Lavoro
Collaborazioni, quelle genuine con il bollino blu

A fronte di un’importante deregulation avviata con Jobs Act, il legislatore ha avvertito la necessità di inserire un argine per il controllo della legittimità delle collaborazioni coordinate e continuative. Si tratta di un ambito che, a prescindere dall’etichetta di volta in volta assegnata dal legislatore, rappresenta lo snodo cruciale dove si incontrato le due grandi categorie del diritto del lavoro: quello subordinato, con il corollario di tutele imposte dal legislatore, anche a prescindere dalla volontà delle parti e quello autonomo, nel quale l’effettiva e sostanziale indipendenza del prestatore deve essere oggetto di attenzione.
Anche il Dlgs. n. 81/2015, a fronte della descritta inversione di rotta che rinnova il primato della libertà ed autonomia negoziale delle parti, predispone un meccanismo di tutela dell’ordinamento, rappresentato dall’art. 2, che impone determinate condizioni per evitare che le collaborazioni organizzate dal committente possano nascondere intenti elusivi.
Il legislatore ha previsto, la possibilità per le parti di richiedere alle commissioni di certificazione la “certificazione dell’assenza dei requisiti” che, secondo il 1°comma dello stesso articolo, ricondurrebbero il rapporto dichiarato autonomo alla disciplina del lavoro subordinato.
Il procedimento è destinato a certificare “l’assenza dei requisiti di cui al comma 1” dell’art. 2. La formulazione della norma non è felicissima. È lecito attendersi che in sede di certificazione, più che la mera assenza di alcunché, sia opportuna la verifica della sussistenza delle condizioni che legittimano l’autonomia e la genuinità del rapporto.
È ragionevole ritenere, alla luce di quanto osservato in precedenza, che la genuinità del rapporto di collaborazione possa essere certificata non soltanto quando tutti i requisiti predetti siano assenti, ma anche quando ne manchi uno soltanto tra tutti quelli cui il primo comma fa conseguire l’applicazione di tutela della disciplina del lavoro subordinato.
La richiesta deve provenire dalle parti congiuntamente. Al lavoratore è riconosciuta la possibilità di farsi assistere da un rappresentante sindacale, da un avvocato o da un consulente del lavoro. La formulazione della norma tende ad escludere la possibilità dell’assistenza da pare di altri soggetti, mentre nel silenzio della legge, non pare contraria alla ratio della stessa riconoscere l’identica possibilità di farsi assistere anche al datore di lavoro.
La norma ha sostanzialmente una portata ricognitiva, perché è evidente che le parti di qualsiasi contratto che implica una prestazione lavorativa, ben possono ricorrere all’istituto della certificazione per assicurare, attraverso l’iter amministrativo che ne consegue, certezza di genuinità e continuità alla gestione del rapporto di lavoro instaurato.