Politica
Soumahoro: "Il Governo non ha visione, noi vogliamo ridare sorriso e speranza"

Critica a tutto campo a una politica che "ha tradito la gente" e una sferzata al Recovery Plan: "Quale idea di società lo ha ispirato? Non se ne è mai discusso"
Proprio perché le scelte di questo periodo impatteranno sul futuro e sulle prossime generazioni, le chiedo: un governo di larghissime intese come questo può avere la visione di lungo termine necessaria per fare quelle riforme che vengono invocate non solo da sinistra, ma anche da alcuni economisti? Oppure si deve limitare ai due compiti fondamentali per cui è nato, ovvero organizzare le vaccinazioni e il Recovery Plan?
La pandemia avrebbe dovuto insegnarci una cosa: quando la casa è sotto attacco, bisogna salvare tutti. Domando: ma tutti hanno avuto modo di essere ascoltati? Anche dal punto di vista dell'accesso ai vaccini, stiamo vivendo una discriminazione: ci sono intere categorie che non hanno ancora avuto modo di vaccinarsi, anche perché non rientrano tra i portatori di interessi economico-turistici. Questo non è giusto: bisogna garantire i diritti a tutti. Inoltre, qual è il modello di società che ha accompagnato il nostro Recovery Plan? E' quello del “prima gli italiani”... che poi in realtà voleva dire “prima gli italiani ricchi”? L'Istat ci ricorda che abbiamo un milione di poveri in più, altro che aver abolito la povertà! Abbiamo tre milioni di persone che vivono in condizione di disabilità, intere famiglie che vivono ghettizzate in determinate aree geografiche: non c'è una visione di comunità. Il Recovery Plan è stato mandato in Europa senza che prima vi fosse un solo momento di ascolto! Quali sono le priorità? Quelle del nuovo codice degli appalti, che pur di avere i fondi europei sacrifica la sicurezza sul lavoro? La politica si sta chiudendo nelle ZTL delle città, lasciando al suo esterno ampie sacche di invisibilità. Nel modello che sta accompagnando l'azione del governo non troviamo una speranza capace di proiettarsi verso una comunità più solidale, un modello di economia al servizio della persona, una comunità nella quale il tema della transizione ecologica sia interpretabile tenendo insieme il rispetto dell'ambiente e la sicurezza sul lavoro (e penso all'ILVA), ma anche come possibilità di muoversi dalle periferie verso il centro. Questi sono gli argomenti da affrontare: se giri nei bar per parlare con le persone, ti sentirai dire che la gente si sente abbandonata. Dentro al Palazzo non ci sentono, ma non si può continuare a giocare con i sentimenti delle persone. Noi a quelle persone vogliamo dare speranza. Vogliamo portare dentro il Palazzo le speranze dei giovani, delle madri sole, del mondo della cultura, degli insegnanti... Abbiamo bisogno di riforme, di un piano nazionale per l'emergenza lavoro, di un piano per l'edilizia scolastica: ci manca da vent'anni ed è anche per questo che durante la pandemia i nostri giovani sono dovuti rimanere chiusi in casa: mancavano gli spazi! Questi sono i temi, ma sono situazioni che ci trasciniamo da tempo. Un nuovo approccio politico può risolverle? Noi stiamo costruendo questo percorso e stiamo riscontrando un entusiasmo incredibile.
Il sociologo De Masi prevede che con lo sblocco dei licenziamenti ci saranno 10 milioni di indigenti. Qual è lo scenario che possiamo immaginare per l'Italia dei prossimi mesi, che tutti si augurano saranno di graduale uscita dalla pandemia?
Credo che in una fase come questa ci sia bisogno di responsabilità. Nell'uso delle parole, del nostro rapportarsi con gli altri, verso chi è portatore di bisogni e disperazione e verso una dimensione del “noi”. Detto questo, abbiamo dei problemi che ci trasciniamo da prima della pandemia. Bisogna avere delle proposte. Alcune di queste riguardano la centralità del lavoro, questione fondamentale. Facevo prima riferimento all'art. 3 della Costituzione e il tema di un reddito sganciato dal lavoro è un modo per dare dignità al lavoro stesso come priorità, ma al tempo stesso per fare della redistribuzione. Il terzo elemento ha a che fare proprio con il tema dei giovani e quindi della dimensione immateriale. Abbiamo avuto dei Dpcm, di cui l'ultimo è stato il Sostegni-bis, che hanno lasciato fuori vari invisibili. E oltre che di cura materiale abbiamo bisogno anche di cura immateriale. L'autolesionismo dei giovani è un tema fondamentale, ma nessuno li ascolta. Il cammino della comunità degli Invisibili vede la partecipazione di tantissimi giovani. Stiamo organizzando tante “agorà”, anzi: “agorà popolari”, come abbiamo avuto modo di ricordare al Prof. Enrico Letta, che sono iniziate prima ancora che lui fosse professore in Francia. Sono momenti di partecipazione attiva in varie città: proviamo a mettere insieme le nostre speranze e sofferenze, in una prospettiva di comunità, capace di ridare il sorriso a chi il sorriso non lo ha mai conosciuto, ma senza toglierlo ad altri.