Auto troppo care, italiani fermi e Cina in corsa: il sorpasso parte dal prezzo - Affaritaliani.it

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Auto troppo care, italiani fermi e Cina in corsa: il sorpasso parte dal prezzo

L’auto resta il mezzo più usato, ma i prezzi frenano gli acquisti. In un mercato bloccato, i cinesi avanzano e i marchi storici rischiano il sorpasso.

Redazione Motori

C’è una contraddizione che si fa ogni giorno più evidente nel cuore della mobilità italiana. L’auto continua a essere insostituibile, il mezzo preferito da 8 italiani su 10 per gli spostamenti quotidiani,

ma allo stesso tempo sempre più persone la usano senza poterla cambiare. Il sogno dell’auto nuova, per molti, è diventato un miraggio. Un lusso. E in questo vuoto lasciato dalle incertezze normative, dai redditi stagnanti e da listini fuori portata, si infilano con passo deciso le auto cinesi. Con prezzi aggressivi, dotazioni da segmento premium e una promessa semplice: “Puoi permettertela”.

Il dato più eloquente arriva dall’indagine annuale ANIASA–Bain & Company, presentata nei giorni scorsi a Roma in occasione del 60esimo anniversario dell’associazione. L’auto resta regina della mobilità: nel 2024 l’80% degli italiani la utilizza come mezzo principale, in aumento rispetto al 72% del 2023. Ma mentre l’uso cresce, le vendite calano. Il 62% degli intervistati quest’anno non ha nemmeno preso in considerazione l’idea di acquistare un’auto nuova. Solo dodici mesi fa erano il 57%. Una curva che si piega nel silenzio, ma che racconta molto.

Il motivo è sotto gli occhi di tutti: i prezzi. Negli ultimi dodici anni, il costo medio di un’auto nuova è passato da 19.000 a 30.000 euro. Una crescita del 52%. Nello stesso arco di tempo, il reddito medio delle famiglie italiane è salito da 29.000 a 38.000 euro, con un incremento molto più contenuto del 29%. Fino al 2020 le due curve correvano parallele. Poi, la rottura. I listini sono decollati, i salari no. E così l’auto ha smesso di essere un bene per tutti, diventando un bene per chi può.

In questo contesto, le abitudini si adattano. Gli italiani continuano a usare la propria auto, ma evitano l'acquisto di una nuova. Si tengono stretto il vecchio mezzo, investendo nella manutenzione o rivolgendosi all’usato. Altri – circa 170.000 privati – hanno scelto la via del noleggio a lungo termine, sempre più popolare anche tra chi non ha partita IVA. Le formule cambiano, ma il risultato è lo stesso: si cerca una mobilità sostenibile, anche dal punto di vista economico.

A frenare gli acquisti non è la disaffezione verso il mezzo privato, ma il senso di incertezza. Le nuove normative europee, gli incentivi instabili e la velocità della transizione ecologica hanno generato disorientamento. La domanda latente resta alta, ma è sospesa. Il 32% degli italiani ha rinunciato all’acquisto in attesa di un calo dei prezzi, mentre un altro 33% ha ammesso di non potersi permettere l’investimento a causa di problemi di reddito. In altre parole, due su tre rinunciano per ragioni economiche.

È in questo vuoto che si inseriscono i nuovi player asiatici, con la Cina in prima linea. Il boom dei marchi orientali, finora accolti con diffidenza, sta prendendo forza. Oggi il 23% degli italiani si dice pronto a scegliere un’auto cinese. La percezione della qualità è in netta crescita: il 30% la considera all’altezza delle concorrenti europee. Ma è il prezzo il vero grimaldello. Il 35% sceglie questi marchi per convenienza economica. Il resto lo fa su consiglio di amici, per familiarità con il concessionario o per la semplicità dell’offerta.

L’effetto più dirompente di questo trend è che il marchio – inteso come simbolo di status – ha perso forza. Non è più sufficiente. In un mercato in cui si fatica ad arrivare a fine mese, l’automobile torna a essere uno strumento, non un’estensione della personalità. E il consumatore diventa più esigente, più informato, più razionale. Vuole il meglio, ma al giusto prezzo. E se un SUV cinese può offrirgli autonomia elettrica da 800 km, guida assistita, interni hi-tech e comfort da business class a 30.000 euro, l’etichetta Made in Europe perde fascino.

La strategia asiatica è chiara. I veicoli come lo Xiaomi YU7 non nascono per accontentare una nicchia, ma per conquistare il grande pubblico. Con un posizionamento che fa tremare anche Tesla, i cinesi puntano a colmare quel vuoto lasciato da un’industria occidentale troppo lenta ad adattarsi. Xiaomi, BYD, MG, Nio, Zeekr: sono nomi che iniziano a comparire sempre più spesso nelle ricerche online, nelle conversazioni tra automobilisti, nei preventivi dei concessionari.

Per il mercato europeo, questo è un campanello d’allarme. L’arretramento dei grandi gruppi sul fronte dell’accessibilità rischia di lasciare terreno a chi ha mezzi e visione per occuparlo. Non basta più parlare di elettrificazione, guida autonoma o sostenibilità. Serve offrire tutto questo a un prezzo compatibile con le tasche di una famiglia media. Serve tornare a costruire auto per chi le guida ogni giorno, non per chi le espone in salotto.

Le aziende italiane ed europee hanno ancora tempo per reagire, ma non troppo. Il futuro della mobilità si sta giocando adesso, e le partite si vincono sul campo della concretezza. È fondamentale che le istituzioni e l’industria lavorino insieme per ridurre il gap tra reddito e prezzo dell’auto, rilanciare politiche di incentivo strutturate e favorire una transizione che non lasci indietro nessuno. In ballo non c’è solo il mercato, ma l’accessibilità stessa a una mobilità libera, sostenibile e individuale.