"Alla Camera riecheggia la parola 'fica'". "Governo penetrante". Retroscena inediti (e irriverenti) sulla vita a Montecitorio - Affaritaliani.it

Politica

Ultimo aggiornamento: 14:22

"Alla Camera riecheggia la parola 'fica'". "Governo penetrante". Retroscena inediti (e irriverenti) sulla vita a Montecitorio

Anteprima: alcuni capitolo del libro di Daniele Belotti (ex Lega)

Di Alberto Maggi

Le risse in Aula, tra pretoriani, uomini alfa e onorevoli chihuahua


"Ciao, se vuoi farti una lettura ironica, satirica e un pochino irriverente (ma spero anche divertente) è appena uscito il libro “L’onorevole mononeuronico” - quello che nessuno ha mai rivelato sul postribolo di Montecitorio -. Nelle 224 pagine e nei 66 capitoli scoprirai un sacco di curiosità sul Parlamento. Lo trovi su Amazon a soli 5 centesimi a pag (13€)". Così in un messaggio agli amici l'ex deputato della Lega (fino alla scorsa legislatura) Daniele Belotti, bergamasco, atalantino doc e storica voce di Pontida fino a qualche anno fa, presenta il suo ultimo libro acquistabile anche su Amazon e a questo link.


 

Affaritaliani pubblica in esclusiva l'introduzione e alcuni capitoli davvero gustosi che spiegano il dietro le quinte, ironico e irriverente che non si vede nei tg, della vita vissuta nell'aula della Camera dei Deputati.

Introduzione

Quello che leggerete in questo ignobile libello nei quasi 80 anni di storia repubblicana non lo aveva mai rivelato nessuno.
C'è voluto un discendente dei Galli Cenomani catapultato, con tutta la sua ignoranza, nel Palazzo della casta da lui scaltramente definito un "postribolo", ovvero un bordello politico, a svelare agli elettori alcuni aspetti del tutto sconosciuti degli eletti.
In questa sua esperienza tra la (pseudo) èlite del popolo italico,  a cavallo tra il 2018 e il 2022, il gallico proveniente dalle lussureggianti valli prealpine ha osservato e ascoltato con l'arguzia di una faina orobica.
E, ora, svela tutto quello che ha captato e decriptato all'interno della sua calotta cranica ormai abitata da un solo neurone, l'ultimo della specie.
In 66 episodi dissacranti, ma tutti reali, questo essere mononeuronico descrive le caste in cui è suddivisa la casta, smascherando per la prima volta gli onorevoli paguri,  crostoni, sfigatus, chihuahua, criceti e altre sottocaste.
Verrete guidati dentro il sommo e austero Palazzo, tra i divanetti del Transatlantico, ma, anche, negli angoli meno noti, come i bagni imperiali del Parlamento, la buvette, il ristorante, la barberia. 
Scoprirete le onorevoli tresche carnali, la caccia alle tariffe last minute di hotel e Bed and Breakfast, il mondo dei fuori di testa che bombardano di mail deliranti i rappresentanti del popolo, i micidiali gabbiani anticasta e cagatori, gli astrusi termini sabino-cirenaici utilizzati nel Tempio italico e incomprensibili ai popoli barbari provenienti dalla periferia dell'impero. E poi ci sono loro, i famigerati pinguini, i gendarmi di Montecitorio, quelli tutti vestiti di nero con le mostrine dorate, la specie più temuta dagli eletti. C'era altro da raccontare? 
Certo, ma superate le 200 pagine abbiamo avuto pietà di coloro che hanno avuto il coraggio di comprare questo irriverente e spregiudicato libercolo.
E così abbiamo chiuso senza neppure una chiusura logica. Anzi no, una logica c'è: i 66 episodi si riferiscono solo ai primi due anni del cenomane nel Palazzo romano. 
Bastano e avanzano... Buona lettura e auguri...

