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Migranti climatici in fuga dalla crisi: uno sguardo verso l'Asia meridionale

Eventi estremi, flussi migratori interni, condizioni vulnerabili ed estrema povertà, una combinazione di fattori che non colpisce solo l’Africa subsahariana e l’America centrale, ma anche l’Asia meridionale. Un’area geografica che comprende diversi paesi come Bangladesh, Afghanistan, Bhutan, India, Maldive, Nepal, Pakistan e Sri Lanka, definita dal gruppo intergovernativo dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) come uno dei “punti caldi del cambiamento climatico”. Un “climate change hotspot”, nel quale i fenomeni naturali (spesso devastanti) si combinano con una grande concentrazione di persone vulnerabili, povere ed emarginate.

Ma non è l’unico. Infatti secondo uno studio pubblicato sulla piattaforma digitale SpringerLink a rientrare in tale categoria sarebbero anche tutte quelle aree circoscritte ai delta dei fiumi, le regioni semi-aride di Africa e di Asia meridionale e centrale e le fasce di terra vicine ai bacini fluviali dipendenti da ghiacciai. Territori fragili da una parte, ma estremamente essenziali dall’altra. È infatti intorno a questi “punti caldi” che la maggior parte della popolazione dell’Asia meridionale, si concentra e vive.

Per il report a rendere così vulnerabile il territorio è essenzialmente la compresenza di due fenomeni. Il primo, piuttosto evidente, riguarda la ricorrenza periodica di pericoli naturali come inondazioni, mareggiate, siccità, cicloni e forti precipitazioni. Il secondo, forse più nascosto, interessa la configurazione della vita lavorativa e sociale: la maggior parte della popolazione dipende infatti da mezzi di sussistenza legati al clima, come pesca e agricoltura.

Nel momento in cui tra strumenti, condizioni e aspettativa di vita non c’è più una giusta correlazione, l’unica scelta (possibile) è migrare. Un viaggio che in quest’area territoriale particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici- secondo quanto riporta il report- si verifica maggiormente entro i confini nazionali, anziché verso l’esterno. In particolare, se guardiamo ai numeri, la migrazione interna raggiunge il 37% in India, il 10% in Bangladesh, il 14% in Nepal e il 2% in Pakistan. 

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