Politica
Salvini e Calenda, match alla pari
Protezionismo, l’Europa potrebbe difendere il commercio ma non mette i dazi antidumping
‘Se sarò' al Governo faro’ come Trump e mettero’ i dazi’ dice Matteo Salvini scatenando la reazione di un Carlo Calenda insolitamente duro. Il Ministro dello Sviluppo Economico ‘bolla’ infatti la proposta leghista come ‘la più’ grossa stupidata finora sentita nella campagna elettorale', soprattutto perché’ non e’ l’Italia che può’ decidere sui dazi ma solo l’Europa.
Risposta di Salvini: i soliti euroburocrati. Tradotto bisogna cambiare il sistema.
Chi ha ragione?
Premesso che qualsiasi economista direbbe, senza ombra di dubbio che, in un mercato corretto, le politiche aperte sono sempre più’ proficue di quelle chiuse. I mercati protezionistici, vale la pena ricordare, portarono negli anni trenta verso la seconda guerra mondiale.
Salvini e Calenda, match alla pari. Un mercato di players scorretti.
Detto questo e’ chiaro a tutti che la realtà’ e’ molto lontana da uno standard minimo di correttezza.
Stiamo vivendo in un mercato dove i players giocano con regole diverse.
La Cina, ad esempio, che chiede da tempo lo stato di ‘buon commercio’ e’ la prima ad invadere il mondo con prodotti che nascono in situazioni di grande disagio di lavoro, prevaricazione e salari inimmaginabili in Europa.
Non e’ certo mistero poi che i nostri agricoltori sono sottoposti a protocolli europei complicatissimi ed onerosissimi per i loro prodotti, e poi, sui banchi dei supermercati devono confrontarsi con pomodori dal Marocco o olio d’oliva greco o ortaggi di altre parti che godono di libertà totale.
Ed allora sulla diatriba fra Salvini e Calende hanno ragione entrambi.
Dal punto legislativo puro e’ l’Europa che ha il dovere di porre dazi per evitare il dumping più sfrontato.Purtroppo pero’ non lo sta facendo.
Ed allora, stante questa realtà’ Matteo Salvini, ha il sacrosanto diritto di lanciare l’allarme a difesa delle nostre produzioni e dei nostri imprenditori del settore.
Salvini e Calenda,match alla pari. Una campagna che si infiamma.
E questa battaglia verbale entra a pieno titolo in una campagna elettorale che si infiamma ogni giorno di più’.
Per fortuna s’infiamma solo il livello mediatico mentre al momento i mercati finanziari rimangono calmi.
Per adesso il grande assente di questa campagna e’ il ‘signor spread’ che dal 2015 grazie al QE di Mario Draghi e alla ripresa economica mondiale se ne sta tranquillo a livelli impensabili fino a qualche anno fa.
Basta ricordare il 2011 quando cadde il quarto Governo Berlusconi sostituito dal disastroso Governo Monti e sotto uno spread a 500 punti. E poi, nel 2013, con il Governo di Enrico Letta, si infiammo’ a 344 punti.
Ora siamo sotto i 150 punti e il ‘cane sembra continuare a dormire’ anche se Goldman Sachs paventa un possibile risveglio in prossimità’ della data elettorale.
Salvini e Calenda, match alla pari. Il grande assente e’ il signor spread
Perche’ accade questo?
Perche’ i mercati finanziari non credono alle sparate della politica italiana. Le promesse costerebbero, a seconda delle varie formazioni, dai 40 miliardi fino ai 200. Improponibile per alcun paese e soprattutto per l’Italia che vale la pena ricordare vanta, il terzo debito pubblico più’ alto al mondo.
I poteri forti sono convinti innanzitutto che la politica vera, quella che andrà’ al Governo, sarà’ molto più’ realista e ragionevole di quella gridata nelle piazze o nei talk show per attirare il voto. Secondo immaginano che al 5 marzo non ci saranno vincitori ma gruppi di vincitori che scenderanno a patti ed accordi ragionevoli.
E poi come ultimo gli investitori internazionali sanno che la ripresa in Italia avanza ( anche se a velocità’ inferiore di altri in Europa) e che l’imponente debito pubblico italiano e’ abbastanza sicuro dato che nel 2018 sarà’ per due terzi in mano agli stessi italiani.
Insomma, un bel po’ di punti a favore di una certa tranquillità’, per loro e pure per il nostro paese.