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Sport
Calcio cinese, l'El Dorado non c'è più: da "buen retiro" a sistema in crisi
Un match del massimo campionato cinese tra Guangzhou Evergrande e Sanfrecce Hiroshima (LaPresse)

di Lorenzo Pastuglia (@pastu_jami22)

Va bene avere molti soldi a disposizione, ma stare sempre attenti a come spenderli se non si vuole finire a gambe all’aria. Dipinto negli ultimi anni quasi come un El Dorado, il calcio cinese ha visto come protagonisti tantissimi giocatori illustri calcare i campi del Paese: Alex Witsel (ora al Borussia Dortmund), gli ex Napoli e Inter Ezequiel Lavezzi e Fredy Guarín, la vecchia stella del Chelsea Didier Drogba, Pato (con un passato al Milan), o Stephan El Shaarawy (dalla scorsa estate trasferitosi dalla Roma allo Shanghai Shenhua). Senza dimenticare le punte della Nazionale italiana degli Europei 2016, Graziano Pellé (ora allo Shandong Luneng) ed Eder (attualmente di proprietà dello Jiangsu Suning, la squadra di proprietà della società che detiene la maggior parte delle quote dell’Inter). E se si parla di allenatori c'è l'indimenticabile coppia del Mondiale di Germania 2006: Marcello Lippi, ex guida della Nazionale cinese e del Guangzhou Evergrande, e Fabio Cannavaro, che si è seduto sulle stesse panchine e ora all'Evergrande ha anche il fratello Paolo (ex Napoli e Sassuolo) nel proprio staff tecnico. Ma quello che sembrava una sorta di ‘paradiso calcistico’ dove i grandi nomi andavano a giocare e a riempirsi il portafogli, rischia di trasformarsi in un inferno complice anche il coronavirus. 

Marcello Lippi alla prima allenatore del Guangzhou Evergrande (LaPresse)Marcello Lippi alla prima allenatore del Guangzhou Evergrande (LaPresse)

16 squadre colpite

Come riportato dal sito web SupChina, la Chinese Football Association (CFA) ha annunciato che 11 delle 64 squadre di calcio professionistiche del Paese sono state squalificate per difficoltà finanziare dovute a spese troppo generose e alle pressioni del Covid-19. Quattro di esse partecipavano alla League One nel 2019 (la seconda divisione cinese), sette nella League Two (la terza). Altri cinque club, poi, si sono arresi da soli per gli stessi motivi, tra cui due pezzi grossi del calcio dell’Estremo Oriente: il Tianjin Tianhai (ex club di Fabio Cannavaro e Pato), che non ha potuto pagare i suoi calciatori, e il Liaoning FC. Insomma, più di un quinto delle squadre colpite tra le due divisioni già citate sopra e la Super League, la Serie A cinese. E proprio il Liaoning era negli anni 80 e nei primi del 90 una sorta di Guangzhou Evergrande (vincitore dello scorso campionato e ora tra i club più importanti), tanto da collezionare 10 titoli nazionali tra 1984 e 1993. Nonché la prima squadra in Cina a conquistare un titolo asiatico vincendo l’Asia Club Championship nel 1990. Nemmeno l’acquisto della società da parte del ricco Gruppo Hongyun nel 2006, che ha supportato le perdite del club fino all’anno scorso, è bastato a salvare la situazione disperata per le grosse perdite finanziarie che il Covid ha acuito in maniera decisiva.

Alcuni tifosi cinesi  durante una partita della Chinese Super League (LaPresse)Alcuni tifosi cinesi durante una partita della Chinese Super League (LaPresse)

Le differenze con il calcio europeo

Dunque, con il campionato che deve ancora iniziare, 16 squadre competeranno nella Super League e lo Shenzhen, retrocesso l’anno scorso, prenderà il posto dell’ormai defunto Tianjin Tianhai. Mentre la League One passerà da 16 a 18 squadre con l’inclusione dei migliori club di League Two. Quello che è certo è che il crollo di così tante società ha messo in luce il fragile stato delle finanze cinesi nel mondo del calcio. Negli ultimi 10 anni ci sono state massicce inflazioni di salari sia per le costose importazioni di giocatori stranieri che per i principali calciatori cinesi nazionali. Nonostante la crescita economica della Chinese Super League negli anni precedenti, con l'arrivo di calciatori di primissimo livello, il campionato cinese non ha mai raggiunto i primi cinque campionati europei sia come popolarità che come stabilità finanziaria. Se gli stipendi in Premier League, Serie A o nella Liga vengono pagati spesso con premi in denaro e accordi con le pay-tv (eccetto alcuni casi come City e Psg, aventi come presidenti dei ricchi sceicchi arabi), in Estremo Oriente i finanziamenti provengono interamente da proprietari molto ricchi. E se i soldi poi finiscono sono guai. In Italia basta fare l’esempio del Milan: proprietà del club passata da Silvio Berlusconi al fantomatico Yonghong Li nel 2017, che dopo aver speso 220 milioni nel mercato estivo dello stesso anno (rivelatosi poi fallimentare) non ha rispettato il pagamento delle obbligazioni verso il fondo d’investimento americano Eliott a luglio 2018, che prestò al broker cinese 303 milioni di euro affinché onorasse gli impegni assunti verso Fininvest e completasse il closing rossonero.

L'ex presidente rossonero Yonghong Li il giorno della sua presentazione, insieme al braccio destro Han Li e al vecchio ad Marco FassoneL'ex presidente rossonero Yonghong Li il giorno della sua presentazione, insieme al braccio destro Han Li e al vecchio ad Marco Fassone

Sostenibilità e giovani talenti al centro di tutto per ripartire

Al momento, l'MLS statunitense o i campionati arabi sembrano avere più stabilità economica. E come dice ancora SupChina, “il boom finanziario e il crollo dei club continuerà ininterrottamente a meno che la moderazione e la sostenibilità non diventino una parte seria nella cultura dei club cinesi”. “Deve esserci una cultura che metta al centro lo sviluppo di giovani calciatori cinesi e che - aggiunge il sito web - valorizzi l'impegno della comunità per costruire un futuro finanziariamente indipendente e stabile”. Importante è formare un sistema calcistico che incoraggi i tifosi a sostenere la propria squadra locale, sia all'interno dello stadio che in tv da casa. Solo così si può creare un mercato invitante da rendere il calcio in Estremo Oriente più sostenibile e appetibile. Perché se la Cina vuole avvicinarsi all'Europa di strada ce ne è ancora tanta da fare…

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