PS per istituzionalisti, radical chic, politicamente corretti e acculturati vari: 
per favore, non prendetevela con il barbaro e non scandalizzatevi per il linguaggio un po' triviale e plebeo che troverete  in queste pagine. Nè si offendano le signore, verso cui il gallico è davvero rispettoso e  galante (anche se non sembra). Nell'italica società ci sono però  ancora grezzi e rozzi uomini che abitano i Bar Sport di provincia parlando di figa e pallone. Ma non sono cattivi d'animo.
Ebbene, è capitato che uno di loro sia riuscito a imbucarsi tra gli eletti del popolo. 
A Montecitorio si discutono ogni giorno provvedimenti seri e fondamentali e di cui i mass media danno costantemente notizia. Le cazzate, invece, lasciamole rivelare, per una volta, al cerbero raccontandole con  ironia, sarcasmo, satira e un pizzico di dissacrazione. Magari, chissà, riuscirà persino a strapparvi un  sorriso...

 


 

2. “Le prendiamo le minuzie”. Il mononeuronico va nel panico

Chi pensa che l'avventura nella Dimora della casta  per un popolano di provincia, per di più discendente diretto delle tribù celtiche dei Galli Cenomani, sia tutto oro, si sbaglia di grosso. I primi giorni di questa nuova avventura in terra borbonica sono particolarmente ostici.
Il mononeuronico, in un momento di sconforto, decide che è il momento di fare outing. 
Tranquilli, cari lettori un po' perversi. Non nel senso che forse qualcuno immagina (per ora l'aurea femminile resta un chiodo fisso, ma molto virtuale e aleatorio, del cerbero), bensì nell'ammettere l'insormontabile difficoltà nel decifrare l'arcaica lingua sabino-latina, parlata e scritta, all'interno del regale Palazzo Montecitorio.
Nel suo background culturale (termine che ovviamente il barbaro non conosce, ma che comunque fa figo), il minotauro è assolutamente consapevole che l'illuminata intellighenzia radical chic non ha torto nel sostenere che “la gente legge pochi libri ed è di basso livello culturale e quindi vota di pancia e sceglie Lega e 5 Stelle anzichè il Pd” (parole del sommo Giorgio Gori, principe di Bergamo).
A supportare questa deprimente convinzione, ci sono le sue onorevoli disavventure lessicali nelle ignote ed ostili terre romane. A mandare in totale cortocircuito l’orobico minus habens è stato il termine "minuzie". 
Poi, cari lettori, fate anche voi outing e confidate subito, con sincerità, ai vostri cari se conoscete il significato della parola "minuzie".
Se avete un po' di pazienza,  troverete a fine capitolo la soluzione. Ora però torniamo al cerbero sconvolto. 
Eravamo rimasti al "primo giorno di scuola", alla compilazione delle lunghe pratiche di accreditamento dei neodeputati. Siamo nella imponente Sala del Mappamondo. Una grande aula piena di volumi sugli scaffali alle pareti. La severità di questo salone incute terrore e soggezione a chi vi entra per la prima volta.
Tocca al facocero orobico. Ad aggravare il fardello che opprime la fragile psiche del cenomane, ci si mette anche un rigoroso e formale funzionario della Camera che, dopo averlo accolto con cordialità e riverenza (“Buongiorno onorevole, si accomodi onorevole, gradisce un caffè onorevole?”), inizia a sottoporlo a un interrogatorio stile Kgb.
Con tono severo pone le domande di rito: nome, cognome, nato a, residente a, codice fiscale a memoria (qui il cinghialoide balbetta), partecipazioni azionarie (scena muta come ai tempi delle interrogazioni a scuola) e così via. Certo, tutto facile, direte voi perfidi lettori.
Quando però l'inflessibile dirigente parlamentare esclama “ora le prendo le minuzie”, una goccia di sudore solca la fronte del gallico. Impietrito, gli occhi sbarrati, il respiro affannoso e un pensiero forte che lo attanaglia: “Le minuzie? Ma che cazzo sono?”. 
Può un neodeputato discendente dei barbari e proveniente dalla periferia dell'impero chiedere: “Scusi, ma le minuzie cosa sarebbero?”. Ovvio che no. Pena essere bollato per tutta la legislatura come un troglodita analfabeta. Cosa per altro vera, ma, ovviamente, da non far intuire fin dal primo giorno. Sono secondi interminabili in cui nella mente mononeuronica del cerbero si prospettano scenari infernali: “E ora cosa mi farà per prendere le minuzie? Mi farà svuotare le tasche trovando anche la stagnola tutta appiccicosa dell'ovetto Kinder appena mangiato e pure l'umido fazzoletto di carta usato e accartocciato? O, peggio, mi porterà in un camerino per prendere le misure "minute" come ai "tre giorni" di militaresca memoria, quando ci misero tutti in fila, in mutande, per un traumatico scappellamento collettivo? E se salta fuori che basta un calibro millimetrico anziché un righello?”.
La situazione diventa ancora più drammatica quando lo spietato agente del Kgb, pardon, il funzionario della Camera, con tono severo si rivolge al minotauro ormai terrorizzato: “Mi segua”. Lì a fianco ci sono alcune cabine.
Il cenomane sta per crollare, vuole arrendersi. Medita già le dimissioni da onorevole. Vorrebbe chiedere aiuto, ma a chi? L'unico vicino a lui è Carlo Fatuzzo del Partito dei Pensionati. 
Pòta, mei lassà pert (traduzione per i borbonici: "Pòta, meglio lasciar perdere") e affrontare, petto in fuori, l'ignoto delle minuzie! L’orgoglio degli avi barbari rincuora il gallico. Ma solo per un batter di ciglia.
Ormai, pronto al sommo sacrificio, arriva ansimante davanti al patibolo: all'interno della vellutata cabina, una macchinetta appoggiata su un tavolo. È panico totale. Siamo vicini alla fine di una carriera appena iniziata. “Mi dia indice, medio e pollice”. “Scusi, vuole anche la foto di profilo?” chiede il facocero. “Vi portate avanti per l'arresto?”. “Ma no onorevole - risponde il boia, ops il funzionario - sono solo le minuzie per votare in Aula!”. Ah, le minuzie sono le impronte? Cosa pensate che volesse rispondere il minotauro al gentile agente del Kgb che gli ha fatto passare  interminabili secondi di terrore?
Pòta, il troglodita sarà pure ignorante, ma alzi la mano chi ha mai sentito parlare di minuzie come sinonimo di impronte. Ah, si avvisa, che la parola non si trova nemmeno sul vocabolario!

