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Politica
Conte e Salvini di lotta e di governo. Ma a guadagnarci sono Letta e Meloni
Giuseppe Conte e Matteo Salvini (Lapresse)

Lega-M5s? Si comportano in maniera analoga, sempre in precario equilibrio tra populismo e governismo. Ma alla fine ci guadagneranno Pd e FdI. Lo scenario che si profila è il seguente: destra di governo da un lato e sinistra di governo dall’altro. L’analisi

Da un lato c’è il M5s di Giuseppe Conte, che ieri ha aperto un nuovo fronte nel Governo dopo il no alla norma sulla costruzione di termovalorizzatori e che continua a fare muro sull’invio di armi pesanti in Ucraina, alzando ancora la posta con la richiesta all’esecutivo di riferire in Parlamento sull’indirizzo politico del Paese. E dall’altro c’è la Lega di Matteo Salvini, sempre più stretto nella tenaglia meloniana, che pure prova a rilanciare e soprattutto a rilanciarsi. L’ultima idea circolata a via Bellerio è quella di una missione a Mosca, seppure smentita dallo stesso segretario.

A cosa puntano i due partiti più irrequieti che appoggiano Draghi? Non a insidiare l’esecutivo. Almeno questa è la vulgata prevalente a Palazzo. Ne sono convinti diversi parlamentari sia di centrodestra che di centrosinistra interpellati da Affaritaliani.it. “E’ solo campagna elettorale in vista delle amministrative prima e delle politiche dopo”, dicono al nostro giornale. C’è però chi fa notare come dietro ci sia pure “la volontà di regolare un po’di conti interni”.  

Vale per i rapporti tra Salvini e il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti che, non a caso, proprio sull' ipotesi di una missione a Mosca ieri ha voluto sottolineare gli “aneliti pacifisti” che muovono il segretario del Carroccio, ma soprattutto la necessità di una “grande prudenza” nelle relazioni diplomatiche internazionali, oltre che di “un coordinamento col governo”. Ma vale anche per i rapporti tra Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “E’ inutile negarlo: il pressing del leader M5s su Draghi perché riferisca in Parlamento – spiffera un pentastellato dietro garanzia di anonimato - è un po’ il classico parlare a nuora perché suocera intenda”.  
“Può anche starci un messaggio a Di Maio del tipo: ‘Stare al governo va bene, ma solo ribadendo i nostri valori’ - è l’analisi che fa invece con Affaritaliani.it un parlamentare Pd di lungo corso –. Alla fine però è un falso gioco, è tutta comunicazione. Una strategia che paga a stretto giro di posta, magari nei sondaggi, ma poi? Si fa la voce grossa per restare tutti al governo sulle rispettive poltrone?”.


E’ vero pure però che la nuova veste movimentista e più marcatamente populista del M5s contiano sta generando fastidio in casa dem. Dallo stesso segretario Enrico Letta già un mese fa, annusando l’aria, era arrivato l’alt: “Non possiamo essere quelli che prendono uno schiaffo e basta”. Ma c’è chi nel corpaccione del partito tende a sminuire la portata della condotta Cinque stelle: “E’ una tecnica, anche abbastanza comprensibile, seppure noi non la condividiamo: il Movimento, con le amministrative che si avvicinano, ha bisogno di far vedere che ha un’identità differente e che la sua battaglia paga. Non possono, insomma, arrivare ‘nudi’ all’appuntamento elettorale. Magari riusciranno a portare in Parlamento il confronto sulle armi e potranno sbandierarlo. Ma alla fine spiegheranno alla loro base che in vista delle politiche un’alleanza con il Pd è inevitabile”. Il nodo, tuttavia, rimane: “Non si può essere populisti di governo. I populisti stanno fuori, rappresentano la protesta. Punto”.

Assodato che la Lega e il M5s di Conte si comportano in maniera analoga, stando sempre sul filo, c’è da chiedersi quanto paghi questa strategia sulla lunga durata. Nel Partito democratico qualcuno azzarda un’analisi: “A guadagnarci sono il Pd e Fratelli d’Italia. Entrambe le forze politiche hanno posizioni coerenti. Giorgia Meloni, inoltre, ha imparato ad essere meno populista. Nel corso della conferenza programmatica a Milano, poi, la leader di FdI ha scandito che il partito è pronto. Insomma, lo scenario che si profila è il seguente: destra di governo da un lato e sinistra di governo dall’altro”. Con il voto moderato e di centro scomparso, potrebbero consolidarsi “questi due poli proveniente da storie opposte del Paese (cristianesimo sociale- comunismo socialista e post-fascismo). E in mezzo resterebbero Lega e M5s, che non a caso hanno governato insieme, sempre in precario equilibrio tra populismo e governismo”.

 

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