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L'a.d. Salini verso le dimissioni. Terremoto al vertice della Rai

L'addio di Fabrizio Salini e' ancora una incognita, ma sul 'dopo' si e' cominciato gia' a ragionare in ambienti politici. L'amministratore delegato Rai sembra in procinto di lasciare il suo posto entro giugno. Fonti parlamentari concordano, almeno, su questo. Perche' su quel che accadra' dal giorno dopo le dimissioni e' ancora buio fitto. Intanto, viene spiegato, c'e' ancora da capire quale strada imbocchera' Viale Mazzini. Le ipotesi in campo sono sostanzialmente due: mantenere il consiglio d'amministrazione per i restanti 11 mesi di mandato e sostituire il solo amministratore delegato; oppure procedere con il rinnovo tout court del Cda. A pesare sulla prima ipotesi, pero', e' la fase delicata che sta attraversando il Paese e i prossimi appuntamenti istituzionali che richiederanno di essere raccontati dal servizio pubblico.

Il lockdown e' appena terminato, la ripartenza appare tutt'altro che semplice, a settembre il quadro politico ed economico del Paese potrebbe essere molto diverso da quello che conosciamo. A questo si aggiunge l'election day di settembre. Insomma, e' la domanda che ci si fa in ambienti ministeriali, chi accetterebbe si imbarcarsi in una impresa del genere con un incarico di corto respiro? La seconda ipotesi, viene spiegato, potrebbe essere ancora piu' difficile da realizzare: chi convince i consiglieri di amministrazione a prendere armi e bagagli e lasciare il posto a quasi un anno dalla fine del loro mandato? E, poi: con i partiti di maggioranza a farsi la guerra anche a colpi di mozioni di sfiducia - vedi il caso Bonafede - chi potrebbe prevedere le conseguenze di un giro di nomine Rai sostanzialmente al buio?

Fonti della Vigilanza Rai, al momento, derubricano tutto a "chiacchiere" visto e considerato anche che si parla del dopo Salini, "prima ancora che l'ad si sia dimesso". E chi lo conosce giura che non e' affatto scontato il passo indietro. Certo, si parla da tempo di un accordo o pre-accordo dell'attuale amministratore delegato con Netflix sul quale, in caso di dimissioni a giugno, non peserebbe la clausola che sarebbe contenuta nel contratto di Salini e che impedirebbe il passaggio alla concorrenza per due anni dopo la fine del mandato. Di fronte a questo scenario, tuttavia, i partiti sono tutt'altro che fermi e, sulla partita Rai, Pd e Italia Viva hanno gia' dato dimostrazione di camminare appaiati.

Lo si e' visto, ad esempio, nel caso della nomina di Mario Orfeo al Tg3 e di Franco Di Mare a capo di Rai 3: il primo dato, appunto, in quota Pd-Italia Viva, il secondo che sarebbe piu' vicino al Movimento 5 Stelle. Una soluzione che sarebbe arrivata, stando a quanto viene riferito da fonti parlamentari, proprio dopo l'accordo tra Matteo Renzi e Dario Franceschini, tanto da fare parlare di un "asse" fra i due. In realta', viene spiegato, il capo delegazione dem e' da sempre molto attivo nel lavoro di mediazione fra gli alleati, specie quelli piu' riottosi e questo suo impegno ha generato qualche malumore fra chi, all'interno dei Gruppi, non si sentirebbe abbastanza "tutelato" dal capo delegazione.

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