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Politica
"Twitter si crede il nuovo dio. La nostra libertà è in pericolo"


Intervento scritto per Affaritaliani.it da Massimiliano Capitanio, deputato della Lega, Segretario della Vigilanza Rai e membro del Comitato ristretto per la Commissione d’inchiesta sulle Fake News

Non mi fanno ridere i meme sulla cacciata di Trump da Twitter. Per nulla. La libertà di scegliere e sapere ha radici profonde, ed è anche per questo che l’uomo è antropologicamente contrario e allergico a qualsiasi forma di censura. Questo anelito alla conoscenza è ben presente nella Genesi, quando Adamo ed Eva si giocarono il posto nel Paradiso terrestre pur di autodeterminarsi nella possibilità di scegliere tra il bene e il male.

massimiliano capitanio
Massimiliano Capitanio

Basta questo rapido e dozzinale excursus storico per capire la gravità e l’immensità del peccato mortale di Twitter: oscurando Trump, il social network si è presentato al mondo come il nuovo dio e, come tale, in grado di togliere la mela di bocca all’uomo e alla donna e di cacciare chiunque dal paradiso digitale.

Il fatto che il titolo del social network dei “cinguettii” abbia perso il 10% in Borsa (a Facebook è andata solo meglio con un calo del 3,2%) è l’aspetto più trascurabile di questa preoccupante vicenda, pur rappresentando un positivo segnale di rigetto.

Se un algoritmo o il suo padrone possono decidere chi possa o non possa parlare, cosa io possa o non possa leggere, chi possa o non possa entrare in un club digitale, cosa possa o debba comprare, allora è chiaro che, non solo la nostra democrazia, ma persino la nostra libertà è in pericolo. E oggi che il Covid ce ne ha fatto riscoprire il prezioso sapore, difficilmente l’uomo permetterà a un algoritmo di farsela scippare.

La nostra Costituzione, con l’articolo 21, non lascia spazio a interpretazioni: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Se Twitter censura il Presidente degli Stati Uniti, questa mossa avventata lancia un messaggio chiaro: esiste un sovrastato digitale, un nuovo impero coloniale immateriale che si pone al di fuori, ma soprattutto al di sopra, delle nostre carte costituzionali. Il “pasticciaccio brutto” si è completato con la mossa di Google, Apple e Amazon di rimuovere dai loro server l’applicare Parler, ritenuta alternativa a Twitter. Siamo piombati nella terza guerra mondiale?

La Lega da sempre dialoga e crede nell’importanza dei grandi colossi del web per lo sviluppo e la modernizzazione della società. Ma c’è un confine invalicabile: ed è quello della libertà.

Libertà di acquistare quello che decidiamo noi e non quello che ci viene proposto dal monopolista di turno.
Libertà di leggere quello che scegliamo noi, fieri della nostra possibilità di sbagliare e correggerci.
Libertà di incontrare virtualmente chi vogliamo, senza che un algoritmo ci imponga di confrontarci solo con interlocutori che hanno passato la preventiva censura o selezione delle piattaforme.

Abbiamo voluto l’educazione civica nelle scuole, e con essa l’educazione alla cittadinanza digitale, proprio perché vogliamo giovani consapevoli che sappiamo autodeterminarsi nell’utilizzo dei social e nell’approccio consapevole alle notizie, senza bisogno di biberon digitali o censure preventive.

Per questo la Lega si è fortemente battuta contro l’istituzione della Commissione d’inchiesta sulle fake news, ora ferma al Senato. Pretendere che sia un ente terzo a stabilire cosa sia vero o falso, buono o cattivo, eticamente scorretto o politicamente corretto è una forma di dittatura 4.0 che si alimenta dello stesso brodo culturale che ha nutrito la censura verso Trump. Il prossimo passo sarà affidare alla piattaforma la scelta di chi possa acquistare e di chi possa votare. Bisogna fermarsi prima. Ora.
 

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