Trump first, America second. Donald attacca la Siria per coprire i suoi errori
Donald Trump ha deciso di nascondere lo sporco. Ma invece del tappeto ha usato le bombe. L'attacco alla Siria, motivato dalla necessaria reazione del mondo libero all'orrore delle armi chimiche che sarebbero state utilizzate dal regime di Assad, serve al presidente degli Stati Uniti soprattutto per affrancarsi dal pantano interno in cui si è ritrovato a soli tre mesi dalla sua elezione alla Casa Bianca.
Il fallimento sull'Obamacare brucia, tantissimo. Lo smantellamento della riforma della sanità di Barack Obama era tra i capisaldi della campagna elettorale di Trump. E il neo presidente ha dovuto disattendere la promessa che aveva fatto agli elettori repubblicani. Altro caso spinoso: la Corte Suprema. Anche in quel caso l'inquilino della Casa Bianca sta faticando più del previsto.
Con i raid in Siria, Trump cerca probabilmente di ottenere un altro risultato: quello di disallinearsi dalla Russia. L'inchiesta sui presunti legami del tycoon e del suo team con il Cremlino preoccupa e non poco il presidente. Attaccare Assad, da sempre vicino a Mosca, dà il messaggio che Trump non è eterodiretto da Vladimir Putin. Il problema ora sarà capire le conseguenze e la portata dell'attacco. E' solo un attacco "una tantum", come hanno detto a Washington, oppure è il preludio a un'azione più concreta? Una cosa è certa: Trump ha disatteso le sue promesse elettorali di non interventismo in Medio Oriente. E lo slogan America First? Va rivisto: al massimo è America Second. Per primo viene sempre Donald Trump.
@LorenzoLamperti