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“Ragazze perbene” su Audible: intervista ad autrice e lettrice

Dal supporto cartaceo a quello digitale, in e-book e su Audible: Ragazze perbene di Olga Campofreda, letto da Doriana Costanzo, racconta la ricerca della libertà a partire da un piccolo paese del sud, tra la voglia di fuggire dal bigottismo provinciale e l’incapacità di trovare un posto nel mondo.

Chi sono le Ragazze perbene? Sono quelle che seguono le regole prestabilite senza porsi troppe domande, non mettono in discussione il sistema, si adeguano a ciò che la società ha predisposto per loro, specialmente in quanto donne: ottimi studi, saper mantenere al meglio una casa, un buon matrimonio e poi figli, ovviamente, meglio se maschi. Se ciò è ancora vero nell’opinione comune del nostro Paese, lo è per eccellenza nei piccoli paesi del sud: in questo caso la protagonista è originaria di Caserta, una città che ci mostra per ciò che è davvero, nei fatti e nei retroscena, al di là dei fasti della reggia. Olga Campofreda, come l’alter ego di questa storia che ha tanto di autobiografico, si è trasferita a vivere a Londra in cerca della libertà negata dalla provincia, di sé stessa, di un sistema valoriale in cui riconoscersi e di un equilibrio non certo facile da trovare. Da quando è divenuta una scrittrice affermata e autrice di podcast può ben dire di esserci riuscita, a differenza di Clara, la cugina “sbagliata” del romanzo edito da NNE. Alla sua goffaggine, scarsa bellezza e intolleranza nei confronti del mondo in cui è nata e cresciuta fa da contraltare Rossella, coetanea e parente di sangue ma totalmente diversa da lei. Rossella è la figlia, la fidanzata, la moglie, l’amica e la studentessa che tutti vorrebbero, perfetta in ogni cosa; almeno in apparenza.

Ragazze perbene
 

“Ci avevano cresciute lasciandoci credere che saremmo diventate donne quando avremmo imparato a badare a una casa tutta nostra, a prenderci cura dei nostri figli, di nostro marito. Crescere non sembrava poi così difficile, le istruzioni erano davanti ai nostri occhi, erano ovunque: a scuola, a casa, in chiesa la domenica, alla cassa del supermercato. Non eravamo pronte a fare i conti con il desiderio, nessuno ce ne aveva mai parlato.”

Il desiderio tuttavia scaturisce, seppur in modi diversi: in Clara assume la forma della fuga, per nascondersi nella vastità di una metropoli in cui si può essere o fare tutto, ma si finisce per non scegliere mai niente davvero. In bilico tra la claustrofobia della terra di origine e il disorientamento della grande città, per molto tempo Clara non sa decidersi, restando intrappolata in quella terra di mezzo che per gli adulti di Caserta è sinonimo di fallimento. Il romanzo di Olga Campofreda è il ritratto di un’intera generazione, abituata a conoscersi tramite Tinder e a scappare piuttosto che affrontare, con centinaia di mezzi di comunicazione a disposizione eppure disabituata ad esprimersi, chiusa in sé stessa. A questa bella storia che ci riguarda un po’ tutti dà voce nell’audiolibro in esclusiva su Audible l’attrice Doriana Costanzo, che con l’autrice condivide le origini del sud. Giovanissima – è del 1995 –, è stata diretta da importanti nomi e ha frequentato scuole di livello come l’Accademia Silvio d’Amico a Roma. Affaritaliani.it ha intervistato entrambe le protagoniste di Ragazze perbene, curiosando dietro le quinte di un’opera già molto apprezzata.

Intervista all’autrice Olga Campofreda

Quanto c’è di autobiografico in questa storia?

“Non credo nella distinzione troppo netta tra una storia di autobiografia e una di finzione. Ogni storia è profondamente radicata nella biografia di uno scrittore, anche quando parla di mondi distopici o di creature fantastiche. Nel mio caso ovviamente le sovrapposizioni sono più immediate: Clara, la mia protagonista, è cresciuta a Caserta e poi si è trasferita a Londra in reazione a una tradizione che la faceva sentire in trappola. Anche io sono nata a Caserta e vivo a Londra, anche io ho molto a cuore la battaglia contro stereotipi e ruoli di genere che prevede per uomini e donne un trattamento sociale ben distinto, fin dalla prima infanzia. La trama del romanzo racconta un percorso di ritorno e di ri-attraversamento ed è stato bello costruirne le scene, far muovere questi personaggi nuovi su un territorio che conoscevo così bene: sotto lo strato di finzione, però, sono presenti sempre sensazioni, piccoli traumi, osservazioni che mi sono trovata almeno una volta a condividere”.

Da dove è nata l’esigenza di raccontarla?