 


 

14. Nuovi razzismi: discriminati gli onorevoli analogici

Altro che razzismo! La vera discriminazione si trova  all'interno del Mausoleo della democrazia italica: Montecitorio.
Da una parte gli onorevoli digitali, quelli tecnologici amanti di file, giga, post, app e link; dall'altro gli onorevoli analogici, quelli che osano ancora parlare di biro, carta, block notes, matite, fotocopie.
I primi, i digitali, sono coccolati, privilegiati, portati ad esempio; i secondi, gli analogici, lo prendono sempre in quel posto (la definizione anal non è infatti casuale), sono ghettizzati, penalizzati e discriminati.
È il razzismo 2.0, quello che vede i grillini come i più feroci e pervicaci fustigatori dei poveri tradizionalisti di carta e penna.
Bianchi contro neri, polentoni vs terroni, etero contro gay, juventini contro il resto del mondo sono niente rispetto alla spietata, umiliante, sprezzante discriminazione verso gli analogici. Talmente pericolosa che nessuno, prima d'ora, ha avuto il coraggio di denunciarla.
Solo un paladino dell'ignoranza come l'australopiteco orobico poteva togliere il velo di omertà che avvolge il Palazzo ergendosi a difesa dei dinosauri della carta, una categoria martoriata e minacciata dalle nuove specie dominanti di onorevoli. 
Un atto forte, quello del minotauro, tale da esporlo ad attacchi e attentati dei seguaci delle Big Tech. Anzi, va chiarito subito: nel caso dovessero trovare il facocero ubriaco marcio in un incidente stradale o sfatto in un droga party pieno di acidi o spompato in un'orgia di feromoni bollenti con valchirie assatanate, è bene che si sappia fin d'ora che è tutto un complotto perché, nell'ordine, il cerbero è astemio, non ha mai fumato o sniffato, la terza è un'ipotesi che può solo sognare! 
Tornando alla rivoluzione digitale, il Presidente della Camera Roberto Fico, tra le sue prime iniziative, ha ordinato di dematerializzare tutti i documenti; ovvero, basta carta si fa tutto sui tablet e i computer portatili.
Bello, in teoria, ma chi ci pensa ai poveri analogici? Ecco un esempio: un mononeuronico onorevole, uno a caso, il più ignorante, discendente diretto di quelli che scrivevano sulla pietra, durante una seduta della Commissione Cultura (uno con la massa grigia grossa come un'albicocca che siede nella commissione più snob fa capire bene il degrado in cui è piombato il Paese) ha osato chiedere: “Scusate, posso avere una biro?”.
Non l'avesse mai detto. Dagli sguardi sdegnati, sprezzanti, infuocati degli onorevoli digitali è come se avesse chiesto costine e braciole a un raduno di vegani! Del resto, anche il personale del Tempio è terrorizzato.
Sempre l'onorevole dalla microscopica scatola cranica si è trovato a chiedere alle gentili funzionarie copia, cartacea, di un provvedimento: “Ci scusi onorevole, non possiamo stampare niente. Però possiamo darle un link”. “Pòta, ma io col doc nel link dell'url che minchia ci faccio?” è stata la risposta gutturalmente stizzita del cavernicolo.
Umiliato nel profondo della sua ignoranza ciclopica, il cenomane, spinto dallo spirito di sopravvivenza, ha un moto d'orgoglio: rischiando la fustigazione pubblica in Transatlantico, riesce a corrompere la solerte funzionaria strappando due, dicasi due, preziosissime fotocopie di una legge, subito nascoste sotto la camicia e appoggiate sulla coltre pelosa e "leggermente" umidificata da sudorazione equatoriale.
Siamo così arrivati al contrabbando della carta, pratica pericolosissima visto che i famelici pinguini, i gendarmi di Montecitorio, hanno l'ordine di dare la caccia spietata a questi primitivi, poveri, cartacei onorevoli, per poi seviziarli carnalmente a più non posso e senza alcun limite (da qui il termine, ovviamente a doppio senso, anal-ogico).
Ah, le due fotocopie, al termine della fuga lungo il chilometrico corridoio, erano ormai fradice e illeggibili. Potà al cenomane gh'è tocat 'ndà amò al link... (leggasi "Pòta, al cenomane è toccato andare ancora al link").


