Cina, in Italia 11 "stazioni di polizia”: l’intelligence indaga

Da Pechino spiegano: "Facciamo solo lavoro burocratico: passaporti e patenti". Ma il sospetto è che cerchino i dissidenti scappati all'estero

Cronache

In Italia ci sono undici "stazioni di polizia" cinese che spaventano: indaga l'intelligence

Sarebbero 102 le "stazioni di polizia" cinesi all’estero, undici delle quali solo in Italia, tra Prato, Firenze, Milano, Roma, Bolzano, Venezia e la Sicilia. Nulla di strano, se non fosse per la funzione da loro svolta, e che da un anno circa l’intelligence nostrana sta cercando di decifrare esattamente. In tutti gli atti ufficiali, infatti, è scritto che gli uffici che la Cina ha aperto servono soltanto a velocizzare pratiche burocratiche ("facciamo patenti" è la dichiarazione ufficiale di Pechino) ma il sospetto comune, anche ai nostri 007, è che quegli uffici servano anche ad altro. Si occuperebbero, infatti, di monitorare la popolazione cinese e costringere i dissidenti al rimpatrio.

Da un nuovo aggiornamento del fenomeno pubblicato dal gruppo per i diritti civili di Madrid Safeguard Defenders, vengono identificate altre 48 "stazioni di polizia" cinesi non ufficiali, oltre alle 54 già identificate in un rapporto di settembre scorso, in seguito al quale erano partite le indagini in diversi Paesi occidentali, tra cui Paesi Bassi, Germania e Canada.

L’Italia si aggiungerebbe all'elenco, e in particolare è Milano a destare l'interesse dell'Ong spagnola: il capoluogo lombardo sarebbe usato proprio come un banco di prova per monitorare la popolazione cinese all'estero e costringere i dissidenti a rientrare in Cina. Per quanto alcune di queste “stazioni” non siano gestite direttamente da Pechino, secondo Safeguard Defenders "alcune dichiarazioni e politiche cominciano a mostrare una guida più chiara dal governo centrale" e sarebbero utilizzate per "attaccare, minacciare, intimidire e costringere gli obiettivi a tornare in Cina per la persecuzione".

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