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Biden cambia marcia e vuole una tassa globale per i giganti del web

Il cambio di presidenza americana sta cambiando molti parametri sia all’interno della nazione che all’esterno. In questo secondo caso il riferimento importante riguarda la tassazione globale, considerata una delle maggiori sfide del 21 ° secolo.

L'amministrazione Biden ha infatti cancellato il veto di Trump su una tassa a Google che danneggia globalmente i giganti digitali, aprendo però la strada alla creazione di un ombrello comune per evitare di perdere entrate chiave per il Tesoro. Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), l’accordo che si starebbe per definire, consentirebbe una ridistribuzione più equa tra i paesi della riscossione annua dai giganti del web. Una tassa compresa tra 60.000 e 100.000 milioni di dollari (tra 50.000 e 83.000 milioni di euro).

Il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen, ha detto ai membri del G20 - il club che riunisce le venti maggiori potenze del pianeta - che vorrebbe abbandonare la clausola che consentiva alle aziende di gestire l'accordo in modo puramente volontario e che, di fatto, lo ha bloccato.

Il tentativo di chiudere i molteplici “buchi transnazionali” nella tassazione di queste società è stato uno dei  grandi motivi di discussione tra Unione Europea e Stati Uniti durante il mandato di Donald Trump. Joe Biden invece, in netto contrasto con il precedessore, e coerente con la sua predilezione per il multilateralismo, ha ostentato l'atlantismo nelle sue priorità di politica estera.

La misura prevede la definizione di una soglia fiscale minima in tutto il mondo, ponendo fine all'attuale regime, che consente ai giganti del digitale di risparmiare centinaia di milioni ogni anno. Questa situazione è particolarmente urgente in Europa, dove un buon numero di queste società approfitta dei vantaggi fiscali offerti da paesi come il Lussemburgo o l'Irlanda in cambio della scelta di stabilire in loco i loro “headquarter”.

Il ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, in un tweet ha dichiarato la sua “gioia” per la svolta nella posizione statunitense, valutata come "un grande passo avanti". “L’accordo internazionale sulla tassazione minima dei servizi digitali-secondo molti osservatori-sembra essere ormai vicino”.

Molto più conciso e cauto, il nuovo ministro dell'Economia e delle Finanze italiano, Daniele Franco, che si è limitato a dire che l'obiettivo è quello di concludere un patto a metà anno: "L'attuale sistema deve essere riformato. È un'urgenza in un momento in cui stiamo affrontando le sfide della globalizzazione e della digitalizzazione. Tuttavia “il diavolo è nei dettagli” e c’è ancora molto da fare per realizzarlo completamente ”.

Tra la metà e la fine dell'anno scorso, e di fronte al rifiuto degli Stati Uniti, l'OCSE ha deciso di mettere in “stand by” fino alla prima metà del 2021 l'accordo per una tariffa Google universale, ma dopo il cambiamento di direzione della Casa Bianca, questo sembra essere molto più fattibile.

La creazione di un quadro fiscale comune per Apple, Facebook, Google o Amazon è una delle grandi aspirazioni nel Vecchio Continente. In assenza di un accordo globale, Spagna e Francia hanno già lanciato individualmente le proprie iniziative per far pagare le piattaforme digitali, e la Commissione Europea ha sottolineato in più occasioni la sua intenzione di andare avanti in autonomia con una proposta continentale se non si riuscirà a realizzarla a livello di OCSE.

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