 

19. Un brivido per il gallico: nel sacro Emiciclo riecheggia la parola "fica"  
 
31 luglio - 2018. Siamo alle ultime sedute prima della pausa estiva. Nel sacro Emiciclo si discute del Decreto dignità, una serie di misure contro il precariato del lavoro. 
Il caldo maghrebino che affligge l'agro romano lascia i segni sugli eletti del popolo: la loro di dignità, almeno nelle apparenze, all'arrivo nel Palazzo è macchiata da ampie distese di sudore  nelle zone ascellari, lungo la schiena, sulle semisferiche e, per taluni, abbondantemente sferiche zone addominali. 
Insomma, se dovessero strizzare giacche e camice si allagherebbe il Transatlantico. 
Non meno segnate le deputate: alcune sono vergate nel trucco da rigagnoli di sudore che dalle vette della fronte scendono a valle come torrenti in piena. Un'immagine che crea un certo turbamento anche ai malati di figa del divanetto Sgarbi. 
Vedere la casta soffrire il caldo tropicale come il comune volgo rappresenta un trauma per i novelli peones: gli si legge in viso la disillusione: nel titolo di "eletto" non era compresa l'immunità dalle alte temperature. 
“Ma cazzo, io che sono in cima alla piramide dell'italica società, devo patire l'arsura del cambio climatico come l'ultimo della plebe?” è il pensiero diffuso, ma non espresso, di molti che siedono sulle poltrone similpelle amaranto della Domus. In questo clima di arsura si prolunga il dibattito sulla dignità dei lavoratori. 
Dopo diverse ore di interventi, la maggior parte supercazzole, alle ore 13,16 il Presidente della Camera Roberto Fico interviene per dare la parola al gruppo di Forza Italia. “Ha la facoltà di parlare l'onorevole Giacomina”. 
Brusio in Aula, i pinguini a guardia della torretta si agitano e correggono subito il Presidente: non è Giacomina, ma Giacomoni, onorevole Sestino Giacomoni. Il quale coglie la palla al balzo e inizia il suo intervento col botto: “Grazie signor Presidente Fica”. 
Nel sacro Emiciclo è un boato. Come al Bar Sport del Tone, nel Tempio del politicamente corretto riecheggia l'aulica parola "fica" se pur nella dizione latino-borbonica che sostituisce la "g" con la "c". 
È un momento da segnare nei libri di storia. Il facocero ha un sollazzo, i seguaci del professor Sgarbi esultano come se ci fosse stato un gol, mentre dai banchi boldriniani sono tutti scandalizzati. 
Durante la pausa pranzo, in Transatlantico la discussione tra i sofà si anima e si accende un vigoroso e dotto approfondimento linguistico sulle varie espressioni regionali, da Nord a Sud, utilizzate per indicare l'area pubica femminile. 
Riprendendo una celeberrima lectio magistralis televisiva, dell'inizio anni '90, di Roberto Benigni con Raffaella Carrà sulla patonza, gli eletti disquisiscono sulla terminologia corretta. 
Nel focoso dibattito emergono le diverse impronte ideologiche. I leghisti sono per ufficializzare le versioni locali, dalla "mona" veneta alla "topa" toscana, passando per la "mussa" ligure, la "patacca" romagnola, la "fregna" romana, la "puchiacca" napoletana, il "pilu" calabrese, la "udda" sarda e la "cucchia" sicula.  
Per Fratelli d'Italia, la spinta centralista li porta a considerare un unico termine, "fica", mentre gli azzurri di Forza Italia preferiscono astenersi per chiedere un parere al loro più grande esperto in materia, Silvio. 
Anche i grillini preferiscono aspettare un meet up online tra gli iscritti prima di esprimersi. I sinistri del Pd, invece, vorrebbero solo il termine scientifico "vulva" per evitare fraintendimenti sessisti, mentre i boldriniani sono per mettere lo schwa a un generico "cosə" che sta sia per "cosa" che per "coso".
Chi resta? Ah, sì, i sudtirolesi del Südtiroler Volkspartei: per 
loro è semplicemente la "kartoffeln".
 


