Referendum sulla giustizia, Meloni convinta del trionfo è pronta a combattere le toghe politicizzate. La strategia della premier (che se perde non si dimette) - Affaritaliani.it

Politica

Ultimo aggiornamento: 19:07

Referendum sulla giustizia, Meloni convinta del trionfo è pronta a combattere le toghe politicizzate. La strategia della premier (che se perde non si dimette)

FdI non vuole lasciare la scena a FI nel nome di Berlusconi

Di Alberto Maggi

Il piano della leader di Fratelli d'Italia per vincere il referendum sulla giustizia


All'indomani della votazione finale al Senato sulla riforma costituzionale della giustizia a Palazzo Chigi guardano già al referendum confermativo, che si terrà quasi certamente tra marzo e aprile del 2026. Il piano di Giorgia Meloni è chiaro: puntare non tanto sul merito della riforma - separazione delle carriere, Alta Corte, due Csm e sorteggio per eliminare il sistema delle correnti - ma sulla sfida diretta alla maggior parte, non tutte, le toghe. Certamente quelle rappresentate dell'ANM e difese a spada tratta dalla sinistra di Pd, M5S e AVS. Ma non Azione che inviterà a votare SI' e Italia Viva che lascerà libertà di voto (d'altronde Matteo Renzi con quello che ha subito luo soprattutto genitori, poi assolti, non può certo difendere le toghe). 

Ma torniamo alla strategia referendaria della premier che, come spiegano fonti qualificate di Fratelli d'Italia sarà chiara, secca e precisa. L'Italia del cambiamento, della modernizzazione e della voglia di voltare pagina contro l'Italia della casta, dell'immobiliare e del no a tutto. Non solo un SI' al referendum contro la maggioranza di magistrati che vuole impedire all'esecutivo eletto dai cittadini di governare. Esempi di "intromissioni" pesanti ce ne sono tantissime. Dallo stop reiterato al trasferimento dei migranti illegali in Albania al caso Alamari con membri di primissimo piano del governo indagati, dal processo a Matteo Salvini quando era ministro dell'interno (poi assolto con formula piena) per aver difeso i confini nazionali, alle azione giudiziarie con la ministra Daniela Santanchè e il sottosegretario Andrea Delmastro. Non ultimo, il blitz della Corte dei Conti che ha bocciato il Ponte sullo Stretto

Insomma, il leitmotiv sarà il SI' vuol dire modernizzazione e cambiamento e il NO immobilismo. E il SI' significherà una risposta popolare alle toghe che bloccano l'azione del governo per motivi politici. La premier non vuole lasciare la scena del referendum in mano solo a Forza Italia, che ieri al Senato si è intestata il successo nel nome di Silvio Berlusconi con la figlia Marina che ha evocato proprio la storica battaglia del padre fin dagli anni Novanta. Le previsioni? Fiduciosa Fratelli d'Italia convinta di mobilitare il suo elettorato e quello di Centrodestra in un referendum senza quorum per arriva a portare il SI' tra il 55 e il 60%. Un trionfo netto

Ma c'è pronto anche il piano B. Come ha ricordato il potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, Meloni non legherà le sue sorti e quelle del governo all'esito del referendum, come sbagliando clamorosamente fece Matteo Renzi anni fa. Traduzione: un'eventuale, improbabile al momento vittoria del NO, non comporterebbe alcuna dimissione della presidente del Consiglio e nessuna crisi di governo. Avanti, ammaccati, ma avanti. Ma i meloniani sono praticamente certi che a leccarsi le ferite dopo lo scrutinio saranno l'ANM, il Pd, il M5S, AVS e naturalmente anche la Cgil di Maurizio Landini. Che, anche il tema giustizia non c'entra nulla con lavoro e salari, sarà in prima fila nel comitato del NO anti-Meloni (nessuna sorpresa d'altronde). Vedremo l'esito del voto, ma c'è un più che cauto ottimismo in tutti i partiti della maggioranza. La vittoria al referendum, anche netta, è a portata di mano.

Tutte le notizie della sezione politica