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L'avvocato del cuore
Allontanamento del minore da casa con servizi sociali e forza pubblica

Gentile Avvocato, a seguito di un lungo e doloroso procedimento, qualche giorno fa è stata emessa la sentenza che ha disposto il collocamento in casa-famiglia di mio figlio, di soli 4 anni. Ho letto nel provvedimento che i Servizi Sociali del Comune, nel prelevarlo, potranno addirittura chiedere l’intervento della Forza Pubblica. La situazione è già molto complessa, io e mia moglie ci stiamo facendo supportare per metabolizzare questa decisione e saperla trasmettere al bambino nel modo meno traumatico possibile. Temo però che se, da un momento all’altro, lui dovesse vedere i Carabinieri o la Polizia in uniforme che tentano di allontanarlo da uno di noi due, subirà un trauma nel trauma, che non dimenticherà per tutto il resto della sua vita. Lei crede davvero che potrà accadere?

Gentile Signore,

purtroppo, nella delicata e lacerante situazione che La riguarda, qualsiasi intervento rischia di incidere profondamente e irreversibilmente sulla serenità di Suo figlio: l’allontanamento dalla propria abitazione e dal proprio nucleo familiare, infatti, è un momento già di per sé complesso e avvertito come profondamente ingiusto, dal bambino.

Questo, dovrebbe imporre a tutti gli operatori coinvolti (Giudici in primis) di approcciarsi alla dolorosa attuazione di simili provvedimenti giudiziari, con la sensibilità, gli accorgimenti, la delicatezza e l’empatia che la tutela del superiore interesse del minore impone. Certamente, l’incursione inaspettata di estranei (magari in divisa e con armi in vista) che lo allontanano dalla mamma o dal papà o dalla propria casa, non fa che aggravare, nel bambino, lo stato di agitazione, per non dire terrore, e il senso di sopraffazione e di abbandono.

Fortunatamente, non è così frequente che quanto da Lei temuto accada. Ma andiamo con ordine.

Da un punto di vista normativo, guardando al panorama internazionale, la base di partenza è rappresentata dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, anche conosciuta come Convenzione di New York, in vigore da quasi 20 anni.

Questa Convenzione, ratificata anche dal nostro Paese, ha dettato i principi cardine che devono ispirare l’attuazione dei diritti dei minori: il loro superiore interesse, il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo, la non discriminazione e il diritto all’ascolto. In particolare, l’art. 3 di questa Convenzione stabilisce che: “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.

Guardando invece alle disposizioni legislative interne, è stato proprio pensando alle difficili situazioni che, talvolta, portano bambini e adolescenti a contatto con le Forze di Polizia, che l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza e il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno hanno siglato, il 28 gennaio 2014, un Protocollo d’Intesa per l’individuazione di direttive congiunte da impartire agli operatori delle Forze dell’Ordine.

Nell’ambito di questa iniziativa, sono così state stilate le Linee guida, allegate al Protocollo, e un vero e proprio “Vademecum”, con l’obiettivo di promuovere l’adozione, da parte delle Forze dell’Ordine, di procedure e prassi uniformi, ispirate alla Convenzione sui diritti dell’infanzia, ogniqualvolta siano chiamate a intervenite nell’attuazione di provvedimenti che coinvolgano un minore.

Con particolare riferimento ai casi di allontanamento dei minori dalla famiglia d’origine, il citato “Vademecum” delega l’esecuzione dei provvedimenti giudiziari ai Servizi Sociali territoriali, che si impegnano a utilizzare tutti gli strumenti utili a realizzare l’obiettivo nel modo meno traumatico possibile, valorizzando la collaborazione dei genitori, tenendo in debita considerazione le esigenze di rispetto e informazione dei soggetti coinvolti (adulti e bambini), e cercando di individuare i modi e i tempi d’attuazione più opportuni.

In quest’ottica, l’intervento della Forza Pubblica deve necessariamente rivestire carattere di eccezionalità e, secondo il Protocollo e il relativo Vademecum, deve attenersi a determinate precauzioni, proprio a tutela del minore: per esempio, gli operatori di Polizia devono agire in stretta collaborazione con i Servizi Sociali, non devono essere in uniforme e devono utilizzare modalità che rendano l’evento il meno traumatico possibile per il minore e per i familiari. Laddove, poi, la loro presenza, determini un aggravamento del disagio del minore, questi sono chiamati ad allontanarsi.

Tenga dunque presente, nel prepararsi al doloroso momento che La attende, che i Servizi Sociali incaricati potranno sì, coinvolgere la Forza Pubblica, ma solo laddove lo richieda la situazione concreta che si verrà a creare (per esempio, laddove Lei o la madre del bambino doveste opporVi oppure ostacolare l’attuazione del provvedimento). La invito, quindi, a mantenere il più possibile la calma in quel momento, a pensare al bene di Suo figlio prima di tutto e a non ostacolarne il trasferimento in casa-famiglia, in quanto proprio questo potrebbe far degenerare la situazione, rendendo necessario l’intervento della Forza Pubblica, se pur in borghese.

Comprendo la delicatezza che questo momento rappresenta per Lei, ma non si dia per vinto e continui, nelle opportune sedi, a combattere per tenere con sé il Suo bambino.

*Studio Legale Bernardini de Pace

 

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