 

32. È un Governo penetrante: spunta la tresca ormonale gialloverde

Adicembre il tema politico dominante che campeggia sui media è la manovra finanziaria, l'atto parlamentare più importante, quello che imposta spese ed entrate dello Stato. I giornali riempiono pagine e pagine con analisi, resoconti e interviste sul bilancio in discussione.
Fatta la dovuta premessa, sorge però una domanda: ma anche tra gli onorevoli divanetti del Transatlantico l'argomento principe è lo stesso? 
Oppure si parla delle trattative con l’Europa per la riduzione del deficit, di Quota 100 o del Decreto sicurezza? Ovviamente, nessuno di questi.
Gli eletti del popolo infatti sono stati sconvolti da una notiziona lanciata da "Il Giornale" e poi da "Libero" con questo titolo: “M5 Stelle e Lega, il gossip bomba alla Camera: deputato e deputata beccati insieme in bagno, terremoto a luci rosse”. 
Secondo voi, al divanetto Sgarbi, quello dove si tratta unicamente dei massimi sistemi che ruotano intorno al mondo della ginecologia, di cosa si potrà discernere se non della presunta tresca segreta gialloverde?
È partita quindi la caccia ai due deputati dagli onorevoli ormoni infiammati. Si fanno le ipotesi più allucinanti, tanto che pare ci sia addirittura un giro di scommesse clandestine su chi indovina i nomi dei fedifraghi.
E poi in quale bagno del "postribolo" si sarebbe consumato questo travaso testosteronico? Qualche nostalgico dei pornofotoromanzi del vecchio mitico "Le Ore" (settimanale utilizzato come libro di testo di autoeducazione sessuale da intere generazioni del secolo scorso) ha ipotizzato un incontro surriscaldato nei bagni imperiali sul potente e vibrante marchingegno, con dimensioni da lavatrice, per lucidare le scarpe. 
Sarà forse per questo che sono giorni in cui, nei corridoi del Palazzo, tutti hanno gli occhi fissi a controllare chi ha i mocassini più splendenti?
Messe da parte le fantasie pantofolaie e gli ameni luoghi in ceramica, le menti più perverse puntano ai protagonisti di queste lussurie incontrollate.
Tra i cervelli più depravati svetta, ovviamente, l’onorevole gallo cenomane, uno capace di avere travasi nei corpi cavernosi persino alla vista, al supermercato, dello scaffale delle prugne secche.
Si iniziano così a scremare i deputati leghisti. Grazie a una talpa al servizio minuzie, che ha gentilmente passato i dati sensibili (molto sensibili) degli onorevoli sulle misure rilevate all’insediamento, diversi vengono esclusi d’ufficio per palese insufficienza pubica; tra questi anche insospettabili che, evidentemente, mascherano le carenze "balistiche" con una sorta di airbag nei pantaloni.
Da questo punto di vista, se il fattaccio hot fosse capitato al Senato anziché alla Camera, i sospetti si sarebbero subito indirizzati verso un performante e possente senatore dell’orobica pianura.
Invece qui, nel postribolo montecitorino, si brancola tra le minuzie. Comunque, un aspetto positivo questa notizia, che evidenzia il legame sempre più penetrante tra le due forze di maggioranza, l’ha ottenuto: lo spread ha registrato un calo immediato, segno che i mercati hanno più fiducia sulla solidità e il vigore dell’alleanza di Governo. 
Altro che vertici a Bruxelles. Visto che per far rialzare la testa ai martoriati italici Btp rispetto ai poderosi Bund teutonici basta far sollevare un piccolo onorevole pezzo da artiglieria, pare che il Governo ora voglia mettere in campo la corazzata.
Con il passaggio della finanziaria al Senato, dove la Lega schiera i suoi pezzi grossi, lo spread sarà demolito: se per abbassarlo di 10 punti sono bastati pochi minuti con un piccolo calibro, quando nei bagni di Palazzo Madama entrerà in gioco un possente obice made in Bèrghem (ogni riferimento al senatore di origini nigeriane Toni Iwobi è puramente casuale) tutti gli analisti e osservatori internazionali sono convinti che, alzando il tiro, lo spread si abbasserà di almeno 100 punti.
 


