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Crisi, sempre più migranti in fuga dal clima: 250mln di sfollati entro il 2050

A pesare su questo quadro giuridico, che da un lato non ammette l’esistenza di un migrante climatico “assoluto” e dall’altro non lo associa nemmeno al “rifugiato economico”, si inserisce il concetto di vulnerabilità. Secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) la vulnerabilità è la “propensione o predisposizione ad essere affetti negativamente dai cambiamenti climatici”, e la “mancanza di capacità di far fronte ad essi e adattarsi”. Spesso, infatti, tali tipologie di migrazioni si scatenano da una concausa di fattori, riassumibili– secondo l’IDMC– in “disastri” e “rischi correlati”. I primi rapidi e non prevedibili, come terremoti e inondazioni, sconvolgono nell’immediato; mentre i secondi, lenti e durevoli, come siccità ed erosione, incidono sul lungo periodo. Entrambi però sono legati da un filo comune: l’impatto sullo spostamento. Un impatto che lega insieme, in modo inevitabile, gli effetti imminenti dei primi con le conseguenze economiche, sociali e strutturali dei secondi. Per questo, anche sul fronte giuridico, è difficile inquadrare il “rifugiato climatico”, non tenendo conto della complessità e della correlazione tra le cause.

Cambiamento climatico e migrazioni: un fenomeno non "democratico" 

La vulnerabilità del fenomeno migratorio, secondo i ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), si sviluppa soprattutto in determinate aree, come America Latina, Caraibi, Sud-est asiatico, regione del Sahel e Africa Sub-Sahariana. Secondo però un andamento “poco democratico”. L’analisi pubblicata su Nature Climate Change dimostra infatti che “il fattore ambiente influisce meno su paesi ad alto e bassissimo reddito”, perché da una parte– spiega Roman Hoffmann, autore dello studio– “nei paesi più poveri non si dispone delle risorse per partire, tanto che migliaia di persone rimangono intrappolate e continuano a subire il cambiamento climatico”, mentre dall'altra “quelli più ricchi hanno mezzi economici tali da assorbirne le conseguenze". L’unica soluzione davvero efficace– secondo gli esperti– “sarà stabilizzare il clima globale riducendo già da ora le emissioni di gas serra sprigionate dai combustibili fossili”.

Sulla stessa scia a fare il punto è anche la Banca mondiale che nel 2018, studiando gli effetti del cambiamento climatico in atto in Africa subsahariana, Asia meridionale e America Latina ha stimato, come detto in precedenza, migrazioni interne di 143 milioni di persone entro il 2050. Nello specifico, 86 milioni in Africa, 40 in Asia del Sud e 17 in America Latina. Numeri che, secondo l’UNHCR e l'OIM, potranno invece raggiungere entro lo stesso anno, cifre molto più consistenti, tra le 200-250 milioni. In un futuro non troppo remoto, sei milioni di persone all’anno sanno così costrette a fuggire da un clima sempre più “invivibile”. 

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