Gaza, l'esperta non ha dubbi: “Hamas fa di tutto per ostacolare la tregua”. E le critiche all'Europa non possono mancare - Affaritaliani.it

Esteri

Ultimo aggiornamento: 14:05

Gaza, l'esperta non ha dubbi: “Hamas fa di tutto per ostacolare la tregua”. E le critiche all'Europa non possono mancare

Intervista a Fiamma Nirenstein, giornalista, scrittrice e politica

di Federica Leccese

“Hamas vuole bloccare la tregua, ma Netanyahu e Trump glielo impediranno. L’Europa? Assente per i suoi troppi pregiudizi” 

Seppur tra molte difficoltà e qualche inciampo, la tregua tra Israele e Hamas sembra proseguire. Restano tuttavia numerosi dubbi e interrogativi: questa pace durerà davvero o si tratta solo di una pausa tattica prima che tutto ricominci da capo?

A chiarire ogni incertezza è Fiamma Nirenstein - giornalista, scrittrice e politica italiana - che ad Affaritaliani racconta come, da un lato, Hamas stia tentando di ostacolare la tregua, ma dall'altro Netanyahu e Trump siano pronti a reagire per impedirglielo. In questa cornice di cauto ottimismo non manca però una forte critica all’Europa, assente da questo scenario a causa dei suoi “pregiudizi nei confronti di Israele”.

La tregua a Gaza sembra un sospiro di sollievo dopo mesi di orrore. Ma secondo lei reggerà davvero, o è solo una pausa tattica prima che ricominci tutto da capo?

“Né l’una né l’altra cosa. Questa tregua è un tentativo in fieri che coinvolge molti attori, come si è visto nella riunione di Sharm el-Sheikh, con interessi e nature completamente diverse, talvolta anche contrapposte. Per esempio, l’Egitto e la Turchia non hanno rapporti particolarmente affettuosi: nel momento in cui l’Egitto è entrato nella Striscia di Gaza con le sue macchine scavatrici per cercare – o fingere di cercare – i corpi dei rapiti da restituire a Israele, perché Hamas sosteneva di non riuscire a trovarli, la Turchia voleva fare la stessa cosa. In questo modo avrebbe messo un piede “dentro casa”, stabilendo una propria presenza già nella prima fase della tregua, per poi essere parte anche della seconda, quella in cui si definirà la gestione futura della Striscia. Tuttavia, è stata estromessa fin dall’inizio, probabilmente anche grazie all’intervento dell’Egitto. 

Dall’altra parte c’è poi lo scontento del Qatar, che insieme alla Turchia rappresenta una delle colonne della Fratellanza Musulmana, di cui Hamas fa parte. Sul fronte opposto, quello del gruppo moderato, troviamo invece Arabia Saudita, Giordania ed Egitto: sono questi i Paesi ai quali Israele può più facilmente pensare di affidare parte del futuro di Gaza. 

Al centro di tutta questa vicenda rimane però la presenza cruciale degli Stati Uniti. Fino a questo punto, si nota che Hamas fa di tutto per impedire che le cose vadano avanti: ha già infranto la tregua sparando contro l’esercito israeliano – che invece teneva le sue posizioni – e non restituendo i corpi che avrebbe dovuto consegnare nella prima fase.

E qui sta la chiave del problema: nella seconda fase Hamas dovrebbe consegnare le armi e sparire come forza dirigente dell’area. Siccome non vuole farlo, cerca in tutti i modi di bloccare l’accordo. Dall’altra parte, però, si sono visti sia Trump che Netanyahu dichiarare più volte che non permetteranno a Hamas di bloccare tutto: se Hamas non arresterà da solo la propria resistenza al passaggio alla seconda fase, ci penseranno loro. Trump lo ha già ripetuto due o tre volte.

Siamo quindi davanti a un delicato gioco di equilibri internazionali e di forze. Io ho fiducia che, con calma, pazienza e intelligenza, le cose possano andare avanti: non su un sentiero diritto, ma su un percorso complesso, tortuoso, talvolta in salita e talvolta in discesa. Tuttavia, questo sentiero esiste, perché conviene a tutte le forze positive. Ciò che purtroppo non vedo è una presenza europea: l’Europa non riesce a entrare in questo gioco, perché ha mostrato troppi pregiudizi nei confronti di Israele e non riesce a superare i propri problemi interni”.

Sul fronte israeliano, Netanyahu appare sotto pressione: da un lato gli alleati interni che chiedono di “finire il lavoro”, dall’altro la comunità internazionale che invoca moderazione. Quale scenario politico vede per Israele dopo questa tregua?

“Vedo uno scenario politico in cui Netanyahu tiene saldamente il volante e può vantare risultati che nessuno si sarebbe aspettato: Israele è uscito da due anni di guerra terribile e da una tragedia spaventosa, quella del barbaro attacco di Hamas entro i suoi confini.

Nessuno avrebbe immaginato che sarebbe riuscito, con l’aiuto degli Stati Uniti, a bombardare i reattori nucleari iraniani, distruggere il suo peggior nemico – Hezbollah – uccidendo Hassan Nasrallah, che sembrava immortale, e gestire rapporti completamente rinnovati con una Siria liberata da Assad. Ha quasi distrutto gli Houthi, che continuavano a bombardare dallo Yemen, e ha ridotto Hamas ai minimi termini, riportando a casa tutti gli ostaggi.

Anche qui devo notare che non c’è mai stato un impegno diretto dell’Europa per la liberazione degli ostaggi: l’unico a essersi realmente impegnato sono stati gli Stati Uniti. Netanyahu, comunque, ha mantenuto saldamente la guida: quando, ai tempi di Biden, si cercava di bloccarlo, di impedirgli di entrare a Rafah o di mantenere le posizioni nel corridoio di Philadelphia – che è una sorta di autostrada per il traffico di armi e terroristi dall’Egitto – lui ha resistito, nonostante le pressioni internazionali.

Mi sembra che ora stia gestendo una situazione naturalmente difficile: Israele ha combattuto su sette fronti, più quello internazionale, quello dell’antisemitismo mostruoso, aggressivo, che rischia di distruggere l’Europa più ancora che Israele. Ricordiamolo sempre: l’antisemitismo è stato il motore della Seconda guerra mondiale e ha distrutto l’Europa insieme agli ebrei. Oggi ci troviamo di nuovo di fronte a un’ondata, a uno tsunami di antisemitismo di cui ci si dovrebbe solo vergognare, e che invece viene propagato da tutte le parti, anche in Italia, molto fortemente.”

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