 

40. Le risse in Aula, tra pretoriani, uomini alfa e onorevoli chihuahua

Animi roventi a Montecitorio. Non ci riferiamo agli habitué del divanetto Sgarbi in Transatlantico dove gli ormoni si scaldano, neanche fossero in un microonde, ogni qualvolta (sempre!) si parla dei trattati sulle coltivazioni di prugne e patate. 
Il riferimento è alla temperatura salita a livello ebollizione durante la discussione sulla riforma del referendum.
Dai banchi dei grillini un deputato mima il gesto delle manette rivolgendosi ai banchi del Pd: la miccia è accesa. Nel solenne Emiciclo scoppia il finimondo.
Dall'agorà dell'italica democrazia, alla curva dello stadio il passo è brevissimo. Vaffanculo a mitraglia, da una parte e dall’altra, assalti a testuggine dei pretoriani del Pd alla torretta del Presidente Fico e seduta sospesa.
Le risse non sono comunque una novità. Ci sono da sempre. Certo i tempi sono cambiati. Negli anni '70, con l’aria che tirava lo scontro era più duro, sia dentro che fuori il Palazzo.
Oggi, invece, è più uno show, tanto che il fine ultimo è postare un video su Facebook o Instagram per avere qualche like.
Una certa schiera di casinisti esiste comunque ancora nel Palazzo degli eletti. Come quando si facevano le squadre nelle partitelle da ragazzini in cortile, i vari partiti mostrano i loro pezzi grossi.
Tra i più temuti ci sono quelli che vengono definiti i panzer, i pesi massimi. Tra questi spiccano Emanuele Fiano del Pd e Guido Crosetto di Fratelli d’Italia. Stiamo parlando di due armadi di quasi due metri di altezza e un quintale e mezzo di peso. Per ciascuno.
Il primo, in varie occasioni, ha mostrato di avere una certa affinità con i bisonti incazzati, inseguito da almeno quattro pinguini gendarmi, impegnatissimi a trattenerlo.
Il secondo, invece, decisamente più un bradipo che un toro infuriato, viene usato soprattutto come scudo o come deterrente.
A seguire, in classifica, i pretoriani: sono i body guard dei leader, li vedi solo intorno ai capi e degli altri non gliene frega una mazza. Pur di farsi vedere a guardia di colui che garantisce la poltrona sono disposti a immolarsi di fronte al nemico, ma, ovviamente, in cambio di una ricandidatura, anche da ferito in battaglia. 
Scendendo nella graduatoria dei tipi da rissa in Aula, troviamo i cosiddetti onorevoli chihuahua.
Come i microcani che rompono sempre i coglioni con il loro continuo abbaiare sguaiato, alcuni deputati sono particolarmente irritabili, irritanti e fastidiosi. Uno su tutti, Brunetta.
Abbaiano, rognano, ringhiano, ma se ne guardano bene di buttarsi nella mischia con il rischio di essere schiacciati da un panzer alla Fiano.
Ci sono poi quelli da stadio. Reduci da anni passati in curva, non appena vedono un po’ di casino si lanciano senza nemmeno sapere chi e cosa. Basta fare casino per poi poter dire “io c’ero”.
I numeri uno, comunque, sono i seguaci del professor Sgarbi. Hanno in mente solo la figa e tutto ruota intorno a una finalità ginecologica. Di solito delle risse non gliene frega niente, ma non se ne lasciano scappare una solo perché inebriati dal concetto dell’uomo alfa.
Sono mandrilli fino in fondo e sfruttano ogni occasione per fare colpo sulle elette. 
Le puntano tutte, ma quando ci sono le sommosse in Aula l’obiettivo sono quelle sensibili al macho. Vanno capiti: sono cresciuti allagando ogni bulbo pilifero della propria epidermide (comprese le zone altamente infiammabili in aree inguinali) con ettolitri di profumo Denim, quello “Per l’uomo che non deve chiedere mai”.
Particolare non secondario, fin dall’età dei primi sollazzi onanistici con le pagine di intimo di Postalmarket, hanno sempre chiesto, ma non hanno avuto mai. 
E con gli anni, pur con una posizione sociale di presunto alto prestigio come quella di onorevole, hanno ribaltato la loro filosofia di pesca anche se il risultato non è mai cambiato: è la sindrome Denim, tu non la chiedi e ovviamente non l’avrai mai.
Gli uomini Denim, una sorta di sfigatus che non hanno ancora capito di esserlo, li riconosci facilmente: hanno tutti un evidente calo di diottrie e portano gli occhiali. 
Colpa delle pagine di Postalmarket con i mutandoni e pancera color carne per la nonna Maria.