“L’esigenza di raccontare una storia come Ragazze perbene nasce dall’aver osservato negli ultimi anni il riaffiorare di troppe infelicità che per lungo tempo erano state represse da persone a me care, in nome di regole sociali e tradizioni che secondo loro andavano rispettate. Il senso del sacrificio che le donne hanno, anche a causa di una profonda educazione religiosa, fa in modo che proprio loro si trovino a essere vittime (spesso) inconsapevoli di una società che le vuole dedite alla cura degli altri e quasi mai di sé stesse. Anche il concetto del piacere femminile, in un contesto come quello della provincia del sud, viene costantemente ignorato, messo da parte, censurato, salvo poi riemergere nelle vite segrete o sognate che le persone portano avanti. Col mio romanzo volevo denunciare questa ipocrisia”.

Qual è il segreto per trovare il proprio equilibrio tra il restare e l’andare?

“La protagonista di Ragazze perbene inizialmente si allontana per reazione: insofferente al microcosmo in cui è stata cresciuta, se lo butta alle spalle, ma questo per lei non rappresenta la soluzione. La crescita avviene solo una volta che avrà trovato il coraggio di raccontarsi, dire tutto di sé autenticamente, senza paura, come invita a fare Goliarda Sapienza nella frase che ho scelto in congedo dal lettore del romanzo. Restare o andare sono categorie sbagliate: hanno sempre qualcosa di troppo definitivo. Piuttosto credo che creare legami sinceri, anche attraverso l’autentica narrazione di sé, stabilisca una vicinanza emotiva che abbatte ogni concetto di allontanamento”.

Qual è la bellezza e la potenzialità del Casertano?

“Caserta ha una natura che è stata troppo a lungo dimenticata e della quale proprio scrivendo questo romanzo ho ripreso possesso. Mi piacciono i luoghi nei quali il verde esplode in contrasto al rigore neoclassico del Palazzo Reale; il Giardino Inglese, per esempio, o il Bosco di San Silvestro. Dietro San Leucio poi - altro luogo borbonico della città, dove erano collocate le fabbriche della seta - ci sono sentieri sterrati, che a un certo punto ti portano lungo bordo stretto delle montagne. Da lì, la vista della città è meravigliosa: Caserta diventa piccola e fragile rispetto alla roccia su cui poggiano i tuoi piedi. La bellezza di questa natura mite e mai troppo aspra racconta anche molto delle potenzialità del territorio, che per me risiede nelle forme di associazionismo culturale, soprattutto animato dalle nuove generazioni. Gli spazi verdi vengono riqualificati nella formula del Bene Comune, diventano scenario di manifestazioni culturali e di incontri, che sono troppo a lungo mancati nella nostra provincia. Sarebbe bello un giorno usare la Reggia per ospitare un festival letterario internazionale. Questo, lo confesso, è uno dei miei sogni”.

Intervista alla lettrice Doriana Costanzo

Che cosa le ha lasciato di particolarmente significativo questo libro dopo averlo letto? Qual è, a suo parere, la sua forza?

“Forse potrebbe sembrare che io rigiri la domanda, ma ciò che mi ha lasciato è stata proprio la forza, la forza del percorso di Clara, la forza di ciò che attraversa, come lo sopporta ed elabora per cambiare e crescere senza più scappare o escludere il mondo dell’infanzia/adolescenza, ma accogliendolo e tenendo quel luogo del cuore, e il luogo reale di Caserta, aperto ad accompagnare le scelte future”.

Quali sono stati i passaggi emotivamente più coinvolgenti?

“Sicuramente ciò che più mi ha coinvolta è stato l’inizio. Quando ho ricevuto il libro e ho cominciato a leggere mi sembrava di essere in un film e che qualcuno si stesse divertendo a riprendere le mie reazioni sconvolte mentre leggevo di qualcosa così simile a me e alla mia esperienza. Come Clara anche io sono di Caserta, ho fatto tardi al liceo tante volte perché il ponte di Ercole era bloccato da qualche camion troppo alto. Leggevo di luoghi miei, di casa, una casa da cui, come Clara, sono andata via dopo il liceo per intraprendere gli studi di recitazione. Milano è stata la mia Londra. E tornare aveva un sapore dolceamaro, del rivedere posti che vanno avanti senza di te, ma sembra che ti aspettino sempre, pronti a ricevere notizie di realizzazione, di successo, o un ritorno”.

E quelli più difficili da interpretare?

“Il passaggio più complesso da interpretare è stato invece la lettera di Rossella, perché implicava spostare il piano e cercare di comprendere il suo punto di vista, sposarlo per quelle pagine e rimandare a Clara la sincerità più pura. E poi ho cercato di dar valore al primo incontro con Tomas: dargli il peso, anche un po’ inconsapevole, di ciò che poi sarà per Clara quell’incontro; regalargli una profondità che potesse contenere tutto ciò che ne segue: la vita insieme, la distanza e il futuro, che condivideranno o forse no, ma comunque creare spazio per la possibilità che questo accada”.

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