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Politica
Lega, il tentativo fallito di togliere il nome di Salvini dal logo. La faida

Lega, blitz bloccato per puntare ancora su Fontana in Lombardia

Anche la Lega come il M5s vive momenti di tensione al suo interno dopo il brutto risultato ottenuto alle ultime elezioni comunali. Salvini ha già lanciato un ultimatum a Draghi: "Se si continua con le leggi proposte da Pd e M5s come la legalizzazione della cannabis e lo ius scholae, la Lega non può restare dentro a questo governo". Segnale inequivocabile di malumori all'interno del partito. Anche se una parte dei leghisti, quelli più attaccati a Draghi - si legge su Repubblica - resta ancorata all'esecutivo. Subito dopo il risultato più che mai deludente dei ballottaggi ci si aspettava la presa di posizione in chiaro, di aperta contestazione della linea di Matteo Salvini, da parte di Massimiliano Fedriga e Giancarlo Giorgetti, con il silenzio assenso di Luca Zaia e dei veneti, con l’appoggio di svariati parlamentari e consiglieri regionali (almeno dieci in Lombardia).

Si doveva arrivare - prosegue Repubblica - lì dove nessuno fino a qualche tempo fa neanche si azzardava a pensare, figurarsi a dirlo: chiedere un congresso straordinario per cambiare il nome alla Lega per Salvini premier, trasformandola semplicemente in Lega. Un atto simbolico, ma potente. "Poi c’è stato lo stop: in questo momento - confida uno dei congiurati - era e rimane troppo importante garantire la ricandidatura di Attilio Fontana", ovvero il presidente uscente. Salvini e i suoi fedelissimi sanno di questi tentativi interni di ribalatare la leadership e anche per questo l'ex ministro dell'Interno ha offerto in fretta e furia una sorta di patto con i presidenti di Regione e con Giorgetti, la creazione di un ufficio politico per guidare il partito da qui alle elezioni.

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