41. I pinguini del Palazzo, la specie più temuta dagli eletti

La casta del "Lei non sa chi sono io" non teme niente e nessuno. Ma fuori dal Parlamento. All'interno del "postribolo", invece, ha un predatore da cui deve difendersi. 
L'eletto, l'essere vivente in cima all'italica catena alimentare, tanto feroce con il malaugurato cittadino/elettore, nei vellutati saloni dell'Olimpo del potere ha infatti un carnivoro che lo minaccia: il famelico pinguino di Montecitorio, il commesso parlamentare (anche se il termine più da figo sarebbe assistente parlamentare), il gendarme del Palazzo. Un essere spietato, freddo, gelido. 
È vestito di nero, pieno di ricami dorati e ha le mostrine come i militari: più mostrine, più importanza. 
I gradi, sui polsini della divisa, sono delle strisce dorate. Come per la casta degli eletti (suddivisa nelle sottocaste di leader, peones e sfigatus), anche per i pinguini è un crescendo che va dal novello zero strisce fino al monarca supremo, il potentissimo capo assoluto detto anche "quattro strisce". 
Appena sotto il sommo sovrano ci sono i tre strisce, che il microcefalo orobico inizialmente pensava fossero dei testimonial dell'Adidas.
Il mononeuronico, quello che vive di pallone e figa, figa e pallone, per i pinguini ha aggiunto altre due sottocategorie: i laziali e i romanisti. 
Attenzione! Per un fedele della Dea sono entrambe specie animali predatrici (e lo si capisce dalle loro truci occhiate soprattutto alla vigilia delle partite). 
Riguardo, invece, al suo secondo pilastro di vita, la figa, va detto che alcuni esemplari femmina di pinguino, con tutte le decorazioni dorate, creano un certo sollazzo al testosterone del cavernicolo. 
Chiusa la parentesi ormonale, torniamo al terrore per i gendarmi che attanaglia tutti gli eletti. I più temerari, talvolta, osano ribellarsi ai senza strisce, ma, non appena vengono richiamati da uno strisciato, ripiegano con la coda tra le gambe.
Il timore verso i pinguini scatta già il primo giorno, non appena varcata la soglia del Tempio. Quando entri da tremolante debuttante, ad accoglierti c'è un gendarme che ti dà il benvenuto chiamandoti per nome e cognome.
Immaginate il facocero orobico che, dopo un lungo viaggio dalla periferia dell'impero, arriva tutto sudato, in una calda giornata primaverile cirenaica, avvolto nella sua giacca di lana cotta tirolese ormai impregnata di profumati succhi sudoripari e si trova davanti un pinguinoide che lo chiama per nome. 
Nel vuoto cranico del cerbero scatta la domanda: “Ma io questo dove cazzo l'ho incontrato? Come minchia fa a conoscermi?”. 
Poteva il gallico starsene zitto? Ovviamente no, e con l'istinto di un cinghiale castrato risponde di botto: “Pòta, esimio signore, ma dove ci siamo già visti? Forse alla Sagra della polenta taragna in Val Brembana?”. “No, onorevole, noi impariamo subito i visi di voi eletti. Studiamo tutte le vostre fotografie”. 
