare il trauma in body horror, senza mai dimenticare il realismo psicologico dei personaggi. La tensione cresce scena dopo scena, in un crescendo che passa da inquietudini quotidiane a un’esplosione finale di violenza, sangue, possessioni e rituali da incubo. E quando credi di aver capito dove va a parare la storia, i Philippou ti sorprendono con colpi bassi degni dei migliori cult del genere.

Sally Hawkins, una “madre” inquietante e indimenticabile

Laura, interpretata da una gigantesca Sally Hawkins, è il cuore nero del film. Madre distrutta dal lutto, è disposta a tutto pur di riavere la figlia: manipolatrice, affettuosa e terribilmente inquietante. Il suo volto è quello di chi ha varcato il limite tra amore e follia. La Hawkins regala una performance da Oscar, mai caricaturale, profondamente umana e insieme mostruosa. Le sue scelte sono disturbanti, ma comprensibili. Siamo noi, se perdessimo tutto.

Billy Barratt e Sora Wong sono due rivelazioni: il loro legame fraterno è la vera anima emotiva della storia, e i Philippou sanno farli brillare senza mai ricorrere a facili pietismi.

Oltre l’horror: il dolore come ossessione e il rischio della redenzione

La domanda che il film ti lascia addosso – ben oltre la fine dei titoli di coda – è questa: fin dove siamo disposti a spingerci per superare un lutto insopportabile? Il dolore può trasformarci in mostri, o è il mondo che non sa ascoltarci? Il film affonda le mani nelle paure più intime e nei tabù della società: il male non arriva dall’esterno, ma nasce dal bisogno disperato di riparare una perdita che non si può accettare.

Il riferimento a Pet Sematary, Hereditary, La zampa di scimmia non è casuale: Bring Her Back è un nuovo capitolo nella storia dell’horror che parla di lutto e ossessione. Ma, a differenza dei suoi modelli, il film dei Philippou trova un finale ancora più spietato, senza alcuna vera catarsi.

Estetica, ritmo, colpi di scena: la regia dei Philippou è già cult

Il film mescola un’estetica “vintage” (le VHS, la casa polverosa) con un montaggio serrato e modernissimo, capace di tenere la tensione costante. Il crescendo è inarrestabile: dal sottile disagio al delirio totale, con sequenze di body horror e cannibalismo che non risparmiano nemmeno i più forti di stomaco.

Ma ciò che resta davvero è la sensazione che qualcosa di malato ti sia entrato sotto pelle: Bring Her Back è un film che “ti segue fuori dalla sala”, come solo i grandi horror sanno fare. Se cercate facili soluzioni, non è il film per voi: qui si soffre, si teme, si piange. E alla fine si applaude.