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Osservatorio ANBI: l'Italia sotto assedio da eventi meteo estremi e crisi idrica
Gargano (ANBI): "Ribadiamo la necessità di nuove infrastrutture idrauliche multifunzionali, ma anche l’assunzione di politiche, che incentivino la permanenza nelle aree interne"

Osservatorio ANBI: l'Italia sotto assedio da eventi meteo estremi, tra grandinate record e crisi idrica crescente
Negli ultimi sei giorni, secondo quanto riportato dall’European Severe Weather Database (ESWD), l’Europa è stata colpita da ben 603 eventi meteorologici estremi, tra cui grandinate fuori stagione, tornado e nubifragi. La Francia è risultata il Paese più interessato da questi fenomeni, seguita dall’Italia, che ha registrato 129 episodi. In particolare, tra domenica e martedì scorsi si sono verificate 113 grandinate eccezionali sul territorio italiano. A Campobasso, ad esempio, i chicchi di grandine hanno raggiunto i sei centimetri di diametro, avvicinandosi per dimensioni a una pallina da tennis e pesando fino a 100 grammi. Anche in Campania, Calabria e Marche si sono verificati episodi simili, con grandine di dimensioni comprese tra i tre e i quattro centimetri, più grande di una pallina da golf, provocando danni significativi alle coltivazioni.
“Usando ormai comuni termini tennistici possiamo parlare di 113 match point con migliaia di smash sul territorio italiano. Solo che a riceverli non ci sono i campioni della Coppa Davis, ma comunità, soprattutto urbane, impreparate a gestire il consolidarsi dell’estremizzazione meteo; aumentarne la resilienza deve essere un obbiettivo prioritario per evitare di rincorrere nuove emergenze” ha dichiarato Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
Tali eventi estremi sono riconducibili all’interazione tra masse d’aria fredda in quota, generate ad alte altitudini, e un clima mediterraneo sempre più influenzato da caratteristiche tropicali. Il mese di giugno 2025 è stato segnato da temperature superiori ai 40°C, mentre le acque del Mediterraneo occidentale, comprese le coste italiane dalla Sardegna alla Calabria e alla Sicilia, hanno toccato i 28°C, evidenziando anomalie termiche di oltre tre gradi rispetto alla norma. Questo contrasto ha prodotto un’enorme quantità di energia nell’atmosfera, favorendo la formazione di grandinate estreme: l’aria umida in risalita ha incontrato l’aria fredda in quota, dando origine a chicchi di grandine attraverso il congelamento delle gocce d’acqua presenti.
Secondo Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI, “È evidente che l’instabilità meteo accentua il rischio idrogeologico pur in una situazione, che continua ad evidenziare zone di sofferenza idrica anche per uso potabile (Chieti, Avellino, Potenza, zone della Sicilia). Ribadiamo la necessità di nuove infrastrutture idrauliche multifunzionali, ma anche l’assunzione di politiche, che incentivino la permanenza nelle aree interne, evitandone l’abbandono e l’accentuarsi della pressione antropica lungo le coste, oggi le più esposte a violenti eventi meteo”.
I dati Copernicus confermano che maggio 2025 è stato, su scala globale, il secondo mese di maggio più caldo mai registrato, subito dopo quello del 2024. A livello europeo, invece, si è registrata una situazione meteorologica divisa: mentre l’Europa orientale, dal versante adriatico dell’Appennino fino all’Ucraina, ha vissuto temperature inferiori alla media, l’Europa occidentale ha registrato valori più elevati. Per la prima volta da settembre 2022, le anomalie termiche medie sono risultate negative (-0,29°C). Tuttavia, il Mar Mediterraneo occidentale ha continuato a registrare temperature superiori alla media per gran parte del mese.
L’ultimo bollettino settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche mette in evidenza come i livelli dei bacini idrici siano fortemente influenzati non solo dalle temperature elevate, ma anche dalla distribuzione irregolare delle precipitazioni, spesso brevi ma molto intense. Tali fenomeni hanno inciso soprattutto sulla portata dei fiumi a carattere torrentizio, con effetti più marcati nel Sud Italia e nelle isole.