Il gallico suda freddo e con la sua proverbiale arguzia spera che abbiano utilizzato una foto ufficiale fornita dal Ministero dell'Interno. Perché se i pinguini hanno fatto una ricerca su Google tra le prime che appaiono c'è quella del barbaro che, allo stadio in Curva Nord, dopo un gol al 90°, nel totale delirio, immerge la sua pronunciata protuberanza nasale in mezzo alle procaci sporgenze taglia 7 della nota tifosa atalantina Cinzia, meglio conosciuta come la Cinsssia (con tre esse, ovvero Cinzia bergamaschizzato) titolare del B&B La Dea di Bracca, ridente località brembana. 
Del resto, con i gendarmi non si scherza. Ti richiamano pure se osi portare una bottiglietta d'acqua nell'austero Emiciclo perchè si può bere soltanto da un bicchiere. Ancora peggio se ti azzardi a mangiare una merendina o un panino. È assolutamente vietato. Per cui all'eletto non resta che fare come a scuola: nascondere la brioche sotto il banco ingoiandola più velocemente di una faina e rischiando un soffocone. 
Per non parlare se ti beccano in corridoio senza giacca: a quel punto si radunano in branco e ti inseguono come iene assatanate. 
A nulla valgono le grida disperate (“Lasciatemiiii, al fà colt, fa caldo, figaaaa!”) del povero barbaro che arriva da climi nordici e si trova catapultato nelle temperature tropicali. Non hanno nessuna pietà.
Ma il momento più temuto da tutti gli eletti sono i tumulti in Aula. Lì i pinguini diventano feroci squali che si avventano sui malcapitati onorevoli che osano sollevare un cartello, uno striscione, una bandiera. 
Si raggruppano in un plotone come la celere allo stadio e si dotano pure delle contromisure per arginare i panzer alla Fiano schierando, in prima fila, un ciclopico "tre strisce" (tra l'altro romanista doc), soprannominato Maciste dagli sfigatus. 
Una volta però sono andati in crisi: quando i forzisti hanno indossato dei gilet azzurri con le scritte "Basta tasse" come forma di protesta per la finanziaria. Anche gli strisciati più esperti hanno tentennato: cosa fare? Spogliarli a forza? Non si può. Spogliarle? Magari, ma poi sai che casino. Tagliare i gilet? Troppo pericoloso. 
Scartata anche la proposta di portare via Brunetta sottobraccio arrotolato nel gilet, i gendarmi hanno dovuto per una volta soccombere e attendere con pazienza la svestizione degli eletti, ma soprattutto delle elette berlusconiane.
Va detto che i pinguini dispongono chiaramente di un quoziente intellettivo superiore: mentre gli onorevoli dopo anni che vagano nel "postribolo" sanno riconoscere solo una minima parte dei colleghi deputati, i gendarmi conoscono nome e cognome di tutti i 630 prescelti del popolo. 
Sono loro, infatti, i suggeritori del Presidente della Camera di turno, quando deve richiamare qualche casinista. Si piazzano al suo fianco sulla torretta e fanno la spia sui più indisciplinati. 
Ma non solo. Sono pure dotati di un servizio segreto, una sorta di intelligence che riesce a captare anticipatamente i movimenti ribelli delle opposizioni. 
Quando, a inizio seduta, vedi un branco di pinguini arroccarsi a guardia dei banchi del governo, significa che da lì a poco scoppierà un casino. 
E allora non resta che scegliere tra tre opzioni: buttarsi nella mischia, filmare col telefono per avere qualche like o portarsi (di nascosto) i pop corn per mangiarli sotto il banco. Facile intuire la soluzione preferita dal minotauro, per altro poco pratico con i like e allergico ai pop corn.