Trump, i big della Silicon Valley in processione per chiedere perdono - Affaritaliani.it

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Trump, i big della Silicon Valley in processione per chiedere perdono

Giuseppe Vatinno

I big della Silicon Valley in processione da Trump

Due giorni fa i capoccioni della Silicon Valley Usa sono andati in processione riparatoria dal Presidente eletto Donald Trump, in una specie di rito di Canossa collettivo, per farsi perdonare le critiche e gli atteggiamenti ostili che avevano tenuto contro il tycoon americano durante le elezioni.

Gli alti papaveri pervenuti in Trump Tower erano: Jeff Bezos (Amazon), Sherley Sandberg (Facebook), Ginni Rometly (Ibm), Satya Nadella (Microsoft), Tim Cook (Apple), Larry Page (Google), Elon Musk (Tesla), Travis Kalanick (Uber)) non tutti in verità ugualmente ostili ma i big sì (con l’esclusione dell’IBM e dei vecchi attori).

Presenti anche i top manager informatici di Cisco, Oracle e Intel.

Ad esempio, Bezos è anche l’editore del Washington Post che ha sempre attaccato Trump in campagna elettorale, mentre il gay Cook non ha fatto mai mistero del suo astio nei confronti di Trump da posizioni ideologiche.

Poi il cofondatore della Apple, Steve Wozniack, aveva addirittura raccolto 140 firme prima del voto nell’intento di danneggiare Trump.

Inizialmente il Presidente eletto Usa aveva quindi escluso quindi questi personaggi dal comitato dei consiglieri strategici ma poi ha cambiato idea e Musk e Kalanick sono stati poi nominati addirittura nello staff ristretto.

Successivamente ci sono stati riavvicinamenti pragmatici col il solito Bill Gates, che per farsi notare più degli altri si è lanciato in un peana definendo Trump “il nuovo Kennedy” che lo ha coperto di ridicolo.

Mentre il fondatore di Twitter, Jack Dorsey non è stato proprio invitato; infatti, sebbene Trump utilizzi quasi esclusivamente questo social per comunicare lo detesta per come si è comportato verso di lui in campagna elettorale.

Vi è poi il caso Zuckenberg.

Il ragazzotto miliardario non è andato e ha mandato la sua numero 2 non smentendo la spocchia che lo ha sempre contraddistinto seppur celata dal finto buonismo riformista.

In realtà Zuckenberg è un grande nemico di Trump dal punto di vista ideologico e pratico. Infatti Zuckenberg vuole immigrati a basso costo da sfruttare nelle sue aziende e da qui l’astio nei confronti del nuovo Presidente.