Al Nord, i grandi laghi mantengono livelli idrometrici superiori alla media: il lago Sebino presenta un riempimento del 93%, mentre il Verbano ha addirittura superato il 100%, con l’unica eccezione del Lario. In Valle d’Aosta, le nevi residue si sono sciolte anche alle quote più elevate da diverse settimane e le temperature restano superiori allo zero persino sopra i 2500 metri, con punte massime fino a 19°C, come rilevato a Saint Rhemy en Bosses e al Gran San Bernardo. In aumento risulta la portata della Dora Baltea, mentre il torrente Lys mostra un lieve calo.
Negli ultimi sette giorni, il fiume Po ha visto dimezzarsi i propri flussi lungo l’intero corso, con una diminuzione che a Pontelagoscuro ha raggiunto un deficit del 37% rispetto alla media mensile. In Piemonte, la riduzione è ancora più marcata: il Tanaro ha registrato un calo del 73%. In Lombardia, invece, le riserve idriche si mantengono nella media stagionale con un volume complessivo pari a 2267,4 milioni di metri cubi. In Liguria si osserva un progressivo abbassamento dei livelli dei fiumi Entella, Magra, Vara e Argentina.
Anche in Veneto le portate dei fiumi Adige, Livenza e Brenta risultano in calo, mentre sono in aumento quelle del Muson dei Sassi e del Bacchiglione. L’Emilia-Romagna, fortemente colpita dagli eventi estremi, ha subìto frane, danni e allagamenti, in particolare nelle province di Modena e Reggio Emilia, dove le precipitazioni orarie hanno sfiorato i 60 millimetri. L’andamento idrometrico dei corsi d’acqua regionali è molto irregolare: alcuni bacini hanno registrato aumenti improvvisi, come nel caso del fiume Savio, la cui portata è salita da 2,28 a 50,25 mc/s in un solo giorno, mentre altri, come il Reno e il Taro, hanno mostrato cali significativi.
Nel Centro Italia, la situazione delle risorse idriche appare complessivamente stabile ma con tendenza al peggioramento. In Toscana si segnala un incremento della portata del fiume Arno, che risulta superiore del 211% rispetto alla media degli ultimi vent’anni. Nelle Marche, pur a fronte di una lieve diminuzione dei livelli fluviali, gli invasi si mantengono ben forniti con 53,81 milioni di metri cubi, dei quali un milione è stato già utilizzato per l’irrigazione durante le ultime due settimane di caldo estremo. In Umbria, l’elemento di maggiore preoccupazione è rappresentato dal continuo abbassamento del livello del lago Trasimeno, che ha toccato a Isola Polvese i -1,40 metri, ovvero 91 centimetri al di sotto della media storica.
Nel Lazio, secondo la Protezione Civile, il fiume Aniene ha subito un rapido innalzamento del livello – oltre un metro a Ponte Mammolo – a seguito di un violento nubifragio che ha scaricato 52 mm di pioggia in un’ora nella zona di Setteville-Case Rosse. Anche la portata del Velino è aumentata, seguita da un lieve incremento di quella del Tevere. Precipitazioni intense hanno colpito anche i Castelli Romani e i Colli Prenestini: a Frascati e San Cesareo si sono registrate cumulate rispettivamente di 90 e 85 mm in sole due ore, con conseguenti disagi e allagamenti.
Nel Meridione, sebbene si siano verificate grandinate localizzate ma violente, la prolungata stabilità atmosferica e le temperature elevate continuano ad aggravare la crisi idrica. In Basilicata, i volumi in uscita dalle dighe hanno raggiunto questa settimana i 9,71 milioni di metri cubi, con un deficit rispetto allo scorso anno di 42,55 milioni. In Puglia, nella zona della Capitanata, il deficit idrico rispetto al 2024 si attesta al 36,4%, con volumi trattenuti pari a 101,88 milioni di metri cubi, ovvero meno di un terzo della capacità invasabile. La diga di Occhito, pur avendo un potenziale di 250 milioni di metri cubi, dispone al momento di soli 36,81 milioni utilizzabili, escludendo il volume morto di 40 milioni.
Infine, in Sicilia, nel mese di maggio si è registrata una diminuzione delle riserve idriche pari a 7,17 milioni di metri cubi. A inizio giugno, i volumi complessivamente trattenuti dagli invasi ammontavano a 371,69 milioni di metri cubi, corrispondenti al 53,1% della capacità autorizzata (dati forniti dall’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia).