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Facciamo il punto sulla Brexit

Sono passati una ventina di giorni dalla Brexit, e ancora non sappiamo quali saranno le conseguenze sui mercati finanziari a lungo termine. Per il Fondo Monetario Internazionale con la Brexit l'Ue può avere ora maggiori libertà per implementare le riforme. Ne è convinta il direttore esecutivo del Fmi, Christine Lagarde, la quale ha spiegato di aver sentito commissari europei, uno dopo l'altro, dire durante alcune sedute: “questo è così complicato, non possiamo farlo a causa del Regno Unito”.

“Forse ci sono cose che si dovrebbero prendere in considerazione, ora che gli inglesi non sono più seduti al tavolo" commenta Lagarde, e ha aggiunto “l'Unione europea potrebbe tirare fuori il meglio dalla Brexit”.

Tuttavia la ripresa economica dell'area euro si è rafforzata di recente, ma al tempo stesso "i rischi di rallentamento sono aumentati", avverte il Fondo monetario internazionale nel suo rapporto sull'Unione valutaria. E il ritmo di espansione è destinato a decelerare, dall'1,6% di quest'anno all'1,4% nel 2017 .

Vediamo ora l’Italia: dopo la Brexit peggiora il sentiment sull'economia italiana. Il "Sentiment Index” degli investitori professionali italiani, svolto da CFA Italy in collaborazione con Il Sole 24 Ore Radiocor Plus presso i suoi soci tra il 20 ed il 30 giugno 2016 (dunque a cavallo del Brexit), scende per la prima volta sotto quota zero facendo segnare per il mese di luglio un valore pari a -4,7. L'indice segna dunque un calo di 38 punti rispetto alla rilevazione di giugno. Sebbene il 51,6% circa degli intervistati non si attenda variazioni di rilievo per l'economia italiana nei prossimi sei mesi, circa il 26,6% segnala l'attesa di un possibile peggioramento, contro un 22% circa che si dice positivo per il prossimo semestre.

Relativamente positive, invece, le aspettative di rendimenti sui mercati azionari. Sulle valute permane l'attesa per un relativo apprezzamento del dollaro Usa contro l'euro mentre sul petrolio il 61% circa degli intervistati ritiene che i prezzi si manterranno attorno agli attuali livelli.

Secondo BankItalia la Brexit potrebbe arrivare ad avere un effetto complessivo sul Pil italiano pari allo 0,25% nel triennio 2016-2018. "Conseguenze riconducibili ai legami commerciali, comunque limitate - ha spiegato Visco - potrebbero emergere nel caso di un forte rallentamento dell'economia britannica: una flessione delle importazioni del Regno Unito del 10%, attorno al limite superiore delle valutazioni dei principali analisti, avrebbe un effetto complessivo sul livello del prodotto italiano dell'ordine di un quarto di punto percentuale nel triennio 2016-18".

Secondo molti commentatori è difficile che la Brexit si tramuti in una crisi sistemica simile a quella scatenata dal fallimento di Lehman e gli investitori dovrebbero essere cauti nel supporre la presenza di una forte correlazione tra i fondamentali economici e lo scenario politico.  La Brexit rappresenta sicuramente una crisi politica, ma non per forza anche del sistema finanziario.

Di positivo però c’è da sottolineare che, in parte grazie alla Brexit, potrebbero migliorare i flussi di capitale verso i Mercati Emergenti e portare a un miglioramento delle condizioni finanziarie di questi Paesi.

Nel frattempo Moody's taglia stime Pil Ue e GB. Ma per l'agenzia di rating, tuttavia, il maggiore rischio connesso all'esito del referendum è un contagio politico tra i Paesi Ue.

Non si è invece sbilanciato Mario Draghi durante un recente convegno sulle banche centrali. A fronte di un intervento rigorosamente attinente al tema del convegno (le statistiche e il loro utilizzo ai fini delle Banche centrali) dal presidente della Bce non sono giunte disgressioni sul problema di più stretta attualità, la Brexit e le sue ricadute. Invece ha lanciato richiami sulla necessità di armonizzare gli indicatori nel settore bancario e di estendere la copertura dei dati a settori che ancora sfuggono alla statistica, e in questo modo ai controlli, come il "settore bancario ombra".

"Esistono alcune aree importanti del settore finanziario dove non abbiamo copertura statistica, specialmente per quanto riguarda quello che chiamiamo settore bancario ombra. Queste aree includono alcuni prodotti e strumenti di mercato complessi".

"Come ha sottolineato l'industria del ramo, la mancanza di standardizzazione aumenta i costi per il settore privato e aumenta i rischi di fraintendimenti e errori. Armonizzare le modalità con cui si inquadrano le controparti, le transazioni, i prodotti e in generale i requisiti di comunicazione fa parte del nostro mandato e probabilmente è il modo migliore di procedere. So che è più facile a dirsi che a farsi ma l'aver stabilito la vigilanza unica europea sotto l'egida della Bce, e di tre autorità Ue, ci fornisce una opportunità unica di procedere su questa strada".