Roma, 25 mar. (Adnkronos) - La Procura di Roma ha chiuso l’indagine sulla maxifornitura di mascherine provenienti dalla Cina nella prima fase dell’emergenza Covid. A rischiare il processo, dopo la notifica del 415 bis, c’è tra gli altri, oltre all’ex giornalista Rai, Mario Benotti e altre 9 persone e 4 società, anche l’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, indagato per abuso d’ufficio. Arcuri “nella qualità di commissario per l’emergenza sanitaria da covid 19, dunque di pubblico ufficiale – si legge nel capo di imputazione - in concorso con Antonio Fabbrocini, rup (responsabile unico del procedimento, ndr.) delle aggiudicazioni di forniture commesse dalla struttura commissariale e dunque anche lui pubblico ufficiale, e in unione e concorso per mutuo accordo con Vincenzo Tommasi” “costituivano, intenzionalmente, in capo al Tommasi, con ciò abusando del loro ufficio, un’illecita posizione di vantaggio patrimoniale”. Secondo l’accusa veniva così garantita “la facoltà di avere rapporto commerciale con la Pa senza assumere alcuna responsabilità sul risultato della propria azione e sulla validità delle forniture che procurava; la quasi totale esclusiva nella intermediazione di fatto delle forniture di mascherine chirurgiche e dpi importati dalla Cina”. L'inchiesta dei pm Fabrizio Tucci e Gennaro Varone riguardava affidamenti per un valore di 1,25 mld per l'acquisto di oltre 800 milioni di mascherine, effettuate con l'intermediazione di alcune imprese italiane. A Benotti, insieme ad altri 7, i pm contestano l’accusa di traffico di influenze. “Benotti – si legge nel capo di imputazione – in concorso con altri, sfruttava le proprie relazioni personali e occulte con Arcuri, ex commissario per l’emergenza sanitaria, ottenendo che quest’ultimo assicurasse ai partner di Benotti un’esclusiva in via di fatto nell’intermediazione delle forniture di maschere chirurgiche e dispositivi di protezione individuali”. A Fabbrocini, accusato di frode nelle pubbliche forniture in concorso con altri, “agendo nella qualità di rup”, di falso ideologico perché “agendo in unione e concorso” con altri, “inducevano il Cts ad attestare falsamente la conformità dei presidi sanitari importati alle norme Uni En” e abuso d’ufficio.
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