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Angelo Maria Perrino

Italicum, la Consulta irritata per le accuse

Il Senato vota la fiducia alla manovra

corte costituzionale 500

Con la richiesta del governo di votare la fiducia in Senato sulla manovra di Bilancio, è cominciata la lunga giornata di oggi nei palazzi della politica. E intorno alle 14,30 il governo la ottiene con 173 sì (e 108 no). Ma è solo l'inizio di ventiquattr’ore che potrebbero essere decisive per capire quale strada prenderà la crisi apertasi dopo la vittoria del No al referendum Costituzionale. Dopo il voto di fiducia, i riflettori si spostano sulla sede del Pd al largo del Nazareno dove si riunirà la direzione del Pd che dovrà decidere con quale soluzione presentarsi al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

La principale ipotesi in campo sembra quella di un governo istituzionale, di responsabilità nazionale, basata su un largo consenso, che possa innanzitutto cambiare la legge elettorale. L’unica alternativa, secondo il premier Matteo Renzi, sarebbero le elezioni anticipate. Ancora non è chiaro se dopo la direzione Renzi salirà al Quirinale per rassegnare le dimissioni, congelate da lunedì in attesa dell’approvazione della manovra. Potrebbe farlo anche domani. In ogni caso subito dopo partirebbero le consultazioni del capo dello Stato per gestire la crisi. Chiara la richiesta della Lega che minaccia la protesta: “Voto subito o andremo in piazza” scandisce Matteo Salvini.

Al momento invece non si può escludere neanche un Renzi bis, come dice il presidente della regione Piemonte Sergio Chiamparino, per il quale comunque  “la legislatura è finita nei fatti, bisogna votare il prima possibile. E la primavera è il periodo giusto". Chiamparino, che è stato esponente della maggioranza renziana, non è tenero con il presidente del Consiglio: “La sola cultura della gestione del potere non tiene unito il partito, bisogna ricostruire un progetto politico”.

A Palazzo Madama passano fiducia e manovra - Poco dopo le 14, passa la fiducia. Di primo mattino era stata la ministra per i rapporti con il Parlamento e per le Riforme, Maria Elena Boschi, ad annunciare all'Aula la richiesta di fiducia sull’articolo 1 della manovra, accolta con un mormorio e il rammarico del presidente della commissione Bilancio, il pd Giorgio Tonini, espresso a nome di tutti i gruppi e anche del governo, “per non aver potuto effettuare una lettura compiuta della legge”, alla quale erano stati presentati circa mille emendamenti. Destinati comunque a decadere visto che con la fiducia si è chiesto di approvare la manovra senza modifiche, nel testo già licenziato dalla Camera. Tra le dichiarazioni di voto a favore, insieme ai gruppi di maggioranza si è espresso per il sì anche Ala-Sc. Dopo il voto di fiducia, il Senato ha dato il via libera anche alla Manovra vera e propria,  il ddl bilancio 2017. A favore del provvedimento, che diventa legge, si sono espressi 166 senatori, 70 contrari e un astenuto.

L'opposizione dichiara il suo no - Come previsto, le opposizioni a metà mattina si erano espresse per il no al voto di fiducia contestando l'operato del governo e i contenuti della manovra, difesa invece da Giorgio Santini (Pd), che ha sottolineato il "senso di responsabilità del suo partito". A spiegare il No del M5S Luigi Gaetti, che ha puntato l'indice sull'"arroganza della ministra Boschi" venuta in Aula a chiedere la fiducia. Per Paolo Romani (Forza Italia) "netto dissenso per metodo e contenuti della legge di bilancio, il popolo ha già detto no a un governo ricco di slide e povero di idee". "Il no della Lega" ha spiegato Gian Marco Centinaio "è nel merito e nel metodo. Renzi ci ha preso in giro, ricorderemo agli italiani "questi mille giorni di niente". La difesa è toccata al dem Santini, capogruppo Pd in commissione Bilancio: "Approvare la legge di bilancio è un "atto responsabilità verso il Paese" e di "tutela", perchè altrimenti entrerebbe in vigore l'esercizio provvisorio ma anche perchè scatterebbero imposte per 15 miliardi (le clausole di salvaguardia). Ha quindi difeso i provvedimenti della manovra che vanno nella direzione di "irrobustire il percorso della ripresa economica".


IRRITAZIONE DELLA CONSULTA PER LE CRITICHE SUI TEMPI LUNGHI - La scelta di una data anteriore rispetto a quella fissata del 24 gennaio per la trattazione delle questioni relative alla legge elettorale "avrebbe privato le parti dei termini dei quali dispongono per legge, allo scopo di costituirsi in giudizio e presentare memorie". Lo sottolinea la Corte Costituzionale che rileva come la Consulta opera secondo le regole degli organi giurisdizionali".

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