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Esteri
Golpe in Turchia, ecco perché è fallito il tentativo dei militari

"Ci possono certamente essere molte spiegazioni per quanto è accaduto in Turchia. Una parte dell'esercito, evidentemente minoritaria, voleva fermare la deriva islamista sempre più forte che ha ormai assunto la presidenza di Erdogan e, forse, era anche spalleggiata da qualche potenza straniera che poi si è defilata". Lo afferma in un'intervista ad Affaritaliani.it Arduino Paniccia, docente di Studi strategici all'Università di Trieste e direttore della nuova Scuola di Competizione Internazionale in collaborazione con Ca' Foscari a Venezia. "Una parte della Turchia e della dirigenza laica ha quindi cercato di fermare il presidente ma in maniera improvvisata e senza avere dietro di sé tutte le Forze Armate. Bastava guardare le dirette televisive per capire quanto i golpisti fossere insufficientemente preparati. Non solo, la loro capacità di attrazione della popolazione è stata praticamente pari a zero. Definirei questo tentato golpe improvvido e improvvisato, ma all'interno delle segreterie e dei poteri quanto accaduto dimostra che c'era della cenere che covava da tempo".

IL RUOLO DI RUSSIA E USA - "Quando le televisioni internazionali dicevano che Lavrov e Kerry (i ministri degli Esteri di Russia e Stati Uniti, ndr) guardavano con 'attenzione' a quanto stava accadendo in Turchia era ovvio che non intedevano soltanto il monitoraggio di questa mossa improvvisata di alcuni militari che hanno schierato i carri armati sul territorio. Evidemente c'è stata un'indecisione internazionale, a partire dagi Usa, che ha traformato quello che poteva essere un vero e proprio colpo di stato in un campanello d'allarme per la gestione islamista e autoritaria del Paese da parte di Erdogan".

MA NON C'E' PACE PER LA TURCHIA - "Ad ogni modo continuerà la fase di destabilizzazione della Turchia. I terroristi mordono la mano del padrone che ha allentato i legami ed è stato attaccato ferocemente. Non solo, la società turca è profondamente spaccata, anche se Erdogan ha dimostrato di avere ancora una certa capacità carismatica nei confronti del suo popolo che in parte lo ha ascoltato. Ma se andassimo alla conta probabilmente quelli che stanno con il presidente sono una minoranza della popolazione e, come tutte le cose legate all'umore del popolo, il vento può cambiare da un momento all'altro. Se ci fosse poi un peggioramento della crisi economica strisciante, con un'ulteriore caduta del turismo, non è affatto escluso che i militari possano ripensarci, però questa volta in scala più ampia e con un colpo di stato maggiormente preparato".

CHE COSA ACCADE ORA - "Nei commenti internazionali di politici e analisti non ho mai notato, celata dietro le parole, una simpatia così forte per i militari. La speranza di molti era evidentemente che il golpe dell'esercito andasse a buon fine. E questo la dice lunga su cosa pensa l'opinione pubblica mondiale, soprattutto russa ed europea, sulla possibile implosione della Turchia con una conseguente destabilizzazione di tutta l'area del Mediterraneo. Sicuramente la politica di Erdogan di riempiere i vuoti lasciati dagli Stati Uniti, che con Obama hanno avuto una visione incerta, è stata fallimentare. Gli ultimi volteggiamenti di Erdogan, dall'alleanza con Israele al tentativo di chiedere scusa a Putin, non hanno convinto nessuno. Come si potrebbe ora arrivare ad un cambio di rotta in Turchia? Dovrebbe essere appoggiato in primis dall'Unione europea, che però è anch'essa piena di problemi dopo la Brexit e non credo abbia voglia di dare una mano ad Erdogan. Gli Stati Uniti sono in una fase di transizione, visto che sta terminando la presidenza Obama, e la Russia come sempre starà a guardare interessata soltanto che le sue operazioni militari non vengano ostacolate in quell'area. In definitiva, dovrebbe esserci un miracolo per poter avere una nuova attività carismatica di Erdogan. Tutto può succedere, ma la vedo veramente dura".

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