"Dumb phone" e moda, stop all'innovazione si ritorna al passato
Cresce la popolarità dei vecchi telefoni senza Internet o app, insieme al ritorno delle Mary Jane e le unghie "nude"
Nostalgia o innovazione? Il ritorno dei telefonini senza connessione e i revival della moda del passato
Qualche anno fa il grande informatico Nicholas Negroponte disse durante un convegno che “quando la realtà corre troppo veloce, la mente non riesce a gestirla e si rifugia nel passato, confortante e tranquillizzante”.
Sarà per questo che negli Stati Uniti, la generazione Z (i nati fra la metà degli anni 90 e i primi dieci anni del 2000) inizia a comprare sempre più “Dumb phone”: telefoni “stupidi”, senza connessione a Internet o alle app
Nel 2023 le vendita di dumb phone ha segnato una cifra pari a 2,8milioni di unità acquistate e il chief master officer di Nokia Phones e HMD global, Lars Silberbauer, ha affermato “nell’ultimo anno abbiamo raddoppiato la nostra quota di mercato”.
Dumb phone e passione anni Novanta
La previsione, per i telefoni senza connessione, è di arrivare a una crescita delle vendite del 5% nei prossimi anni. Cosa significa? Inversione di tendenza? O semplicemente nuova tendenza?
La moda di solito è una buona cartina di tornasole del mood sociale.
Al FIT, Fashion Institute of Technology di New York, la curatrice Colleen Hill ha allestito “Reinvention and Restlessness: Fashion in the Nineties”. E la generazione Z pare ossessionata dagli anni Novanta, con i jeans a vita alta, le minigonne in tartan, le felpe colorate, le t-shirt piu morbide, all’insegna di una semplicità scevra dalla schiavitù dei like e dalla perfezione richiesta nei feed di Instagram.
La chimera anni Novanta ha prodotto un fervore per serie come Friends o Ragazze a Beverly Hills, per i mini abiti di Versace riportati in auge da Dua Lipa o le borse in nylon di Prada.
La rentréè di Fiorucci
Non è un caso che ricompaia sulla scena Fiorucci, pronto a ricominciare da quel lontano 1967 in cui Elio scosse la composta patina del bon ton milanese con le sue boutade anticonformiste, i suoi accessori pazzi, le liaison con Andy Warhol e Madonna.
Il marchio, dopo varie vicissitudini che lo hanno visto passare dal produttore giapponese di jeans Edwin per poi andare sotto il controllo di Itochu nel 2014, è ora nelle mani di Dona Bertarelli, imprenditrice attiva nella protezione degli oceani, filantropa, che dal 2017 lo detiene.
E i propositi sono di far tornare Fiorucci ai vecchi splendori, con un quartier generale (il management lo sta cercando) e con lo spirito di innovazione che ha sempre caratterizzato il suo approccio.
“Lavoreremo sui tratti distintivi di Fiorucci a partire dallo stile scanzonato fatto i colori fluo e immagini allegre ma anche sulla sostenibilità sociale. Le collezioni saranno 100% made in Italy per sottolineare il profondo legame di un brand internazionale ma legato alle proprie origini”, ha detto durante la presentazione milanese, avvenuta in piena fashion week, l’amministratore delegato Alessandro Pisani.
LEGGI ANCHE: Fiorucci, Stefania Mauri è stata nominata head of marketing & innovation
Cambia anche il mood di Gucci. E tornano le unghie “nude”
Sulla passerella di Gucci, Sabato De Sarno, il nuovo direttore creativo, non ha semplicemente voltato pagina, ha proprio cambiato libro.
Il marchio torna alla sua heritage, a un’eleganza potente e composta dopo le iperboli di Alessandro Michele: l’incipit dato alla sfilata appena vista risponde perfettamente allo spirito dei tempi, che vira verso una maggiore consapevolezza, taglia i pleonasmi, ritrova la ricchezza della storia senza strombazzare o senza effetti wow.
LEGGI ANCHE: Chora Media, l'ex Gucci Alessandro Michele investe 1 mln per salvare i podcast di Calabresi
O meglio, qui l’esclamazione di stupore sgorga dalla sapiente lavorazione delle pelli, dai tagli sartoriali che costruiscono nuove spalle di abiti e caban, lasciando egocentrismo e intemperanze cromatiche nell’intercapedine dei ricordi: vincono un magnifico rosso Chianti e un ceruleo che sarebbe piaciuto a Miranda Priestly ne Il Diavolo veste Prada.
Dall’artiglio iper decorato si passa a unghie normali, magri velate di rosa cipria, delicatamente brillanti, nella trasparenza. Sobrietà, o per dirla con il solito inglesismo “quiet luxury” sono la parola d’ordine.
Mary Jane e tacchi 7, per l’autunno inverno
Aprire una rubrica moda in questo momento significa imbattersi per forza in una ridda di Mary Jane: le scarpe da bambola con punta stondata, in colori caramellati come azzurro, marron glacé, bordeaux, tacco squadrato, che la faranno da padrone questo autunno inverno. Per le irriducibili della punta, che non cedono al nuovo romanticismo, il tacco si abbassa, massimo un 7.
Niente urla please, adesso si parla sottovoce. E si guarda indietro per non lasciarsi sopraffare dall’eccesso di velocità che ci vuole sempre connessi, sempre sulla parte alta dell’ottovolante.
Iscriviti alla newsletter