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Coronavirus, sfogo di Acerbi: "Perché allenamenti no e correre al parco sì?"
Il difensore della Lazio, Francesco Acerbi (LaPresse)

Coronavirus, sfogo di Acerbi: "Perché allenamenti no e correre al parco sì?"

La discussione su allenamenti e campionato continua a tener banco in Serie A e soprattutto casa Lazio. Il presidente e il portavoce biancelesti, Claudio Lotito e Arturo Diaconale, si sono espressi più volte in favore della ripartenza. E al coro, martedì, si unisce anche il difensore Francesco Acerbi, con delle parole nette rilasciate in un'intervista a Lazio Style Channel: "Io sono un calciatore e cerco di far bene in partita. Non è per creare polemica - dice Acerbi -, vorremmo capire perché correre nei parchi va bene e nei campi no. Se ci danno una motivazione adeguata, la accettiamo. Ma il Governo non ci ha neanche risposto. Non stiamo dicendo di fare le partitelle, ma solo di correre sul verde. A Formello ne abbiamo più di quattro e altrettanti spogliatoi". Il difensore ex Sassuolo e Milan individua anche delle regole base per evitare che il contagio continui la sua diffusione. "Ci alleneremmo tutti separati e in orari diversi. Ci si può allenare dalle 9 alle 18. Possiamo fare uno a campo in tutto questo tempo, un'oretta di corsa, senza palla e in piena sicurezza. Le regole sarebbero rispettate. Il nostro lavoro è passione, ci abitua a stare sempre in movimento, alla competizione, all’adrenalina e agli obbiettivi. Allenarsi in casa? È come stare in gabbia".

"Aspetto economico troppo importante, ma è dura"

Alla base delle richieste anche il fattore economico, oltre che un valore sociale, difficile da trascurare. “Il calcio è fondamentale per l'economia nazionale oltre ad essere lo sport più amato - conclude Acerbi -. Ovvio che ci sia più voglia di riprendere. Tutti noi vogliamo ricominciare col rispetto delle regole e dei morti che ci sono stati finora. Adesso però diventa dura, perché ripartendo dal 18 con le sedute individuali poi non ci sarebbe tempo per concludere i campionati a pieno. Ricominciare poi un campionato tre settimane dopo la fine di un altro sarebbe pesante anche a livello psicologico oltre che fisico".

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