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Politica
Governo Draghi a trazione leghista? Così Salvini si è preso la rivincita

Fin dall’inizio della formazione del governo Draghi, molti osservatori politici si chiedevano quale sarebbe stato il ruolo di Salvini e della Lega, che in un governo europeista come quello sembrava una sorta di corpo estraneo. Sarebbe stato fagocitato dalle istanze di Pd e cinque stelle, avrebbe ceduto, almeno nel governo, la leadership del centrodestra a quello che rimane di Forza Italia? Tutte  risposte legittime verso una scelta che molti non capivano e non volevano ( non è certo un mistero che il pd  non abbia accolto con gioia l’ingresso della Lega nel governo, che ha certamente contribuito alle clamorose dimissioni del leader Zingaretti). Insomma esisteva il forte rischio che il leader leghista potesse subire un nuovo ridimensionamento, entrando in un governo con chi fino a poco tempo fa duellava un giorno si e l’altro pure, lasciando a Giorgia Meloni, il controllo totale e solitario della opposizione al governo, con tutto quello che ne consegue.

L’ennesimo errore di un leader che dopo la “crisi del mojito” del 2019, sembrava aver perso il suo tocco magico, la voglia di tornare sulla ribalta, il desiderio di mettere le mani sul “malloppo” dei fondi europei. Argomentazioni che sicuramente in arte possono essere anche condivise, ma forse molti non facevano i conti con l’astuzia e l’acume politico di un leader, che in poco più di due anni è stato in grado di portare il suo partito da un misero 4% allo strabiliante 34% delle europee, per poi attestarsi all’attuale 22/23% primo partito italiano, secondo tutti i sondaggi. Salvini con tutti i pregi e i difetti di un uomo umorale, che sa parlare alla pancia della gente e che non va troppo per il sottile, ha capito che invece questa era un occasione che poteva lasciarsi sfuggire. Il suo ingresso nel governo poteva e doveva essere la sua rivincita su quanti per un anno e mezzo lo avevano relegato al ruolo del cane che abbaia alla luna. Ma per fare questo doveva essere lui ad essere l’asse portante della azione del governo. Sfruttando le debolezze di chi , come Pd e cinque stelle, attraversano una crisi di identità e problemi interni che hanno inciso in negativo sulla loro forza politica.

E dalle prime mosse del governo( cacciata di Arcuri, sostituzione vertici Cts e protezione civile, fisco, campagna vaccinale, con la clamorosa presa di posizione sulle esportazioni dei vaccini) sembra proprio l’impronta leghista quella maggiormente riconoscibile, certo essendo una coalizione cosi poco coesa come quella che forma l’attuale maggioranza, il percorso è sicuramente irto di ostacoli, come si sta vedendo su alcune questioni legate al cashback o al fisco. Ma è innegabile che su molte delle azioni e dei provvedimenti al vaglio del governo, non si possano non riconoscere alcune della istanze e della battaglie che da mesi porta vanti con forza proprio il partito di Matteo Salvini. Anche il fatto che l’unico ministro non tecnico che abbia voce in capitolo sulla delicatissima e decisiva partita dei fondi del Recovery Fund, sia proprio il numero due leghista Giancarlo Giorgetti, la dice lunga su quale sia effettivamente la forza politica che può e potrà maggiormente incidere sull’azione di governo del nuovo esecutivo Draghi. Oltre ad aver ottenuto questo ministro di peso, la Lega ha fatto anche il pieno di sottosegretari, ben 9, fra cui Massimo Molteni all’interno, malgrado la contrarietà del ministro Lamorgese e i fedelissimi Claudio Durigon all’economia e GianMarco Centinaio all’agricoltura, settore da sempre molto caro alla Lega. Una leva di quarantenni salviniani doc, cresciuti con lui e da lui valorizzati sia nel partito che nell’esperienza del governo Conte 1. Una sorta di sentinelle all’interno dell’esecutivo, alla faccia di chi vedeva nel partito emergere una nuova linea moderata a spinta Giorgetti.

Molteni è stato uno degli estensori dei decreti sicurezza, smontati dal governo Conte 2, che adesso torna sul “luogo del delitto”. Centinaio, responsabile agricoltura, che molti operatori del settore turismo avrebbero voluto alla guida del nuovo ministero guidato invece da Garavaglia, e tornato come sottosegretario in quello che fu il suo dicastero nel governo gialloverde. E poi una new entry come Alessandro Morelli alle infrastrutture, Alessandro Morelli, già direttore di Radio Padania. Ma anche alla difesa, alla istruzione e al lavoro Salvini ha voluto suoi uomini e li ha ottenuti. Certo si dirà sulle chiusure e sulle zone rosse, in effetti, il cambio di passo non si è visto, ma la situazione epidemiologica non permette certo voli pindarici o azzardi, ma la partita per la Lega si giocherà sui ristori, e sulla celerità con la quale gli stessi arriveranno. Durigon, su questo punto, ha già contribuito a tranquillizzare gli operatori economici, e lo stesso Draghi ha già fatto capire che sarà necessario un nuovo scostamento di bilancio ( 20/22 miliardi)proprio per venire incontro alle esigenze di quanti hanno dovuto di nuovo fermare le proprie attività. Forse da questo esecutivo è proprio Salvini che può raccogliere i maggiori benefici, beneficiando dei problemi di Pd e cinque stelle, e della sostanziale debolezza di Forza Italia, che comunque e riuscito ad avere ministri di un certo peso. Draghi non è certo persona che si fa dettare l’agenda, ma è anche vero che i suoi silenzi e il suo basso profilo, potrebbero lasciare una autostrada per uno come Salvini, che sicuramente, a modo suo, sulla comunicazione politica, piacciano o no i suoi argomenti o i suoi metodi, è un maestro.

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