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Regina d'Italia, inseguitrice in Europa: ora la Juve gioca contro il destino

E così sono nove, uno in fila all'altro, roba che nei principali campionati d'Europa non si era mai vista. Nemmeno durante la tirannica dominazione del Lione sulla Ligue 1 (sette titoli consecutivi) o dell'Olympiakos in Grecia (otto). Le statistiche impetosamente ci costringono a paragoni con i norvegesi del Rosenborg (13) e i croati della Dinamo Zagabria (11), chiarendo immediatamente come il filotto bianconero abbia più a che fare con la decadenza dei competitor che con la grandezza di Madama, tuttavia da non sottovalutare anche ripensando al decennio precedente, ricco di amarezze dentro e fuori dal campo. 

Dei nove scudetti di questo ciclo, questo è certamente il meno esaltante per le già sazie pance bianconere, non solo perché arriva in una calda notte di luglio, quando solitamente si fanno sogni di calciomercato, al termine di un campionato inevitabilmente condizionato dalle note vicende pandemiche e che forse sarebbe stato meglio non far ripartire. L'ultima gara prima della sosta forzata aveva visto l'Inter crollare dal piedistallo di più accreditata rivale dei bianconeri, dai quali si era fatta malmenare in uno Stadium deserto esattamente come era capitato in un San Siro stracolmo all'andata. L'esito dei due scontri diretti ha certamente condizionato il bilancio della stagione nerazzurra, anche se la squadra di Conte può recriminare anche su altri punti persi, su tutti il pareggio interno col Sassuolo che è costato a Gagliardini diversi improperi. Ma non può essere tutta colpa sua.

A quel punto si era fatta avanti la Lazio, talmente convinta di essere la squadra del momento da indurre Lotito a spingere più di ogni altro perché il torneo ripartisse. È riuscito a convincere tutti, tranne i suoi giocatori, che dal punto di vista mentale non sembrano essere mai usciti dal lockdown. Solo nelle ultime gare si è rivista la squadra che aveva autorizzato sogni di gloria, quindi l'inatteso saliscendi biancoceleste complica anche la valutazione su Simone Inzaghi, che da tempo sembra sul punto di fare un salto di qualità non ancora certificato dai risultati. Solo bene, al contrario, si può dire del lavoro svolto da Rino Gattuso, che ha ricompattato un Napoli tormentato da lotte intestine e lo ha portato a vincere una Coppa Italia ricca di significato. 

Un discorso a parte lo merita l'Atalanta più brillante di sempre, che tenta di migliorare il record storico conseguito lo scorso anno col terzo posto ed è a soli 4 passi dalla una particolare, "Quota 100": quella dei gol realizzati in campionato. Essendo ormai ben oltre ogni aspettativa, potrebbe sorprendere anche in Champions League, opposta a un PSG certamente più forte, ma fermo da fine aprile. 

La formula della final eight improvvisata per fare fronte al Covid non consente di fare previsioni. Da sempre le sfide a eliminazione diretta sono decise dagli episodi, figuriamoci se il verdetto si determina in soli 90 minuti, anziché 180. Se dovessero prevalere il cinismo tattico e la necessità di preservarsi dalle temperature agostane, potremmo anche vedere le squadre sfavorite chiudersi in difesa e affidarsi ai calci di rigore. 

E d'altra parte è solo la straordinaria peculiarità di questa stagione a tenere vive le speranze delle squadre italiane, che devono sperare di pescare il biglietto vincente della lotteria continentale. Questo tra l'altro induce a sospendere il giudizio su Sarri e Cristiano Ronaldo, ingaggiati dalla Juve proprio per mettere le mani sulla coppa da tempo agognata. L'esito del campionato, ma soprattutto la qualità del gioco fin qui espressa, non aggiunge granché alle valutazioni iniziali. Anzi, il fatto che la Juve continui a vincerlo passando da Conte ad Allegri e poi a Sarri, così diversi l'uno dall'altro, mi pare certifichi il fatto che ormai il gap tecnico è tale da poter procedere col pilota automatico. In Europa, invece, è tutto un altro film, che sta per (ri)cominciare. 

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