Politica

Il Premier? Meloni o Letta, non ci sono altre chance. A meno che Mattarella...

Di Lorenzo Zacchetti

Dopo anni di governi di larghe intese e con tecnici al comando, la politica deve riprendersi il ruolo di guida del Paese

Meloni o Letta a Palazzo Chigi: lasciamo decidere al voto degli italiani

 

È una questione di semplice buon senso: il Premier non può che essere Giorgia Meloni in caso di vittoria del centrodestra o Enrico Letta qualora prevalesse il centrosinistra. A nulla valgono le lezioncine a buon mercato di chi ci ricorda che il sistema elettorale non prevede l'elezione diretta del Presidente del Consiglio: proprio perché le regole sono queste, è dovere minimo di trasparenza da parte delle coalizioni rendere pubbliche le loro intenzioni in merito, così che gli italiani possano votare dopo essere stati debitamente informati. 

A maggior ragione, ciò è doveroso in una situazione nella quale l'unico argomento che pare mettere tutti d'accordo è la necessità di ridare agli elettori la possibilità di scegliere da chi farsi governare. Da oltre un anno, i sondaggi alternano Pd e Fdi come primo partito in Italia e quindi, a meno di improbabili exploit dei competitor, è fin troppo chiaro a chi spetti l'onere e l'onore di guidare il prossimo governo. Tertium non datur, con tutto il rispetto per gli altri contendenti. 

Ma in politica non si deve mai dire mai, quindi una terza possibilità in effetti c'è. Solo ed esclusivamente nel caso di un altro sostanziale nulla di fatto, di un esito interlocutorio tale da produrre uno stallo simile a quello del 2018, allora al malcapitato Sergio Mattarella toccherebbe l'ingrato compito di promuovere la nascita di un altro governo fuori dagli schemi politici, che come tale non potrebbe essere guidato da nessuno dei due capitani delle squadre in campo.

Molti immaginano questa prospettiva perché sognano il ritorno a sorpresa di Mario Draghi, ma bisogna fare i conti con il diretto interessato, che dopo le disavventure vissute tra Quirinale e Palazzo Chigi probabilmente non vede l'ora di sottrarsi al suo dovere di civil servant e fare altro. Se non a lui, toccherebbe un'altra figura autorevole di mediazione tra le forze politiche, per realizzare gli obiettivi che, tutto sommato, sono già ora ben chiari, nella scia dei rapporti con l'UE e dell'uscita dalla crisi che stiamo vivendo. Ma questo, vale la pena ripeterlo, avrebbe senso solo in caso di ulteriore impossibilità da parte della politica di prendersi in carico le sorti del Paese. E questo è l'esito che nessuno si può augurare, in una democrazia compiuta.