Falcone e la cultura della prova: il metodo del giovane giudice nella sua tesi - Affaritaliani.it

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Falcone e la cultura della prova: il metodo del giovane giudice nella sua tesi

di Marta Cartabia*

Qualcuno potrebbe essere sorpreso del fatto che Giovanni Falcone non scrisse la sua tesi di laurea in diritto penale o in procedura penale, bensì in diritto amministrativo. Si laureò nell’anno accademico 1960- 1961, ebbe come relatore Pietro Virga, allievo della scuola siciliana di diritto pubblico. La sua tesi è dedicata a L’istruzione probatoria nel diritto amministrativo. La scelta del tema è, in sé, particolarmente interessante, essendo focalizzata sulla disciplina processuale dei mezzi di prova. Nella breve introduzione alla sua dissertazione egli esplicita questa consapevolezza, laddove afferma che l’istruzione è «la fase centrale del processo», sicché «l’esatta individuazione dei principi che stanno alla base di essa si ripercuote inevitabilmente su tutto il processo».

L’interesse per l’accertamento del fatto, per il suo dispiegarsi nella dinamica processuale e per gli strumenti di acquisizione delle prove, dunque, già emergeva a conclusione dei suoi studi universitari, benché in questa fase fosse rivolto ad un settore, quello del diritto amministrativo, diverso da quello in cui la sua attività di giudice si sarebbe poi espressa, con risultati di valore inestimabile per la storia del nostro Paese. Ancor più, l’elemento rivelatore della sua caratura di giurista e di futuro giudice è dato, a mio avviso, dal metodo della sua indagine. È l’impostazione metodologica impressa dal giovane Giovanni Falcone alla sua analisi a portarlo, nel breve spazio di una settantina di pagine — scritte con chiarezza adamantina, con un asciutto nitoreecon una maturità degna di uno studioso affermato—aelaborare preziose riflessioni di carattere generale sulle caratteristiche fondamentali del processo giurisdizionale visto nelle sue varie declinazioni, in ambito civile, penale e amministrativo. (...)