Politica

Pd, flop nelle urne e Zingaretti lascia. Spunta l'ipotesi Nardella segretario

Di Alberto Maggi

Pd, il piano della minoranza per arrivare a un congresso vero con le primarie

Andrea Marcucci, capogruppo renziano del Pd a Palazzo Madama, ha lanciato la 'bomba' (politica) al Nazareno ("Congresso in autunno, serve un nuovo progetto"). Le parole del presidente dei senatori Dem sono state taglienti: "Zingaretti è stato eletto alle primarie dove era chiaro il quadro: noi eravamo una forza antagonista tanto alla Lega quanto ai 5 stelle. La storia recente ci ha portato prima a dare vita al governo giallo-rosso, poi all'esecutivo di unità nazionale. Il contesto è cambiato: ecco perché per noi è corretto aprire una discussione congressuale in tempi ragionevoli per confrontarci sul nuovo progetto di Pd".

Il messaggio è chiaro, chiarissimo: il congresso non deve essere una mera discussione di idee programmatiche, come sostengono Nicola Zingaretti, Goffredo Bettini e Andrea Orlando, bensì un'assise vera che preveda le primarie per l'elezione del segretario nazionale. Il problema è che la minoranza Dem è maggioranza solo nei gruppi parlamentari, eletti all'epoca di Matteo Renzi, ma lo statuto è dalla parte del Governatore del Lazio. E senza le sue, a questo punto improbabili, dimissioni non ci sarà un vero congresso.

Come arrivare dunque all'obiettivo? Semplice, ragionano nel Pd non zingarettiano, serve una bella sconfitta elettorale. Una batosta, insomma. E il pensiero corre subito alle prossime Amministrative di fine estate, quando le principli città italiane andranno alle urne. Basterebbe perdere a Roma e a Milano o a Torino (visto che comunque l'alleanza Pd-5 Stelle è favorita nei primissimi sondaggi), oltre alla riconferma del Centrodestra in Calabria, e le dimissioni di Zingaretti da segretario arriverebbero quasi obtorto collo.

A quel punto scatterebbe immediatamente il piano del fronte che si oppone alla leadership Dem, formato da Base Riformista (gli ex renziani) e dal cosiddetto partito degli amministratori locali. Su Base Riformista c'è da dire che difficilmente Marcucci può fare dichiarazioni così forti e così nette se non sono state prima concordate con gli altri due big della corrente, Luca Lotti e il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Anche se, sussurrano al Nazareno, per quanto riguarda i rapporti politici con l'ex segretario e ora leader di Italia Viva, sicuramente Marcucci ne ha ancora, ma - dicono - Lotti e Guerini hanno davvero chiuso con Renzi.

Ci sono poi gli amministratori locali, in prima fila nella contestazione al segretario. Finora tutti hanno pensato a Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna, come leader nazionale. Ma dopo la sua infelice uscita (per i Dem) pro-Salvini, sulla riapertura dei ristoranti anche la sera dove la situazione dei contagi lo permette, qualcuno ha iniziato ad avere più di un dubbio. Senza considerare che in molti si chiedono come faccia il presidente dell'Emilia Romagna, che di casa sta a Bologna, a fare il segretario nazionale a Roma in una fase così delicata e con una maggioranza ampia ed eterogenea che richiede tempo e fatica per riunioni infinite e incontri politici.

Ed è così che qualcuno, sia nella maggioranza zingarettiana sia nella minoranza, inizia a pensare al sindaco di Firenze Dario Nardella come leader da contrapporre in caso di primarie al Pd di Zingaretti, Bettini e Orlando. Laureato in giurisprudenza all'Università degli Studi di Firenze con 110 e lode ed ex docente di legislazione dei beni culturali presso lo stesso ateneo, il primo cittadino di Firenze, volto televisivo efficace, concreto, distinto ma risoluto nei modi, viene visto da diversi osservatori interni come più spendibile a livello mediatico di Bonaccini. Senza contare il fatto che il ruolo di sindaco rispetto a quello di presidente di una grande Regione, soprattutto ai tempi della pandemia, consente di avere più tempo da dedicare alla politica nazionale nella Capitale.