Gaza, Meloni: "Riconoscimento della Palestina, ma a due condizioni". La mossa del cavallo per scariare la patata bollente alle opposizioni. Retroscena  - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 13:16

Gaza, Meloni: "Riconoscimento della Palestina, ma a due condizioni". La mossa del cavallo per scariare la patata bollente alle opposizioni. Retroscena 

Che cosa c'è dietro le parole di ieri della premier pronunciate a margine dell'Assemblea generale dell'Onu sulla guerra a Gaza

di Vincenzo Caccioppoli

Guerra a Gaza e la postura del governo, l'analisi 

Palazzo Chigi, la questione di Gaza stava pericolosamente diventando un tema sempre più delicato, perché regalava un facile assist alle opposizioni per attaccare la presunta inazione del governo a livello diplomatico, per cercare di dare un forte segnale contro il conflitto in Medioriente.

I riconoscimenti in serie della Palestina da parte di Francia, Gran Bretagna, Spagna e Portogallo hanno certamente costretto il governo a trovare una soluzione che potesse adattarsi alla difficilissima situazione creatasi, dopo la decisione (criticata dalla premier anche alla festa di gioventù nazionale, domenica scorsa) di Netanyahu di invadere Gaza. Per ora certo regge l’asse con Berlino, che è contraria come Roma a riconoscere la Palestina, uno Stato che di fatto ancora non esiste.

E il ragionamento di Roma e Berlino è quello secondo il quale, in questo momento, fare una scelta di questo tipo così drastica, che ha una forte connotazione simbolica, ma poco peso diplomatico e dissuasivo verso Israele, non può che inasprire i contrasti in Medio Oriente, sia dalla parte di Hamas, che soprattutto da quella del governo israeliano.

Ma prima di partire per l'assemblea dell’Onu, Giorgia Meloni con i suoi più stretti collaboratori, ha discusso a lungo della cosa, per capire come poter uscire da quella che rischiava di diventare una pericolosa impasse. Ed è proprio in quella sede che è balenata una idea, che poi è diventata una proposta, annunciata dalla premier, proprio a New York, a margine della riunione dell’Onu. La maggioranza presenterà in Aula una mozione per dire che il riconoscimento della Palestina deve essere subordinato a due condizioni: il rilascio degli ostaggi e ovviamente l'esclusione di Hamas da qualsiasi dinamica di governo all'interno della Palestina". Dobbiamo capire, ha aggiunto, "quali sono le priorità. Io non sono contrario al riconoscimento della Palestina, però dobbiamo darci le priorità giuste”.

L’auspicio di Meloni è che "un'iniziativa del genere possa trovare anche il consenso dell'opposizione, non trova sicuramente il consenso di Hamas, non trova magari il consenso da parte degli estremisti islamisti, ma dovrebbe trovare consenso nelle persone di buon senso".

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari (una sorta di Mazarino della politica estera del governo), ha subito affermato, di auspicarsi che questa mozione venga votata anche dalle opposizioni, sottolineando come le parole del premier "chiariscono che per il Governo italiano non è il momento della propaganda ma quello della serietà. Non può esserci alcun riconoscimento dello Stato palestinese senza la liberazione degli ostaggi e la rinuncia da parte di Hamas a qualsiasi ruolo nel futuro della Palestina. Ora l'auspicio è che non ci sia alcuna ambiguità su Hamas e che il Parlamento voti compatto la mozione della maggioranza". Ma per capire anche il clima che si respira nel partito della premier sul tema mediorientale, ieri al Senato si è tenuto un convegno dal titolo inequivocabile “Tutte le ambiguità della propaganda Pro-Pal”. All’incontro hanno partecipato i capigruppo di FdI alla Camera e al Senato, Galeazzo Bignami e Lucio Malan, il senatore Marco Scurria, la senatrice Ester Mieli, il deputato Francesco Filini, la deputata Sara Kelany, il direttore del quotidiano ‘Il Tempo’ Tommaso Cerno.

Particolarmente interessante è stato l'intervento di Galeazzo Bignami che dopo aver denunciato la pericolosa deriva che stanno assumendo le varie organizzazioni pro-Pal ha aperto alla soluzione poi esposta dalla premier a New York. “Ci sono vere e proprie collusioni, più che un ombra sull’effettivo scopo della Flotilla”, ha spiegato Bignami durante il convegno, per poi aggiungere che “c’è una quota di genuinità, funzionale a rendere credibile un disegno guidato da Hamas, che ben sa come operare”. Dunque, quello di Hamas “è un movimento che sta etero-dirigendo finti o meno movimenti pacifisti, anche alimentandoli economicamente”. In seguito, il capogruppo di FdI alla Camera ha ringraziato la stampa per il lavoro fatto fino a questo momento, precisando che per arrivare al cessate il fuoco a Gaza “sarebbe sufficiente che Hamas liberasse gli ostaggi, deponesse le armi e andasse via da quei territori”. Mentre Francesco Filini, che da molti viene considerato un fedelissimo di Fazzolari, oltre che responsabile del centro studi di Fratelli d’Italia, vera fucina di dossier utilissimi per i propri parlamentari, su varie tematiche sia sulla politica interna che su quella estera, ha invece fatto chiaro ed esplicito riferimento alle tante ambiguità della spedizione di Flotilla.”

È ormai chiaro a tutti che la spedizione Global sumud flotilla sia diventata una gigantesca opera di propaganda, che non ha gli strumenti reali per offrire un concreto aiuto alla popolazione civile palestinese, al contrario di quanto sta facendo il governo italiano che è il quarto al mondo e il primo tra i Paesi non arabi per il sostegno offerto alla popolazione di Gaza con l’operazione Food for Gaza “. Detto questo però, il governo, dopo avere fatto intendere la sua postura differente rispetto a Spagna, Francia e Gran Bretagna, avrebbe ora deciso di forzare la mano, con una mossa che molti hanno definito del “cavallo”.

Come ha già fatto intendere Fazzolari, infatti, il governo con la presentazione di questa mozione, riuscirebbe, in un colpo solo, a togliersi da una pericolosa postura forse troppo attendista e allo stesso tempo passerebbe la patata bollente alle opposizioni. Un modo assai astuto anche per cercare di evidenziare, una volta di più, le tante, forse troppe, contraddizioni e divisioni che aleggiano ancora nel “campo largo”, sui temi di politica estera.

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