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Breakfast on tour, 22 ricette per una (im)perfetta integrazione

Breakfast on tour: a colazione nessuno è straniero

Immaginate di svegliarvi una mattina e accorgervi di aver finito il caffè. Bussate alla porta della vicina di casa, una donna etiope che invece di prestarvi l’occorrente per una moka vi invita a fare colazione con lei. Parlate del suo paese e del viaggio che l’ha portata lontana, così coinvolti e felici che vi viene un’idea: incontrare a colazione ragazze e ragazzi di ogni parte del mondo per scoprire cosa li ha spinti a trasferirsi in Italia e raccogliere le loro storie in un blog.

È quanto successo a Giacomo Alberto Vieri, giornalista fiorentino, classe 1986, che durante la pandemia ha trasformato quel blog in un libro, Breakfast on tour, edito da Clichy, in cui le colazioni sono un pretesto per raccontare una generazione di giovani in viaggio, in fuga da povertà e discriminazione o in cerca di amore o lavoro, da soli, in coppia o con figli, diversi tra loro ma accomunati dalla fiducia nel futuro.

Tra cinnamon roll e tè verde, pancake e briwat, acqua di fiori d’arancio e baklava, le colazioni diventano brunch, e poi pranzi e poi cene, mentre le parole scorrono a fiumi e le esperienze si intrecciano “in un mondo senza geografia”.

Come quelle di Olta e Silvi, “troppo albanesi per stare in Italia e troppo italiane per tornare al loro paese”, che da dieci anni lottano contro il pregiudizio, perché se vinci una borsa di studio in Italia sei costretto a “dimostrare di valere il doppio del tuo compagno di corso”. O di Gisela, che ha lasciato l’Argentina con “un secchiello di speranze sul futuro del suo paese”, dove sogna di tornare “quando saprò di aver visto e imparato tutto quello che serve per farne un posto migliore”.

C’è chi in Italia ha trovato la felicità e si è stabilito, come il giapponese Tetsuro o la greca Klairi, e chi ha scoperto lo strazio di non essere accolta, “come quella compagna dell’università che chiese di leggere una sua verifica perché dubitava dell’alto voto che aveva ricevuto, lei che non era nemmeno italiana”. È la storia di Wafà, scappata dalla Tunisia in rivolta contro Ben Ali dopo aver visto sparare all’uomo in fila davanti a lei al bancomat, picchiare una ragazza alle sue spalle e aver capito che avrebbe potuto essere lei, "avrebbe potuto finire tutto così”.

Ma nonostante un buon lavoro e un fidanzato amorevole, scopre che neanche la democratica Italia è poi tanto accogliente, e decide di lasciarla perché “forse non è più il posto migliore dove crescere dei figli”. Come i marocchini Rachid e Yassmin, che dopo anni di attesa per la cittadinanza italiana si sono trasferiti in Germania, perché i loro figli “hanno bisogno di più scelte, più possibilità”, consapevoli di dover “lavorare sodo per la lingua, le nuove abitudini, i soldi” ma anche che in fondo “basta un ciao per farci nuovi amici”.

Ed è qui il senso di Breakfast on tour, che ci apre gli occhi sullo stato di salute del nostro paese e ricorda, come dice Sawsan, che è la curiosità “il più potente vaccino contro il pregiudizio”. Quindi bussate più spesso alla porta del vostro vicino, offritegli un caffè: scoprirete che, almeno a colazione, "nessuno è straniero”.

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