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Lo sguardo libero
Caro presidente Erdogan, l’Italia non è la Guinea-Bissau

Che cosa abbia spinto il premier Mario Draghi a definire il presidente turco Recep Tayyip Erdogan un dittatore, dopo la vicenda della sedia mancante per il capo della Commissione Ursula von der Leyen in visita ad Ankara col presidente del Consiglio europeo Charles Michel, non è dato di sapere. Probabilmente la causa è stata il semplice spirito di verità, declinazione del pragmatismo proprio dei veri economisti. Infatti, Draghi aggiunse: “Con questi dittatori, di cui però si ha bisogno, per collaborare uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute e anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese, bisogna trovare l’equilibrio giusto”. Tuttavia secondo il detto, come ricordato da Enrico Mentana, che la vendetta è un piatto che si serve freddo, come insegna anche Ulisse che, tornato dopo dieci anni di lontananza a Itaca, aspetta ad assaporare il gusto del regolamento dei conti coi proci, e del resto tutti nella vita dovrebbero avere il tempo di prendersi le proprie vendette, Ergordan, a distanza di una settimana, ha sostenuto che quelle di Draghi sono state “parole da maleducato, che hanno colpito come un’ascia le relazioni tra Turchia e Italia”.

Dispiace molto, non solo per l'amicizia tra queste due grandi nazioni. L’Italia nell’interscambio commerciale con la Turchia è il secondo partner europeo, il quinto mondiale, dopo Germania, Cina, Russia e Usa. Duole anche per quanto dichiarato al “Corriere della Sera” dall’ex ambasciatore in Turchia Carlo Marsili: “Mi auguro che la diplomazia possa ricucire lo strappo, ma i turchi hanno memoria lunga, anzi lunghissima, e quindi ci vorrà tempo, non credo si possa farlo in breve”. Finora Draghi ha scelto di minimizzare e silenziare, la strada più facile, efficace e semplice, nel senso positivo del termine. Dall’altra parte al presidente del Consiglio è arrivata la solidarietà bipartisan pressoché di tutti i partiti del Parlamento: tra gli altri, Roberto Calderoli, Nicola Fratoianni, Giorgia Meloni, Gennaro Migliore, Lia Quartapelle, Matteo Salvini hanno difeso Draghi soffermandosi sul tema dei diritti umani, dalla negazione della libertà di stampa e di dissenso alla condizione delle donne, ma dimenticando di ricordare che  l’Italia non è, con tutto il rispetto, la Guinea-Bissau, ma, secondo gli ultimi dati disponibili del Fondo monetario internazionale (FMI - ottobre 2019), l’ottava potenza economica del mondo (dopo Usa, Cina, Giappone, Germania, India, UK e Francia), che non si piega ai ricatti economici di nessun Paese. Si guardi all’ esempio sempre più positivamente sorprendente del presidente Usa Joe Biden, libero nel giudicare la mancanza di democrazia e dei diritti civili in Cina e in Russia.

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