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L'avvocato del cuore
"Mi sono dimesso a gennaio. Posso avere la Naspi?". Risponde il legale

 

Il mese di gennaio ho dato le dimissioni dall'azienda in cui lavoravo da 20 anni con contratto indeterminato, dopo aver avuto un colloquio di lavoro presso un'altra azienda. Non ho fatto nessun contratto preliminare, solo una stretta di mano con l'accordo che, finito il preavviso, avrei cominciato il nuovo lavoro. Ho comunicato al titolare della nuova azienda di aver mandato le dimissioni e che dal primo di marzo sarei stato libero. Arrivati ai primi di marzo la sottoscrizione del contratto è stata rinviata a metà marzo, quando, scattata l'emergenza COVID19, l'azienda è sparita ed ora, da quanto ho saputo, è in difficoltà. Oggi mi trovo senza lavoro e senza la NASPI, dopo aver versato 32 anni di contributi interrottamente.  È possibile che non ci sia un modo per accedere alla disoccupazione visto il modo con cui ho perso il lavoro?”

 

I fatti raccontati dal Lettore dimostrano che sia ancora attuale l’insegnamento di Sofocle sull’imprevedibilità e sull’inevitabilità delle scelte di Tyche, dea della fortuna. Come Aiace che scopre come “…non c’è per gli uomini un male più terribile della sorte cui non è possibile sfuggire”, così il nostro Lettore si trova oggi prigioniero di una situazione in cui ogni sua singola azione, nata e finalizzata al raggiungimento del benessere, sia diventata, per lo strano gioco della fortuna (e, quindi, di Tyche), un passaggio verso la creazione di un nodo inestricabile, che lo lega ad un futuro incerto.

Infatti, il nostro “amico” (mi sia permesso di chiamarlo così, per manifestare tutta la mia solidarietà verso una vittima di Tyche), proprio per aver dato le dimissioni senza una motivazione, non è considerato un disoccupato involontario, condizione essenziale per poter accedere alla NASPI.

L’assegno di disoccupazione è sempre stato riconosciuto solo a favore di quei soggetti che si trovino senza lavoro non per una scelta loro, ma per aver subito il licenziamento (di qualunque tipo e, quindi, anche per inadempimento grave) o per essere stati costretti a dare le dimissioni.

In tutti gli altri casi, quali quello del Lettore, non importa il motivo “interno” che spinge il lavoratore a risolvere volontariamente il rapporto, poiché rileva il fatto che egli risulti privo di un posto di lavoro per una scelta formalmente libera. Ciò gli preclude, quindi, qualunque possibilità di accesso alla NASPI.

Per quanto riguarda, invece, il comportamento dell’impresa che ha rifiutato l’assunzione del Lettore, si potrebbe valutare, alla luce dell’eventuale corrispondenza o di altre risultanze, se non sia ravvisabile una responsabilità contrattuale o, almeno, una di tipo precontrattuale.

Ad esempio, potrebbe darsi che il Lettore abbia scambiato via e-mail dei messaggi con la nuova azienda e che da tale corrispondenza emerga una chiara volontà della società di assumerlo a partire da una certa data.

Il contratto di lavoro (e così quello che lui chiama “preliminare” e che di solito è un impegno all’assunzione) non necessitano di una forma scritta. Pertanto, la corrispondenza (così come la prova per testimoni) potrebbe essere utile per ricostruire la volontà delle parti e, segnatamente, per evidenziare la conclusione del contratto, avendo il Lettore e l’azienda pattuito tutti gli elementi essenziali del rapporto (cioè mansioni, inquadramento, retribuzione e luogo della prestazione).

Ad esempio, si pensi ad un messaggio in cui si dica che “come da accordi, dopo aver dato le dimissioni, lei verrà inquadrato come impiegato di __ livello e si occuperà di ____”: questo potrebbe già costituire un buon punto di partenza per sostenere l’effettiva conclusione del contratto e che è l’imprenditore ad impedire l’avvio del rapporto.

In un caso come questo, il Lettore dovrebbe immediatamente scrivere (se non lo ha già fatto) per manifestare la propria volontà di iniziare il rapporto e offrire le proprie prestazioni, mettendo così in mora l’impresa.

Si dovrebbe, poi, far accertare la conclusione e l’esistenza del contratto di lavoro per chiedere il risarcimento di tutti i danni maturati e l’avvio effettivo del rapporto.

Laddove invece la corrispondenza - o le altre prove – non fossero così precise e tali da consentire l’individuazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, ma tali comunque da permettere di ricostruire l’esistenza di trattative serie, il Lettore potrebbe agire per il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale.

In questo caso, il Lettore non ha diritto di veder liquidato il danno in modo pieno come nel caso precedente, ma ha un più limitato risarcimento, dato dal c.d. “interesse negativo”.  Infatti, se nel caso di inadempimento contrattuale si cerca di “riportare” il soggetto danneggiato dall’inadempimento in una condizione simile a quella in cui si sarebbe trovato se il contratto fosse stato adempiuto correttamente; nell’ipotesi di responsabilità precontrattuale, mancando un contratto, il risarcimento è determinato dal pregiudizio subito per avere inutilmente confidato nella conclusione del contratto, poi non concluso.

Si tratta del danno connesso alle spese affrontate dal Lettore ed alla perdita di ulteriori occasioni lavorative a seguito della mancata conclusione del contratto di lavoro. Forse sotto quest’ultimo aspetto il Lettore potrebbe, se accuratamente documentate le trattative ed il fatto di aver dato le dimissioni nell’aspettativa del nuovo posto di lavoro, ottenere la sua rivincita sul destino avverso che Tyche ha disegnato per lui.

* Studio legale Bernardini de Pace

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